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La scuola

 Giornata in cui va tutto storto, periodo in cui va tutto storto, uno ci prova a dire vabbè, pensiamo a qualcosa di bello, ma non c'è, e credo che non avere il coraggio di ammettere che tutto è una merda per tutti, o almeno per molti, sia finanche un po' idiota.

Non serve a niente, ora, dire "vabbè, ma io sono fortunato, ho il giardino". Non serve a un fottuto cazzo di niente. Cioè, non fraintendetemi, è lecito e sano, quando entriamo nel letto in preda all'angoscia trovare qualcosa a cui attaccarci per riuscire a dormire o a non stare chiusi in casa in preda alla paranoia. Serve eccome, ci tiene fuori dalla pazzia.

Ma a livello sociale, serve a poco.

piazza Spose dei Marinai, Cesenatico

L'insoddisfazione serve, la rabbia serve, toccare il fondo e sentirsi più soli e tapini di sempre, questo sì, serve, perché nella mia esperienza di fondi toccati, arrivare ad avere la faccia piallata nella merda è l'unico modo per cambiare le cose. Avere un ditino nella cacca non serve a niente: ti ci abitui, ci convivi, e dici "andrà tutto bene".

Ora, avrete notato che sono nella mia fase radicale. Per questo vi imploro: se non ne potete più di gente infelice e incazzosa, mollate, cambiate pagina. Avete ragione, avete: non mi ci devo mettere anche io.

Ma io non voglio negare quello che provo, non mi giudico, mi guardo da fuori e mi dico: "è così che deve andare Vale, non c'è una cosa buona che hai fatto nella vita che non sia stata preceduta da paura o addirittura angoscia, stare male è ok". 

In questo periodo l'istituzione della scuola è un problema per me e per tanti altri. Io personalmente vedo l'istruzione come un altro diritto violato. E' una ferita, come quando, che ne so, scopri che una persona che ami ti ha detto delle bugie. Direte voi che sta peggio chi è intubato. 

Non è stata sempre un problema. Come studentessa lo è stata solo alle superiori. Ed è tornata ad esserlo ora che tutte e tre le mie figlie sono alle superiori. Per me bambina e pre-adolescente, la scuola è stata "il villaggio" che cresce i bambini. Era una finestra sulla normalità. 

A scuola non sapevano che vivevo in una situazione al di fuori delle normali condizioni igieniche, che avevo perso il babbo, che si occupavano di me un sacco di persone che mi amavano ma avevano tutti un problema più grande dell'altro. Ricordo una volta, alle elementari, era l'ora di religione. La maestra portò la chitarra e intonò una canzone di Branduardi. Mi arrivò come un pugno in faccia, mi pietrificai piangendo, mi chiesero cosa c'era, e io risposi: "Me la cantava sempre mio babbo", poi scappai in bagno a piangere. Nessuno mi seguì, continuarono a cantare. Avrò avuto dieci anni.

Eppure, a scuola io ero una persona che non doveva vergognarsi, di più, alle elementari ero la più brava della classe. Mi chiamavano secchiona, ma non importava: lì anche io ero una bambina "guardata". 



Alle medie mia madre si lasciò dopo qualche anno con un suo compagno e ci ritrovammo a dormire a casa di mia nonna, nel materasso per terra. E anche lì, la scuola non sapeva niente. La scuola non sa mai niente. Mi raccontavano oggi di uno che, da bambino, le prendeva di santa ragione ogni volta che la maestra chiamava suo padre per dirgli che il figlio andava male a scuola. 

La scuola non sa mai niente. Nel mio caso, si basavano sul presupposto che siccome ero brava, allora per forza doveva andare tutto bene. Ho anche conosciuto un ragazzino una volta, il più maturo della sua classe, i voti più brillanti. Nessuno si chiedeva perché portasse sempre le maniche lunghe e i pantaloni lunghi. Andava bene a scuola, i tagli non li vedeva nessuno.

Non dico che un insegnante possa salvare proattivamente tutti i suoi alunni. Ma forse, come adulto, può creare un rapporto di fiducia, magari può aspirare a diventare quello a cui chiedere aiuto se un ragazzino vive una situazioni molto gravi. Può almeno ambire a non essere il motivo scatenante delle botte in famiglia. Molti ragazzi non hanno nessun altro adulto di riferimento fuori dalle famiglie, non fanno attività extra-scolastiche né sport. 

Alle superiori non mi trovavo bene, forse perché non mi serviva più la scuola per essere riconosciuta come persona. Ero abbastanza popolare, avevo un ragazzino. Si stava formando quello che poi è rimasto il mio temperamento: volevo fare quello che mi pareva, perché mi ritenevo abbastanza matura. Ero cinica e arrogante. A casa ero sempre sola con mio fratello, a volte anche di notte, la scuola non sapeva e non le importava. Non facevo sport, né altro. La scuola aveva completamente perso il suo ruolo educativo: era molto più facile far finta che gli adolescenti fossero adulti. Adulti stronzi, per la precisione.

Con tre figlie al liceo, sono ripiombata nella stessa situazione, ma esasperata dal lockdown e dall'isolamento dietro agli schermi. Se fino alle medie ho sentito, di nuovo, come mamma, che la scuola era il villaggio, ora non più. 

Non è tanto questione di insegnanti eh. Alcuni con cui mi interfaccio hanno una grande dolcezza.

Gli insegnanti fanno spesso l'errore di considerarsi LA scuola, ma non è così. La scuola è fatta da un ministero (pessimo), dai provveditorati (mai sentiti nominare in questa crisi), dai presidi - manager (non sempre in grado di gestire la situazione e comunque non messi nelle condizioni di lavorare decentemente), dagli insegnanti e dai loro sindacati, ma soprattutto dagli studenti. Con i loro background, i loro interessi, le loro famiglie, i loro quartieri. Con le loro fragilità personali e quelle generazionali. Con le loro nazionalità e la cultura di casa.

In tutto questo casino, ho visto le ragazze cambiare dal giorno alla notte. Con una cosa in comune: credono tutte un po' meno nel valore della scuola. Sanno di per certo che se ne può fare a meno, anche per settimane o mesi. Sanno che è lontana. Sanno che può essere ostile.

Sanno quello che io da adolescente non immaginavo: che la scuola è fragile. Un'istituzione padronale fottutamente fragile.

E io? Io ho sempre fatto una fatica boia a fare lo sforzo che le scuole di oggi pretendono dal genitore: che controlli e supervisioni ogni cosa, anche alle superiori. Che firmi qua e là, che si adegui. Che si presenti di martedì alle 11.32 per parlare cinque minuti con un prof, moltiplicato per dieci prof, moltiplicato per tre figlie. Che sia ai colloqui personali e ai consigli di classe. Che cambi i programmi nel weekend perché viene prima lo studio. Che compri e che paghi senza fare domande. Almeno due libri a materia che restano intonsi e che in genere non si riescono a  rivendere, per dire. Moltiplicati per dieci materie e tre figlie.

E ora mi sono arresa e ho mollato. Perché sento di avere troppi problemi e sto mettendo le mie energie dove spero che possano dare frutti. Sto dando tutta la mia pazienza e la mia fatica alle mie figlie.

Cosa succede? Che mentre cerco, provo, a impermeabilizzarmi alle questioni scolastiche, mi accorgo di quanto io abbia sempre considerato la scuola e il lavoro, due elementi di dignità. E che io abbia provato a trasmetterlo alle mie figlie.

Ogni cazzo di mattina, obbligata a incasellarmi in un'abitazione fissa nei pressi della scuola, orari fissi giornalieri, preciso calendario annuale, e un lavoro che potesse sostenere tutto questo; dicevo ogni cazzo di mattina degli ultimi nove anni, le ho salutate sulla porta dicendo "La scuola è prima un diritto che un dovere, vai e goditela".

E ora, sarà perché deliro, o sarà perché sono più lucida del solito, ora realizzo di avere detto una cazzata, per nove anni.

Passerà?

Commenti

  1. Mi sta capitando la stessa cosa... Io che ho amato la scuola da studente e l’ho difesa per anni da genitore ora provo le tue stesse emozioni e il tuo stesso scetticismo, se non odio.

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    1. Per fortuna a me sono rimasti "solo" 3 anni e mezzo, e 4 e mezzo con la piccola, sempre se l'allontanamento dalla scuola non porterà a bocciature o peggio a ritiri.
      Spero di non diventare nonna a breve e potermi quasi dimenticare della scuola per un po' di anni, magari per sempre. :)

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  2. Sei sempre tanto "vera".
    Ci sono tanti insegnanti che le vedono, le maniche lunghe e i visi segnati (anche se purtroppo spesso possono fare poco o niente), che si accorgono che è solo la mamma a firmare il diario, e che lo zaino è di seconda/terza/ottava mano. Anche se la narrazione dell'insegnante all'americana, che lega con uno studente e lo guida verso la serenità, non credo esista realmente, almeno in Italia.
    Per mia fortuna il mio figlio più grande è "solo" in 4 elementare, quindi a scuola per ora ci va, e sembra che la situazione regga. Anche con l'intervallo seduti, e con la mensa in silenzio se no senza mascherina ci si sputacchia addosso. I tuoi pensieri, le tue crisi, li condivido in pieno, e anzi mi fa piacere che qualcuno la pensi così! Questo sistema scolastico sarebbe da ripensare, la pandemia ha solo messo ulteriormente in luce le tante cose che non vanno. Non sentirti sola in questa perdita di fiducia. Anche io ho sempre considerato la scuola importantissima e ultimamente mi sentivo un po' sola a pensarla così.

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    1. È vero, in Italia il professore, specie al liceo, mediamente resta in cima alla cattedra. Ma non credo che per avere un po' di umanità serva cambiare modello e trasformarci negli USA :)

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  3. Con questo post hai toccato dei tasti dolenti...sono in una situazione molto simile alla tua...sto cercando di centillinare le poche energie rimaste per non affondare e quel po' di buono che resta lo investo nelle mie 3 figlie e nei loro bisogni, l'impotenza e la frustrazione sono forti però e questo fa male...mi sono immaginata la scena di te bambina, a dieci anni che dicevi quella frase e scappavi in bagno a piangere...se fossi stata una tua compagna ti avrei seguita e ti avrei abbracciata forte e comunque lo faccio ora, idealmente, rincorro quella bimba e le dico di lasciarsi andare...Lia

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  4. Un compagno di mio figlio, terza liceo ha perso la madre pochi giorni fa. Proprio ora, in questo periodo di merda in cui i ragazzi hanno smesso di crescere, lui si è perso un po’. Io e un’altra mamma abbiamo cercato la famiglia (un pò complicata) e abbiamo provato a stargli vicino sollecitando la scuola a prendere contatti con qualcuno dei suoi per aiutarlo. La scuola è fatta di persone alle volte troppo occupate per guardare ad occhi aperti.
    Le sensazioni sgradevoli che ho vissuto alle elementari non le dimenticherò mai, sciocche banalità, mi davano conforto le caramelline alla menta che mio padre mi metteva nel grembiule ogni mattina.
    Ne usciremo prima o poi

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