Oggi mi sono imbattuta in un post della mia amica Chiara, che citava un saggio (che non conoscevo) di Carlo Cipolla: si chiama Le leggi fondamentali della stupidità umana.
Quando ho visto lo schema che posto sotto, ho cercato un video su Youtube
che contestualizzasse il ragionamento e mi è sembrato interessante.
Vi riassumo la tesi di base.
Il comportamento umano si può collocare in un diagramma cartesiano
in cui l’asse delle ordinate rappresenta le azioni di un individuo volte alla ricerca
del vantaggio altrui, mentre l’asse delle ascisse contiene le azioni volte alla ricerca del vantaggio personale.
L’incontro tra due valori forma quattro macro-coppie, che
ritroviamo nei quattro quadranti.
immagine presa da questo video: https://www.youtube.com/watch?v=t9Oq8XW7hwo |
Il primo quadrante è quello degli sprovveduti: quelli che
agiscono per il bene altrui, a scapito del proprio.
Il secondo quadrante, procedendo in senso orario, è quello
degli intelligenti, in grado di perseguire il proprio bene e quello degli altri
contemporaneamente.
Il terzo è quello che Cipolla chiama dei “banditi” (ma io
non sono molto d’accordo con la definizione, poi vi dirò), che perseguono il
proprio bene a scapito di quello degli altri.
E infine, c’è il quadrante degli stupidi, in cui Cipolla
colloca la maggior parte dell’umanità, che sono quelli che si muovono come
mosche cieche, arrivando ad arrecare danni a se stessi e agli altri
(ma anche, dico io, vantaggi casuali per se stessi e per gli altri, per ragioni
statistiche).
Non so in quale quadrante vi identificate più di sovente. Io, a pelle, nel primo, quello degli sprovveduti.
Ma la verità è sfaccettata. Vi faccio un esempio pratico: se sono incapace di dire di no a una persona che persegue solo il suo bene (poniamo, un amico, un parente, un collega) e mi rendo disponibile di domenica per una cosa non urgente ("tranquill*, chiamami pure per ogni cosa), non solo arrecherò danno a me perché ho fatto una cosa da cui non traggo vantaggio, ma arrecherò danno anche a chi voglio più bene (le mie figlie, il mio ragazzo, un'amica), che magari si aspettavano di passare una bella domenica al mare con me, mentre io finirò per passare metà del tempo con il mio telefono (il fatto che io abbia scritto che le mie figlie vogliono passare del tempo con me vi fa capire che si tratta di esempi di fantasia). L'esempio succitato potrebbe comunque essere anche giudicato come un mio tentativo di ottenere un vantaggio per me (la benevolenza di una persona) a scapito della persona con cui avrei dovuto passare il weekend.
Per quanto riguarda il quadrante degli intelligenti,
naturalmente io credo sia un comportamento cui aspirare, ma che comunque si
esprime appieno solo in un contesto razionale: se prendiamo per buona l’ipotesi di Cipolla
che vede la maggior parte delle persone comportarsi stupidamente (o la mia,
secondo cui la maggior parte delle persone ricerca solo il proprio
vantaggio), allora relazionarsi intelligentemente è quasi impossibile, o meglio,
noi possiamo pure averne le intenzioni, ma il risultato sarà anomico (e quindi si collocherà probabilmente nel quadrante
della stupidità). Forse si può aspirare a un contesto lavorativo intelligente,
laddove si guarda fuori dal proprio ufficio e si riesce a tenere conto dell’economia
generale dell’azienda (ma poi, il bene dell'azienda corrisponde al bene generale? Quasi mai, in verità), ma in contesti privati è molto più difficile, perché non sempre esiste un concetto di bene comune che sia oggettivo e valido per tutti. Se per esempio “il
bene” di una famiglia è stare tutti tranquilli, questo si può realizzare facendosi ognuno gli affari propri ed evitando il conflitto. Ma è meglio un equilibro che fa stare tutti tranquilli, o litigi e mal di stomaco
che magari portano a far comprendere i limiti vicendevoli? Se una persona, in una coppia, reprime l'istinto di dedicarsi a un amore che non è quello per il compagno "legittimo", di chi fa il bene? Della famiglia, del compagno intrappolato in una relazione dove non è amato, della terza persona?
Credo insomma che ci sono persone intelligenti o stupide nel senso cipolliano (e da queste ultime me ne guardo bene, se ci pensate sono SEMPRE quelle che ti mettono nei guai e non capiscono neanche perché), ma che la creazione di un contesto stupido o intelligente non dipenda - se non minimamente - dal singolo. Per esempio, per neutralizzare lo stupido non ha alcun senso comportarsi in modo intelligente, bisogna necessariamente stare nel quadrato del “bandito”.
E veniamo a questo vituperato quadrato, che secondo me
comprende buona parte dell’umanità in quest’epoca utilitarista, votata all’edonismo,
alla gratificazione immediata, a mettere le proprie volubili emozioni ed
esperienze al centro stesso dell’esperienza umana.
Secondo me questo quadrante rappresenta completamente delle prerogative dell’homo economicus, in un contesto di razionalità tecnologica.
Persino essere un genitore o un figlio decente, che è un’attività
che prevede un’enorme dose di empatia, potrebbe rientrare in un calcolo
egoistico: sono un buon genitore perché voglio sentirmi un buon genitore o
perché mi sto interrogando su quale sia il bene di mio figlio? Sono
un buon genitore perché sto dando a me stesso bambino quello che è mancato, o perché sto dando a mio figlio quello di cui ha bisogno lui o lei?
Insomma, ragazzi, la mia conclusione è sempre che il
capitalismo avanzato, che vede il dominio dell’uomo sull’uomo supportato dai mezzi tecnologici, ci socializzi al “banditismo” cipolliano e contemporaneamente al cattolico sprovvedutismo egoista
(quello di chi mortifica costantemente se stesso, contro ogni istinto
naturale, per sentirsi buono). Il risultato è un contesto di tensioni egocentriche e risultati casuali.
Probabilmente, la verità sta nel mezzo.
Ultimamente ho capito che io mi sbatto per tutti e cerco di mediare e trovare un punto comune per gli altri, ma se io ho un qualunque tipo di problema non trovo nessun aiuto, quindi probabilmente servirebbe un riquadro per i coglioni buoni...però si Credo che la verità sia nel mezzo
RispondiEliminaQuesto argomento è davvero controverso, non perché sia pericoloso o difficile, bensì perché parte da un concetto molto preciso che io in genere non condivido in toto: etichettare le categorie di persone.
RispondiEliminaSenza entrare in concetti filosofici o voli pindarici che non mi appartengono, io credo che la via giusta, come dici tu, stia sempre nel mezzo ovvero nell' ormai dimenticato buon senso.
Per tanti anni mi sono prodigata nell'aiuto altrui, niente di trascendentale, ma ogni volta che qualcuno aveva bisogno di me cercavo di trovare una soluzione per poter essere utile. L'ho fatto senza un vero secondo fine, semplicemente è la mia indole.
Tuttavia ciò che mi ha fatto cambiare modo di vedere le cose è stato qualcosa che non mi sarei davvero aspettata, ovvero quando è stato il mio turno, quando io mi sono trovata in seria difficoltà le stesse persone che avevo aiutato mi hanno sbattuto il classico portone in faccia. Ora non si pretende di aiutare per ricevere sempre qualcosa in cambio, ma un minimo di gratitudine forse si.
Perciò ho capito che non esistono “bene comune”, “bene proprio”, “aiuto reciproco”, esiste solo una cosa: cavarsela con le proprie forze. Ciò non vuol dire essere egoisti o cattivi bensì realisti.
Negli anni ho limitato parecchio la mia disponibilità all'aiutare, non che abbia chiuso in toto il portone, semplicemente l'ho socchiuso, sono diventata più selettiva.
Sembra qualcosa di cattivo e poco altruista, ma come si è detto: la giusta via sta nel mezzo. Si fa ciò che si ritiene giusto, cercando di mantenere un equilibrio. Qualsiasi decisione si prenda, non si possono annullare i danni, ci sarà sempre qualcuno che rimarrà deluso, ma in fondo non siamo perfetti, possiamo solo tentare di sopravvivere in una giungla chiamata società nel modo migliore possibile.