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Ringrazio anche il male

Ci sono delle volte che mi sento fottutamente sola, anche se sono la persona meno sola della terra. Chissà perché mi viene in mente questa parola, "sola", che così poco corrisponde alla realtà. Almeno, la realtà che percepiscono gli altri, perché io, lo so io cosa sento.
Comunque, non sto mezza giornata da sola da sette mesi, mi pare. Ho un cazzo di bisogno spasmodico di stare da sola, eppure me la meno con questa insensata paranoia della solitudine, che obiettivamente è poco piacevole, forse perché non fa esattamente parte dell'ambito menate, piuttosto dell'ambito traumi.
Ecco, lo dico meglio: non è davvero solitudine, è piuttosto "non appartenenza". Io non sono mai stata di nessuno, non potrò mai esserlo, e dio solo sa quanto lo vorrei.
Sarà la fase del ciclo - sapete che sono vittima del mio umore. Oppure questo intenso e condiviso karma post pandemico. E' strano no, percepire una mutazione nel momento in cui avviene. Non sto dicendo che andrà tutto bene, col cazzo. Sto dicendo che sento forte e chiara la muta. Ma questo è un altro post.


E così, quando sono in down, ringrazio anche per le cose brutte. Che poi, brutte. Saranno insegnamenti dell'universo, non è possibile che mi debbo ingoiare tanta merda a caso. E poi mica può sempre andare male, dopo un tot di giornatacce qualcosa non dico di bello ma almeno di neutro dovrà pure saltare fuori.
Ringrazio ogni goccia che fa traboccare il vaso, perché stare sempre bene, in fondo, è fine a se stesso; e poi credo che bisogna essere un po' ottusi, o almeno molto soli, per  stare sempre bene.
Ringrazio le mie figlie, perché se fossero tre adolescenti gradevoli, io sarei il loro zerbino, come lo sono stata quando erano bimbe fantastiche. A forza di essere ferita, un giorno non troppo lontano raccoglierò il mio amor proprio in uno zaino da backpacker e finalmente mi dirò: "Vale, adesso è ora di pensare a te". Sapete tutte quelle belle parole che si dicono sui social, no? Che bisognerebbe evitare le persone che ti criticano, che ti manipolano, che pretendono, che ti buttano giù solo per il gusto di vederti rantolare a terra; ecco, se fosse così, bisognerebbe evitare anche i figli adolescenti. Probabilmente bisognerebbe evitare la maggior parte dei congiunti. Io per dire se c'è una cosa che non sopporto è che il mio esiguo spazio personale (più mentale che fisico) sia invaso, eppure si fa l'abitudine anche a quello, a essere invasi, criticati, manipolati, presi per il culo, traditi, lasciati, ignorati: si fa l'abitudine a tutto. Si impara persino a non reagire alle offese, mentre è più difficile cacciare indietro le lacrime quando scendono da sole, e copiose.
E ringrazio questa congiuntura economica che mi ha costretto a guardare in faccia la mia peggiore paura: quella di non avere abbastanza soldi per il minimo sindacale. Embè, che sarà mai, sono ancora qui.
Ricordo questo esame, a scienze politiche, credo fosse economia del lavoro, forse l'ho già scritto. Cavolo, quante cose sulla vita ho imparato a scienze politiche, una laurea in scienze politiche è auspicabile per tutti; per chi va a votare, per chi si apre il facebook, per chi sta per andare a vivere da solo. Comunque in questo corso si parlava di una teoria, suppongo datata, sulla determinazione del costo del lavoro. E ricordo che c'era questa curva che identificava il minimo sindacale che serve a un individuo per sopravvivere. "Perché la curva non parte dal punto zero, ma dal punto X?", obiettò qualcuno. "Bè, perché un individuo non può campare senza un soldo. O li chiede a prestito, o ha dei risparmi, o va a rubare, o chiede l'elemosina", rispose semplicemente il professore. Questo prevedeva la teoria economica; e questo mi consola quando ho paura di non avere abbastanza soldi. Qualcosa mi inventerò: andrò a rubare, tipo. Cazzo me ne frega.
Poi ringrazio quello che ancora sta lì a boicottare Amazon perché disumanizza i rapporti commerciali, e poi non si fa mezza remora a disumanizzare i rapporti personali, manco gli altri esseri umani fossero fastidiose pubblicità popup che spegni cliccando sulla X. Comunque, l'universo è talmente provvido che mi costringe sempre a restituire chi è bene che non resti.
E ringrazio la Mici che mi odia, c'è sicuramente del buddha anche in lei.
Domani andrà sicuramente meglio, perché peggio sarà difficile.

Commenti

  1. Bah il brutto servirà per farti coltivare un po' di rabbia, che è un buon carburante, però direi che ti meriti il bello. E anche il buono va'.

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    1. Bello e buono sono concetti relativi, come brutto e cattivo. Quando parliamo di "felicità" credo che auspichiamo il neutro.

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  2. Ma sai che io, che sono la seconda di tre sorelle, non ho mai vissuto da sola e ora ho un compagno e due figli, da quando ero piccola ho momenti in cui mi sento terribilmente sola? Eppure durante il lockdown la cosa che pativo di più era non essere sola mai!! E l'unica cosa che io amo veramente fare è leggere, da sola, ovviamente. Credo che tu abbia ragione, probabilmente è più sensazione di non appartenenza.
    Mi consola non essere sola nelle mie contraddizioni.

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    1. Parlo per me ma forse vale anche per te: forse dovremmo cominciare considerare il tempo trascorso con noi stesse come un vero e proprio impegno, non come uno spazio vuoto, aperto agli inviti o alle richieste.

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  3. Jung diceva che uno non è solo quando è solo ma quando non può condividere con nessuno le cose più importanti che ha dentro di sé. Può riguardarti?

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    1. Non lo so. Qui dentro ho condiviso tanto di quello che ho dentro e sono stata capita. Ho fatto i conti con tutto quello che c'era di spaventoso dentro di me, anche grazie alla psicoterapia e all'emdr. Ho tanti amici, anche molto intimi e una grande famiglia che mi ama. Quello che mi manca è una comfort zone, credo. Uno spazio fisico o mentale dove sono certa che andrà tutto bene, che non sarà tutto sulle mie spalle. :)

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