L’altro giorno parlavo con L. a proposito di quando sei single e ti ritrovi sempre in mezze relazioni che sono veri e propri vicoli ciechi. A me è capitato molte volte: da quando mi sono separata dal padre delle mie figlie, ogni relazione è stata un fallimento annunciato, finché non ho incontrato L., e quindi è un tema che ho avuto modo di analizzare per molti anni.
Ognuno mi diceva la sua: sei tu che in fondo non vuoi, sono i figli,
vai sempre a cercarti quelli sbagliati. E poi c’erano il mio vissuto, la mia
scarsa autostima e un trauma da abbandono che aveva bollito sottotraccia sin da
quando avevo perso mio padre a otto anni, per poi esplodere durante una
relazione dalla morte annunciata.
Tra tutte le cose che mi hanno detto, tutte vere, tutte
false, tutte parziali e tutte inutili, una solo era condivisibile: la relazione giusta
sarà quella dove penserai che quella fortunata, tra i due, sei tu. Oggi è così.
Io nelle Highlands scozzesi |
Ultimamente penso spesso che siamo tutti figli del nostro qui ed ora e ogni cosa che facciamo è sempre un'emulazione o una reazione al contesto, ai vincoli famigliari, al nostro specifico esperire del mondo.
Penso tanto ai miei nonni, a quando sono nati, negli anni venti nelle campagne romagnole; penso al loro vivere in equilibrio tra il dominare la campagna e l’esserne dominati. Intanto, solo qualche chilometro più ad est, nella cittadina di Cervia, stessa provincia, le persone vivevano in modo completamente diverso, raccogliendo il sale nelle saline. E nel mio attuale quartiere di Rimini, poco più a sud, allora c’erano solo piccole casette basse di pescatori.
E penso che la vita certo era dura, ma che tu sapevi chi eri e cosa ci facevi qui. Eri parte della comunità, il tuo posto nel mondo dipendeva da quello che la natura ti donava e ti chiedeva.
E penso a quando questa chiarezza d’intenti mi manchi
oggi, sia perché quasi tutti facciamo lavori perlomeno più astrusi (o come
direbbe Marcuse, parassitari), sia perché nelle società complesse gli obiettivi
comunitari sono sempre sottomessi a obiettivi di ricchezza individuali.
E questo secondo me c’entra con il discorso iniziale, quello che facevo con L. a proposito della difficoltà nelle relazioni sentimentali di chiunque si ritrovi solo e non sia più un ventenne.
Siamo figli del nostro tempo, e anche le relazioni tra persone vengono valutate sotto la lente dello scambio “commerciale”. A nessuno di noi piace l’idea di dare senza ricevere nulla in cambio: diamo cose e ci aspettiamo cose.
Eppure le
relazioni nel branco dovrebbero funzionare diversamente: i bambini, i vecchi, le donne
incinte ricevono; chi è in salute e in forze dà. Se cedo il mio posto a un anziano sull'autobus, non lo faccio con l'intenzione di richiedere la cortesia indietro.
E mi chiedo: nelle relazioni è sensato aspettarsi di dare e ricevere in egual misura?
Se io mi metto su Tinder e scrivo: ho bisogno di qualcuno che giochi con me a padel, in cambio cucino, davvero troverò qualcuno disposto o giocare a padel in cambio di ottimi piatti e le cose andranno bene?
E se noi cominciassimo a fare un atto di fiducia, a dare cioè
quanto possiamo e a chiedere quanto necessitiamo, non necessariamente in
maniera univoca (io do a te e prendo da te), funzionerebbe? Sarebbe meglio di
così? Non ne ho le prove scientifiche ma secondo me sì, potrebbe funzionare e
sarebbe meglio di così.
Con L. ha funzionato: io ero disposta a non pesare sulla bilancia quello che davo e lui lo stesso. Oggi io credo di ricevere più di quanto do, ma lui dice che è grato che io dia quello che posso.
Dare per primi è sempre a rischio inculata, ma a volte hai la botta di culo che ti ritrovi a dare contemporaneamente, e ti accorgi che ne è valsa la pena.
Mica è mo,ti e mi invita a riflettere
RispondiEliminaMi piace molto
RispondiEliminaÈ un tema che anche io sto avendo modo di analizzare, da molti anni : )
RispondiEliminaSono d'accordo con quello che scrivi, quello che manca sono gli atti di fiducia, e anche chi ha il coraggio (passami il termine, per me sono davvero qualcosa di coraggioso) di farli, spesso si ritrova con il vuoto dall'altra parte. Quindi dare per primi non basta. Ancor di più dopo i lockdown, che secondo me hanno lasciato segni belli pesanti anche su chi ha passato i vent'anni da un po'. Ci siamo tutti chiusi ben bene nei nostri recinti. E non so se vale anche per altri, ma per me è molto più pesante essere sola oggi di quanto lo fosse prima del Covid.
Totalmente vero. Me lo diceva anche mia figlia l'altro giorno: "mamma, mi sembra che nel mondo post - covid sia sparita l'empatia. Mi sembra che la priorità, anche ora che è finita l'emergenza, sia proteggere se stessi, non solo dal covid ma proprio dagli altri".
EliminaEd è vero quello che dici: dare a prescindere va anche bene, ma poi devi avere anche una bella botta di culo di trovare qualcuno che non si stia approcciando a te come guidato da una specie di algoritmo, alla ricerca della merce che si confà perfettamente alle sue aspettative.
Se una persona è veramente compiuta, è in pace anche da sola...mai visto nessun vero "illuminato" lamentarsi che qualcuno non gli dà qualcosa o preoccuparsi se lui sta dando abbastanza, è già completo e per questo non ha bisogno e non ha aspettative. Il modello a cui tendere per sentirsi realizzati per sempre.
RispondiEliminavero, ma non sono ancora pronta a scrivere un post su come diventare un illuminato :D
Eliminauna volta esistevano persone che amavano dare e altre invece che preferivano ricevere. Oggi, i tempi son cambiati, l'educazione e le esperienze pure, così l'egoismo impera e si tira avanti così, anzi è bene saperlo se non si vuole poi soffrirci
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