A volte sono triste e ho voglia di scrivere ma mi blocco perché sento la responsabilità morale verso i miei fratelli di non aggiungere negatività alla situazione già pesante. D'altronde non sono una front woman e non me la sento neanche di rallegrare gli animi in qualche modo. Ora per me è il momento di andare avanti e non cedere, nient'altro. La responsabilità della mia famiglia è tutta mia, lo è sempre stata, ma oggi è un po' più difficile. E certo non migliorerà se cedo alla tentazione di farmi inghiottire da quella calda e avvolgente spirale di angoscia che mi chiama.
Oggi comunque mi sento meno negativa di ieri, credo che sia grazie al fatto che ho fatto una challenge con mia mamma: chi apre Facebook fa la pizza. Oggi non ho ancora aperto Facebook e mi sento meglio di ieri. Dopo i runner, adesso sembrano avercela tutti con i bambini e ovviamente con i genitori assassini: per me è intollerabile. Tutte le persone che conosco ce la stanno mettendo tutta, ma essere vittime o artefici del linciaggio del giorno no, è troppo, questo gioco non fa per me.
Che ci volete fare, sono high sensitive, lo sapete.
Avere tre adolescenti, un cane, un gatto e una mamma in meno di ottanta metri quadrati, comunque, non è esattamente una passeggiata di salute. Gli adolescenti sono la cosa più fragile di tutto il pianeta terra. Ma per fortuna a casa, anche se è piccola e umile, c’è amore, e soprattutto il desiderio mio e di mia madre di salvaguardare la salute mentale di tutti (e naturalmente anche la salute del corpo).
Però delle volte basta niente per rivelare quanto l'equilibrio sia precario, e urlano come delle sirene, anche per ore – e sanno quanto il rumore mi mandi fuori di testa. Ho chiesto scusa ai vicini, quando li ho incrociati fuori col cane. A volte sento anche le loro amiche della gang che chiamano e piangono, magari perché hanno finito i giga o perché sentono la mancanza del loro amore. Ho letto il giornalino della scuola di Lucy: una delle redattrici ha scritto del suo disturbo alimentare, e io la penso costretta a guardare tutto il giorno la sua dispensa, e la sua povera famiglia con lei. Penso a bambini e ragazzi che hanno genitori che litigano incessantemente; a chi convive con una sorella o un fratello con disturbi dell'umore o del comportamento; penso ai ragazzi autolesionisti privati degli amici; penso ai ragazzini gay e trans che non vengono accettati in famiglia e che solo fuori casa possono essere se stessi. Penso a tutti i dislessici abbandonati dalla scuola e costretti ad affrontare da soli il mostro delle parole scritte. Penso alle loro famiglie che li vedono spegnersi dietro ai loro schermi e che incassano i loro vaffanculi.
E tutti questi a cui penso non sono una categoria, ma hanno facce e nomi.
Gli adolescenti, non voglio spaventarvi ma sono così: sfiorano sempre l'orlo del burrone, non lo fanno con cattiveria, è il loro lavoro. Ignorarli, portar via loro la scuola, lo sport, gli amici e gli amori, per chiuderli in piccoli appartamenti con genitori stanchi e spaventati, fino a data incerta, è infliggere un trauma. Che magari è necessario, io non so un cazzo di malattie, mi fido di chi decide. Ma minimizzare la loro situazione è spietato.
Ho anche una paura fottuta di rimanere senza lavoro, perché ho solo quello, ma cerco di non pensarci ora perché non ci posso fare niente.
Per fortuna, c’è Bestio che è un generatore continuo di dolcezza e di alitate fetenti.
E c’è che non ho passato mai tanto tempo con le mie figlie in vita mia.
Sono amplificata: sento come non mai. Non avevo mai letto un libro intero in francese, e l’ho fatto. Va bene, L’Etranger è facile e breve, ma cazzo se è intenso.
Sto leggendo vecchi libri dimenticati in garage, perché ho deciso che chiamare il corriere significa mettere un uomo di fronte alla scelta tra la sua salute e il suo lavoro, e questo io non lo farò.
Oggi, per la prima volta, ho deciso di fare un po’ di esercizio fisico perché sto diventando un grande cervello laborioso senza un corpo. Così ho voluto sentire che potevo muovermi, che avevo ancora la schiena, le gambe, la pancia. Sì va bene, ho messo su un video di ginnastica per anziani e sono riuscita a farne la metà, le bimbe mi hanno detto che sono un clown.
Poi sto apprezzando una nuova libertà inaspettata, l’ho detto anche alle bimbe, che questa è una grande opportunità. Io sto lavorando da casa; loro seguono le lezioni, studiano e fanno i compiti online. Le regole sono diventate meno. Per esempio non c’è più la necessità di vestirsi, se uno non vuole. Io non lo faccio, per dire. Ed è venuto meno il controllo. Questa è un’opportunità bellissima per dimostrare che abbiamo disciplina. Che lavoriamo per il nostro bene e per il bene della nostra collettività anche senza essere visti, che lo facciamo perché lo vogliamo, perché lo riteniamo giusto. Questa è una di quelle consapevolezze importanti, che germogliano e non passano. Stiamo facendo, dentro casa, una prova pratica di utopia anarchica.
Io sono sempre io, anche amplificata.
Ho le stesse identiche idee di prima: riconosco l’emergenza e mi adatto alla situazione senza vivere nel panico. La malattia e la perdita dei propri cari, le conoscevo già.
Maltolleravo prima i confini e lo stato sovrano, e oggi non canto l’inno d’Italia e non mi sento italiana: mi sento una persona.
Non credevo prima in dio, e non mi dà speranza oggi il papa che prega (anche se certamente guardo quell’immagine affascinata, sapendo che si sta scrivendo, forse, la storia).
Pensavo prima che esistessero diritti inalienabili e non professo oggi l’aberrazione che quei diritti “vanno meritati, dimostrando buonsenso”.
Non giudicavo e non snitchavo prima i miei fratelli e non lo faccio ora, anzi, comprendo tutti: chi sta splendendo nelle sue risorse, chi sta soffrendo nella sua fragilità.
Consideravo prima la libertà come il primo dei valori, più importante della mia stessa vita e di quella dei miei figlie, e lo penso tuttora. E questo non è in contrasto con la salute pubblica. E’ puro e semplice anti-fascismo: quello che moltissime persone ora, forse a causa di un panico anche comprensibile e umano, stanno rinnegando. Fa un gran male constatarlo, è come litigare con un fratello. Ma io non ho paura di perdere amici, la mia integrità viene prima.
In definitiva, credo mi vada come a tutti voi. Oscillo tra loop di rabbia e paura e insight definitivi, e spero che tutto finisca. Credo che ne usciremo cambiati, ma se saremo migliori o peggiori davvero non lo so.
La prima cosa che farò, comunque, non sarà correre a cercare un abbraccio, ma correre via lontano.
Oggi comunque mi sento meno negativa di ieri, credo che sia grazie al fatto che ho fatto una challenge con mia mamma: chi apre Facebook fa la pizza. Oggi non ho ancora aperto Facebook e mi sento meglio di ieri. Dopo i runner, adesso sembrano avercela tutti con i bambini e ovviamente con i genitori assassini: per me è intollerabile. Tutte le persone che conosco ce la stanno mettendo tutta, ma essere vittime o artefici del linciaggio del giorno no, è troppo, questo gioco non fa per me.
Che ci volete fare, sono high sensitive, lo sapete.
Avere tre adolescenti, un cane, un gatto e una mamma in meno di ottanta metri quadrati, comunque, non è esattamente una passeggiata di salute. Gli adolescenti sono la cosa più fragile di tutto il pianeta terra. Ma per fortuna a casa, anche se è piccola e umile, c’è amore, e soprattutto il desiderio mio e di mia madre di salvaguardare la salute mentale di tutti (e naturalmente anche la salute del corpo).
Però delle volte basta niente per rivelare quanto l'equilibrio sia precario, e urlano come delle sirene, anche per ore – e sanno quanto il rumore mi mandi fuori di testa. Ho chiesto scusa ai vicini, quando li ho incrociati fuori col cane. A volte sento anche le loro amiche della gang che chiamano e piangono, magari perché hanno finito i giga o perché sentono la mancanza del loro amore. Ho letto il giornalino della scuola di Lucy: una delle redattrici ha scritto del suo disturbo alimentare, e io la penso costretta a guardare tutto il giorno la sua dispensa, e la sua povera famiglia con lei. Penso a bambini e ragazzi che hanno genitori che litigano incessantemente; a chi convive con una sorella o un fratello con disturbi dell'umore o del comportamento; penso ai ragazzi autolesionisti privati degli amici; penso ai ragazzini gay e trans che non vengono accettati in famiglia e che solo fuori casa possono essere se stessi. Penso a tutti i dislessici abbandonati dalla scuola e costretti ad affrontare da soli il mostro delle parole scritte. Penso alle loro famiglie che li vedono spegnersi dietro ai loro schermi e che incassano i loro vaffanculi.
E tutti questi a cui penso non sono una categoria, ma hanno facce e nomi.
Gli adolescenti, non voglio spaventarvi ma sono così: sfiorano sempre l'orlo del burrone, non lo fanno con cattiveria, è il loro lavoro. Ignorarli, portar via loro la scuola, lo sport, gli amici e gli amori, per chiuderli in piccoli appartamenti con genitori stanchi e spaventati, fino a data incerta, è infliggere un trauma. Che magari è necessario, io non so un cazzo di malattie, mi fido di chi decide. Ma minimizzare la loro situazione è spietato.
Ho anche una paura fottuta di rimanere senza lavoro, perché ho solo quello, ma cerco di non pensarci ora perché non ci posso fare niente.
Per fortuna, c’è Bestio che è un generatore continuo di dolcezza e di alitate fetenti.
E c’è che non ho passato mai tanto tempo con le mie figlie in vita mia.
Sono amplificata: sento come non mai. Non avevo mai letto un libro intero in francese, e l’ho fatto. Va bene, L’Etranger è facile e breve, ma cazzo se è intenso.
Sto leggendo vecchi libri dimenticati in garage, perché ho deciso che chiamare il corriere significa mettere un uomo di fronte alla scelta tra la sua salute e il suo lavoro, e questo io non lo farò.
Oggi, per la prima volta, ho deciso di fare un po’ di esercizio fisico perché sto diventando un grande cervello laborioso senza un corpo. Così ho voluto sentire che potevo muovermi, che avevo ancora la schiena, le gambe, la pancia. Sì va bene, ho messo su un video di ginnastica per anziani e sono riuscita a farne la metà, le bimbe mi hanno detto che sono un clown.
Poi sto apprezzando una nuova libertà inaspettata, l’ho detto anche alle bimbe, che questa è una grande opportunità. Io sto lavorando da casa; loro seguono le lezioni, studiano e fanno i compiti online. Le regole sono diventate meno. Per esempio non c’è più la necessità di vestirsi, se uno non vuole. Io non lo faccio, per dire. Ed è venuto meno il controllo. Questa è un’opportunità bellissima per dimostrare che abbiamo disciplina. Che lavoriamo per il nostro bene e per il bene della nostra collettività anche senza essere visti, che lo facciamo perché lo vogliamo, perché lo riteniamo giusto. Questa è una di quelle consapevolezze importanti, che germogliano e non passano. Stiamo facendo, dentro casa, una prova pratica di utopia anarchica.
Io sono sempre io, anche amplificata.
Ho le stesse identiche idee di prima: riconosco l’emergenza e mi adatto alla situazione senza vivere nel panico. La malattia e la perdita dei propri cari, le conoscevo già.
Maltolleravo prima i confini e lo stato sovrano, e oggi non canto l’inno d’Italia e non mi sento italiana: mi sento una persona.
Non credevo prima in dio, e non mi dà speranza oggi il papa che prega (anche se certamente guardo quell’immagine affascinata, sapendo che si sta scrivendo, forse, la storia).
Pensavo prima che esistessero diritti inalienabili e non professo oggi l’aberrazione che quei diritti “vanno meritati, dimostrando buonsenso”.
Non giudicavo e non snitchavo prima i miei fratelli e non lo faccio ora, anzi, comprendo tutti: chi sta splendendo nelle sue risorse, chi sta soffrendo nella sua fragilità.
Consideravo prima la libertà come il primo dei valori, più importante della mia stessa vita e di quella dei miei figlie, e lo penso tuttora. E questo non è in contrasto con la salute pubblica. E’ puro e semplice anti-fascismo: quello che moltissime persone ora, forse a causa di un panico anche comprensibile e umano, stanno rinnegando. Fa un gran male constatarlo, è come litigare con un fratello. Ma io non ho paura di perdere amici, la mia integrità viene prima.
In definitiva, credo mi vada come a tutti voi. Oscillo tra loop di rabbia e paura e insight definitivi, e spero che tutto finisca. Credo che ne usciremo cambiati, ma se saremo migliori o peggiori davvero non lo so.
La prima cosa che farò, comunque, non sarà correre a cercare un abbraccio, ma correre via lontano.
Eh dici così perché puoi abbracciare. Io, che lavoro in ospedale ma torno a casa a dormire, non tocco i miei figli da settimane. E a volte sento proprio la fame di abbracciarli. Da non credere
RispondiEliminaCerto, se non potessi abbracciare le mie figlie mi mancherebbero. Non voglio dire che la mia situazione è la peggiore possibile, anzi! Ma del resto non è neanche una gara a chi soffre di più.
Eliminail covid, ma era prevedibile, tira fuori il peggio, non il meglio di noi
RispondiEliminaNon commento qui sul blog da secoli! È strano come mi senta esattamente come te, nonostante la distanza e l'esperienza di vita completamente diversa. Avere in casa degli adolescenti in quarantena non è come avere bambini piccoli, si ha tutto un altro genere di problemi, ma questo ti fa sentire un po' mamma di tutti gli adolescenti, non solo dei tuoi. Più in generale il virus svela le persone. Ho avuto manifestazioni di affetto e vicinanza da chi non mi aspettavo. Rifletto sul fatto che sentirsi affini ad altri non significa necessariamente essere amici e l'amicizia può arrivare da chi con noi non c'entra molto. Già alla nostra età si tende a selezionare, con questo virus selezioneremo all'osso. Potrà essere anche una rinascita. Grazie per dire quello che dici con tanta sincerità.
RispondiEliminaCiao Veronica! Per fortuna io mi sono accorta di avere amici perlopiù molto lucidi, probabilmente è perché ero già molto selettiva :)
EliminaPrendo in prestito le parole di Nicolò Zuliani, che dice molto bene quello che penso in questa situazione.
RispondiEliminahttps://www.termometropolitico.it/1520156_stiamo-assistendo-al-meglio-italia-basta-volerlo-vedere.html
L'ho letto e l'ho trovato condivisibile, però io purtroppo vedo anche molta merda che non riesco a ignorare. Per fortuna vivo in Emilia Romagna, seconda regione più colpita ma per fortuna sempre a testa alta.
EliminaValentina sei proprio in gamba. E' SEMPRE un grande piacere leggerti. Grazie grazie grazie.
RispondiEliminaGrandissima e vera come sempre.
RispondiEliminaGrazie Valentina. Io mi dibatto nella rabbia e non riesco a verbalizzare, per questo mi sono riconosciuta tanto nelle tue parole.
RispondiEliminaBentornata! Anche se non sono affari miei, guardavo il blog di sottecchi e il silenzio mi preoccupava un po'. In bocca al lupo! E sai cosa, anch'io sono di quelli che per prima cosa appena potrò uscire correrò, camminerò, tornerò solo quando sarò così stanca da rischiare di addormentarmi in strada :-)
RispondiEliminaNo, è che sto mettendo le mie energie creative in un romanzo, ma sto bene :)
EliminaChe bello leggerti, mi mancavi.
RispondiEliminaAnche per me è stato interessante avere improvvisamente tutto questo tempo libero e non organizzato!
La mia azienda non mi ha lasciato lavorare da remoto per 4 settimane. Perderò un po' di soldi ma era dagli anni '90 che non vedevo questo orizzonte liquido di giorni che rotolano, svegliandosi tardi leggendo vedendo film, suonicchiando, con la novità che ora ho anche due bambine da accudire e ci siamo goduti il tempo insieme. Non direi che il controllo sia propriamente venuto meno visto che dobbiamo compilare un modulo anche per fare la spesa, ma hai ragione la casa è un microcosmo anarchico. e anche sospeso dalle menate della vita solita: non posso chiedere a uno di uscire, quindi non posso neanche restarci male quando mi dice di no. Tutti passano il sabato sera da soli; tutti improvvisamente hanno bisogno di contatto e mi chiamano. Non capisco bene come sarà uscire da questo bozzolo . Sicuro quello di cui sento davvero bisogno è andare a camminare in montagna. Anche da sola.