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La mania di accumulare

L’altro giorno ero a Roma da mio fratello e ce ne stavamo in camera con il suo coinquilino a fare delle chiacchiere e si notava che mio fratello è un accumulatore seriale.
Lui dice che è perché ama il vintage, ma è una balla, perché anche io amo il vintage, eppure non accumulo cose. Specie da quando ho lasciato casa mia a BucoDelCulo e ho deciso che non aveva senso comprare oggetti e rendere accogliente la nuova casa, sembrava un tradimento.
Ho dormito su un materasso per terra per più di un anno, delle volte provo a dimostrare a me stessa che non ho bisogno proprio di niente, che mi potete anche portare via tutto che tanto io domattina mi sveglio lo stesso, più stronza di prima.


Poi però il materasso l’ho comprato, perché ho cominciato a soffrire di allergia agli acari e così passavo la notte a starnutire, ho pensato che se stavo sollevata da terra respiravo meno polvere, ed era vero, e il mio letto ora è alto e comodo, anche se non più proletario.
Invece mio fratello accumula oggetti, ma tipo che una volta abitava in questo appartamento enorme e non potevi più entrare in salotto per quanti mobili vintage si era comprato. L’inginocchiatoio, il paravento, il tabellone delle agenzie assicurative italiane.
Io in tutta sincerità non so come i suoi coinquilini possano sopportarlo, infatti una sera ricordo che ero a cena da lui e un suo amico mi ha chiesto “ma a te piacciono queste poltrone papali? E questo tappeto di capretto?”, io ho detto sì, e allora il suo amico s’è caricato le poltrone sulla schiena e mi ha chiesto dove hai parcheggiato? E la scena devo dire che faceva piuttosto ridere perché mentre andavo da loro a cena avevo preso il peggior acquazzone di tutti i tempi così sono tornata a Rimini quasi in mutande, con i capelli ancora bagnati e due poltrone nel bagagliaio.
Comunque, abbiamo spiegato al suo nuovo coinquilino romano le origini di questa mania dell'accumulo.
La camera di nonna e nonno, forse dieci metri quadri, forse meno - ero piccola, ricordo tutto più grande -, era composta dal seguente mobilio:
n. 1 letto matrimoniale, dove a volte dormivamo in più di due, qualcuno con la testa dai piedi e qualcuno con testa e piedi al posto giusto. Nei giorni di festa vi si stendeva a seccare la pasta all’uovo e me la mangiavo cruda a manate. Nessuno mi ha mai sgridato, a casa l’unica regola in vigore era che non c’erano regole, a parte che si cenava alle 18.30.
n. 1 divanetto stile Frau in pelle rossa, dove dormivo io prima di diventare troppo lunga.
n. 2 armadi quattro stagioni (fosse esistito ai tempi del matrimonio dei nonni, alla fine degli anni cinquanta, avrebbero comprato anche un bell’armadio a ponte, da mettere dietro al letto al posto delle due mensole portaoggetti / libri di Liala – come posso, come, non averne MAI letto uno?)
n. 1 mobile a colonna confezionato da mio nonno con del cartone. Vi teneva la biancheria intima e due fucili da caccia.
n. 2 cassettiere, una con specchiera e piano pieno di liquori. Dell’altra cassettiera ho un ricordo antichissimo, ma forse è frutto della mia immaginazione. Mi pare che mia madre mi fece stendere dentro a un cassetto dicendo: Adesso facciamo uno scherzo a nonno, gli diciamo che ti lascio qui a dormire.
n. 1 macchina da cucire Singer, col mobile e il pedale.
 n. 1 scrivania con sopra macchina da scrivere Olivetti coperta da una coperta. Appena ebbi l’età in cui non dovevo chiedere più il permesso di niente - dieci, undici anni - diventò ovviamente il mio oggetto preferito, solo che dovevo spostarla vicino a una delle due o tre prese elettriche di casa. In camera non ce n'erano. La potevo utilizzare solo in piedi in un determinato punto della cucina.

Sopra alla scrivania erano piantati due lunghi chiodi in cui mio nonno appendeva dei prosciutti e dei salami. Gli oggetti stavano anche sopra agli armadi, avvolti da lunghe ragnatele, e sotto al letto, nella polvere.
Non c’era il riscaldamento e la camera era chiusa da una porta a soffietto, che portava via meno spazio di una porta vera. Il lampadario aveva molte braccia, come un rovo, ed era avvolto di ragnatele.
Su sei lampadine, funzionavano solo due.

Forse fu allora, che mio fratello divenne un accumulatore seriale.

Commenti

  1. Io mi incanto a leggere le cose che scrivi ....
    Ciao
    Enrica

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  2. Sembri uscita da un libro di Niccolò Ammaniti.
    Non sopporto gli accumulatori ma inizio a rivalutare il vintage, soprattutto le librerie in stile svedese coi sostegni in ferro nero a sezione quadrata. In generale, per ogni cosa che entra cerco di eliminarne una

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    1. Di Nicolò Ammaniti ho letto solo Ti prendo e ti porto via, quasi vent'anni fa. Cos'abbiamo in comune? :D

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    2. Quello non l'ho letto! Di suo ho Io non ho paura e Come Dio comanda, più un altro ambientato in una Roma corrottissima di cui non ricordo il titolo. Non somigli a nessuno dei personaggi dei primi due (per fortuna), però l'atmosfera decadente la rivedo nei tuoi scritti :D

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  3. Un po' inquietante la descrizione della camera dei nonni...
    :P

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  4. Io non ho mai mancato di niente e non riesco a dare valore agli oggetti, sono patologica nel senso opposto. Mi importa la funzionalità, nel senso che incasinarmi mi mette ansia, ma ad esempio non riesco a conservare religiosamente nulla né mi importa particolarmente della tecnologia.
    Un mio caro amico è cresciuto avendo una camera sì tutta sta, ma grande quanto un loculo. Risultato: ha comprato una casa da solo, molto grande, piena di roba inutile e solamente decorativa (un violino mai suonato su di una colonnina, libri antichi in una teca, un'armatura nell'angolo, ecc).
    Non riesco a concepire un ambiente domestico dove non possano scorrazzare liberamente bambini e animali, dove ci siano divani che non possono essere graffiati, mensole piene di soprammobili fragili, dove ci siano tappeti da migliaia di euro non macchiabili.

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