È la prima domenica di autunno: spioviggina, il collo minaccia di dolere al primo movimento brusco mentre sotto alle coperte leggo Cime tempestose, e la lista degli acquisti per la scuola è ancora lì, apparentemente inestinguibile, testimonianza del neanche tanto sottile sadismo dei professori.
Le squadre suggerite al liceo artistico costano trentun euro l’una. Per le famiglie che si fanno remore ad andare al cinema sessantadue euro sono sessantadue euro, che comunque intendo spendere, specie quando penso ai miei cinque anni di liceo con un dizionario economico di latino che, ritengo tutt’ora, mi faceva perdere un voto a versione.
So che andare al centro commerciale più grande dell’Emilia Romagna la prima domenica di pioggia, non solo, la prima domenica dall’inizio delle scuole, è la cronaca di una morte annunciata, eppure si tratta del centro commerciale più vicino a casa e in più ci consentirà di trovare, forse, le famose squadre e pure i leggings per fare ginnastica, e soprattutto di rimpinzarci di cibo spazzatura a cui non riesco sempre a rinunciare.
Vado di rado al centro commerciale e provo sempre un senso di sopraffazione che almeno una volta mi ha portato a cercare la panchina più vicina per sedermici e piangere, e pur tuttavia alle volte mi annovero in quella folla, così come le mie figlie, che più spesso vanno senza di me e preferiscono ancora il multisala alle sale in centro con le poltrone scomode.
E comunque tutte queste persone, tra cui io, che sono qui solo per acquistare qualcosa, fanno capire come la idea di salvare il pianeta acquistando altri gadget green sia folle.
E così a un certo punto ci ritroviamo sedute a un tavolo sporco, dove alcuni ragazzi hanno mollato i loro vassoi pieni di vuoti a perdere.
Lucia reca una busta in carta contenente dei leggings, che, spoiler, dimenticherà sotto alla sedia per, ovviamente, non ritrovarli mai più.
Attorno a noi prevalgono gli adolescenti, chiedo alle mie figlie se si sentono a disagio ad essere lì con me e dicono di no, voglio crederci.
Sono tutti in gruppo e tutti vestiti alla moda – oggi è facile, la moda costa poco, peccato che costi poco a noi e tanto alle nostre sorelle nelle fabbriche asiatiche e dell'est Europa.
Sembrano tutti sicuri, ma io so che non lo sono, anche solo per il fatto di essere, in quella situazione e in tante altre, costantemente sul palco, alla mercé del giudizio altrui. La cosa che più ricordo di quando ero adolescente era l’ansia "da sfilata". La sfilata all’entrata della scuola, la sfilata all’intervallo, la sfilata quando entravi a casa e dovevi passare sotto agli occhi di nonna e nonno, in cucina con gli occhi fissi sul televisore, la sfilata in discoteca, persino quando andavi in bagno e le ragazze in fila controllavano come eri vestita.
Comunque hanno tutti, specie i maschi, fattezze ibride, tra l’adulto e il bambino. Sono ai tavoli ma non necessariamente consumano: alcuni rollano sigarette, altri chiacchierano solo; le coppie si intuiscono, e tutti in definitiva stanno lì perché tutto il mondo è loro, la musica, i brand, i programmi, i locali, le famiglie, la scuola, tutto, tutto ruota attorno a loro.
Li guardo fissi, tanto mi ignorano.
Mi stacco dalla concezione lineare del tempo, che è quello che ci separa, e per un attimo faccio coincidere quello che sono stata (loro) e quello che loro saranno (me). Loro sono gli occupanti dei tavoli ma sono un po’ anche i lavoratori del fast food, sono le ragazze in kimono che servono i noodles e quelle che stanno alle casse dei negozi; e sono la coppia stanca e sopraffatta con quei due bimbi stanchi e sopraffatti; e sono quel tipo di almeno quarantacinque anni che fa il giovane; e sono anche quella donna che pulisce i tavoli senza sorridere, truccata e pettinata di tutto punto.
Accompagno le ragazze in bagno, le aspetto in fondo al corridoio e quando ne escono, parlando fitte tra loro, con i loro jeans alla moda e le unghie laccate, per un secondo sono esattamente la stessa che si affacciava alla porta del nido e loro sono le stesse che mi correvano incontro, ancora un po' instabili, nella salopette di jeans.
Le squadre suggerite al liceo artistico costano trentun euro l’una. Per le famiglie che si fanno remore ad andare al cinema sessantadue euro sono sessantadue euro, che comunque intendo spendere, specie quando penso ai miei cinque anni di liceo con un dizionario economico di latino che, ritengo tutt’ora, mi faceva perdere un voto a versione.
Photo by Peter Secan on Unsplash |
So che andare al centro commerciale più grande dell’Emilia Romagna la prima domenica di pioggia, non solo, la prima domenica dall’inizio delle scuole, è la cronaca di una morte annunciata, eppure si tratta del centro commerciale più vicino a casa e in più ci consentirà di trovare, forse, le famose squadre e pure i leggings per fare ginnastica, e soprattutto di rimpinzarci di cibo spazzatura a cui non riesco sempre a rinunciare.
Vado di rado al centro commerciale e provo sempre un senso di sopraffazione che almeno una volta mi ha portato a cercare la panchina più vicina per sedermici e piangere, e pur tuttavia alle volte mi annovero in quella folla, così come le mie figlie, che più spesso vanno senza di me e preferiscono ancora il multisala alle sale in centro con le poltrone scomode.
E comunque tutte queste persone, tra cui io, che sono qui solo per acquistare qualcosa, fanno capire come la idea di salvare il pianeta acquistando altri gadget green sia folle.
E così a un certo punto ci ritroviamo sedute a un tavolo sporco, dove alcuni ragazzi hanno mollato i loro vassoi pieni di vuoti a perdere.
Lucia reca una busta in carta contenente dei leggings, che, spoiler, dimenticherà sotto alla sedia per, ovviamente, non ritrovarli mai più.
Attorno a noi prevalgono gli adolescenti, chiedo alle mie figlie se si sentono a disagio ad essere lì con me e dicono di no, voglio crederci.
Sono tutti in gruppo e tutti vestiti alla moda – oggi è facile, la moda costa poco, peccato che costi poco a noi e tanto alle nostre sorelle nelle fabbriche asiatiche e dell'est Europa.
Sembrano tutti sicuri, ma io so che non lo sono, anche solo per il fatto di essere, in quella situazione e in tante altre, costantemente sul palco, alla mercé del giudizio altrui. La cosa che più ricordo di quando ero adolescente era l’ansia "da sfilata". La sfilata all’entrata della scuola, la sfilata all’intervallo, la sfilata quando entravi a casa e dovevi passare sotto agli occhi di nonna e nonno, in cucina con gli occhi fissi sul televisore, la sfilata in discoteca, persino quando andavi in bagno e le ragazze in fila controllavano come eri vestita.
Comunque hanno tutti, specie i maschi, fattezze ibride, tra l’adulto e il bambino. Sono ai tavoli ma non necessariamente consumano: alcuni rollano sigarette, altri chiacchierano solo; le coppie si intuiscono, e tutti in definitiva stanno lì perché tutto il mondo è loro, la musica, i brand, i programmi, i locali, le famiglie, la scuola, tutto, tutto ruota attorno a loro.
Li guardo fissi, tanto mi ignorano.
Mi stacco dalla concezione lineare del tempo, che è quello che ci separa, e per un attimo faccio coincidere quello che sono stata (loro) e quello che loro saranno (me). Loro sono gli occupanti dei tavoli ma sono un po’ anche i lavoratori del fast food, sono le ragazze in kimono che servono i noodles e quelle che stanno alle casse dei negozi; e sono la coppia stanca e sopraffatta con quei due bimbi stanchi e sopraffatti; e sono quel tipo di almeno quarantacinque anni che fa il giovane; e sono anche quella donna che pulisce i tavoli senza sorridere, truccata e pettinata di tutto punto.
Accompagno le ragazze in bagno, le aspetto in fondo al corridoio e quando ne escono, parlando fitte tra loro, con i loro jeans alla moda e le unghie laccate, per un secondo sono esattamente la stessa che si affacciava alla porta del nido e loro sono le stesse che mi correvano incontro, ancora un po' instabili, nella salopette di jeans.
Hai raschiato nel fondo del mio sentire tirando fuori cose belle e brutte... Inizio dalla brutta e faccio un coming out: io a volte quando vedo questi ragazzini impegnati in pose, e le ragazzine in particolare che se la tirano ridacchio dentro di me pensandoli un domani quarantenni gigioni e insoddisfatti. Questa è la mia parte cattiva. Il lato oscuro.
RispondiEliminaIl pensiero buono per me invece è fatto di sollievo. Io mi crogiolo, e mi godo il mio essere quarantaquattrenne senza più nulla da dover dimostrare. Ricordo gli anni dell'adolescenza come un travaglio. Dover essere in un certo modo per guadagnare un minimo di accettazione, questo palco su cui non ho mai chiesto di salire ma che mi chiedeva di sfilare... Adoro il mio essere oggi. Non me la devo tirare, non devo piacere a nessuno se non a me. Che libertà!
Bè, a me spiace se dovessero diventare del 40enni insoddisfatti. Spero piuttosto che, come noi, saranno ben felici di non doversi più sparare le pose.
Eliminaper un secondo e per sempre lo saranno.......Un abbraccio ti capisco bene!
RispondiEliminaLoro pensano di no ;)
EliminaLa tua ultima frase ha smosso in me un'emozione intensa e piango.
RispondiEliminaAnch'io, mamma secoli fa di due bimbe e superati da tempo i travagli dell'adolescenza, ora avrò forse l'età di tua mamma e ho una nipotina di nove anni, ma per un attimo mi sono rivista davanti a quella porta del nido…
Panta rei.
Io invece guardo mia figlia così sicura e piena ancora di sè e aspetto silente il momento in cui vacillerà sotto il peso del giudizio dei suoi coetanei, degli insegnanti, degli adulti.
RispondiEliminaCi saro' come quel primo giorno in cui l'ho lasciata al nido, quando ripetevo isterica come un mantra " è felice, si diverte, è felice e si diverte " e dentro piangevo.
Ci saro' incerta e confusa, ma faro' finta di avere certezze che forse anche e ancora io, sto cercando. Tirero' fuori pure il sorriso isterico.
Ho provato simili emozioni pochi giorni fa, accompagnando mio figlio a vedere un film Disney in una multisala.... giovani, meno giovani, mamme, amiche, compagni.... un turbinio...il tutto condito da un forte odore di pop corn e morale Disney.
RispondiEliminaCmq, anche a me l'ultima frase ha provocato grande commozione.... sarà il "ciclo della vita"....proprio come sottolineava l'ultimo film che, appunto, ho visto domenica... alla fine il Re Leone è in tutti noi....e la morale Disney trionfa.... !!!! Aiutoooooo!!!!