E così mi chiedevi le case che ho cambiato nella mia vita e ti ho risposto così:
Quando sono nata vivevo in una casaccia con i topi, in centro, mia madre dice che andò in comune a chiedere se ci davano una casa popolare perché mio padre era un tossico e aveva dei punti in graduatoria e ci diedero una casa popolare di cui ricordo benissimo i cornicioni rossi, e poco sotto c’era un bar dove mi ricordo che mi padre mi ha portato a comprare un gelato e ho chiesto quello a forma di pantera rosa.
Poi mia madre aspettava mio fratello e chiese una casa più grande, di cui ricordo che stava vicino a una chiesa, ma quando provarono a mandarmi a dottrina io dissi a dottrina ci andrete voi. Mio padre però non stava praticamente già più con noi, ricordo solo una sera che tornammo io mia madre e mio fratello e c’era la luce accesa e mamma disse “c’è lui” e io ebbi paura e pensare che lui era mio padre.
La casa numero quattro fu quando mia madre ci presentò S., due mesi prima di sposarlo, la sua casa era carina, lui era in gamba. Un giorno, però, dopo un paio di anni, uscii per andare al saggio di danza e non ci rimisi mai più piede, perché mia madre l’aveva lasciato, in effetti non parevano particolarmente fatti l’uno per l’altra. La quinta casa fu la casa di mia nonna, non ricordo se rimanemmo mesi o anni, in attesa di trovare un altro posto dove stare, ma furono certamente i mesi (sì, devono essere stati mesi) tra i più brutti della mia vita, forse sentii lì, per la prima volta, il bisogno spasmodico di essere sola, sarà perché erano due stanze sporche e ingombre ed eravamo sei, sommersi da panni e sporcizia e oggetti e giornali. Poi mamma trovò un nuovo fidanzato, che è morto un paio di anni fa ed era una bella persona, come poi il precedente marito, e andammo a vivere tutti assieme - con anche suo figlio per qualche mese all'anno - in una bella casetta, anche se era a dieci chilometri dalla mia città e non conoscevo nessuno ed ero un’adolescente, ma in fondo conobbi gente in fretta, ero una tosta, avevo qualche amico e amica e un paio di fidanzatini bravissimi che trattai malissimo. Il fidanzato di mamma, forse dopo tre o quattro anni, la lasciò per un’altra, così, da un momento all’altro, e fu l’ennesimo abbandono, e dovemmo cercare una nuova casa perché mamma quella non poteva proprio permettersela, neanche quando cominciò a lavorare in un ristorante di giorno e in un forno di notte. Andammo a stare in un borghetto di case sulla via Emilia, solo che l’inquilina aveva dato la disdetta ma non aveva ancora trovato un’altra casa, così mia madre le chiese se potevamo vivere tutti assieme, lei accettò, ma poi litigarono e dopo sei mesi ci lasciò anche lei, in un modo molto brutto che non voglio raccontare. Passò qualche anno, finii le superiori e conobbi il Donatore, a volte vivevo anche a casa sua: quando litigavo con mia madre, riempivo lo zaino dell’Invicta e andavo da lui, ma non parlammo mai di vivere assieme, sarà che a casa sua non si stava certo meglio che a casa mia, se escludiamo il fatto che lo amavo. Cambiammo di nuovo casa quando mia nonna, praticamente il mio unico punto di riferimento, si ammalò di cancrena, le amputarono completamente una gamba e allora mia madre decise di prenderla a casa con noi – in una nuova casa, più grande, più in centro, anche se fu un incubo perché nonna era completamente regredita, nascondeva persino i pannoloni sporchi, e un giorno tra i conati di vomito, le dissi che avrei preferito due bambini, a lei, e dopo forse un mese rimasi incinta delle gemelle. La nona casa fu con il Donatore e le bambine, avevo ventidue anni e non fu né semplice né piacevole, ma riuscimmo comunque a comprare una casa tutta nostra – grande cazzata – e ci trasferimmo in collina. Il resto lo sai. Il Donatore mi ha lasciata, ed ecco l'ennesima composizione familiare, la più bella, quella dove eravamo solo io e le bimbe. Un giorno mi sono stufata della vita di paese, ho cambiato città, il proprietario della nuova casa però era veramente suonato, così ce ne siamo andate dopo tre mesi. Ora pare che stiamo bene, sarà la mia tredicesima casa, ci sentiamo abbastanza a casa, ma ho un po’ paura a dirlo, piuttosto mi sento come se mi fossi appoggiata da qualche parte, non so, un muretto che per il momento mi regge. Questa non sarà la mia ultima casa, comunque.
E quando ti ho detto questo, ad alta voce, forse non l’ho fatto vedere ma dentro di me non è che mi sentissi tanto bene, e non ti ho neanche detto tutto, non ce n'è bisogno e non capiresti.
Quando sono nata vivevo in una casaccia con i topi, in centro, mia madre dice che andò in comune a chiedere se ci davano una casa popolare perché mio padre era un tossico e aveva dei punti in graduatoria e ci diedero una casa popolare di cui ricordo benissimo i cornicioni rossi, e poco sotto c’era un bar dove mi ricordo che mi padre mi ha portato a comprare un gelato e ho chiesto quello a forma di pantera rosa.
Mdina, Malta |
Poi mia madre aspettava mio fratello e chiese una casa più grande, di cui ricordo che stava vicino a una chiesa, ma quando provarono a mandarmi a dottrina io dissi a dottrina ci andrete voi. Mio padre però non stava praticamente già più con noi, ricordo solo una sera che tornammo io mia madre e mio fratello e c’era la luce accesa e mamma disse “c’è lui” e io ebbi paura e pensare che lui era mio padre.
La casa numero quattro fu quando mia madre ci presentò S., due mesi prima di sposarlo, la sua casa era carina, lui era in gamba. Un giorno, però, dopo un paio di anni, uscii per andare al saggio di danza e non ci rimisi mai più piede, perché mia madre l’aveva lasciato, in effetti non parevano particolarmente fatti l’uno per l’altra. La quinta casa fu la casa di mia nonna, non ricordo se rimanemmo mesi o anni, in attesa di trovare un altro posto dove stare, ma furono certamente i mesi (sì, devono essere stati mesi) tra i più brutti della mia vita, forse sentii lì, per la prima volta, il bisogno spasmodico di essere sola, sarà perché erano due stanze sporche e ingombre ed eravamo sei, sommersi da panni e sporcizia e oggetti e giornali. Poi mamma trovò un nuovo fidanzato, che è morto un paio di anni fa ed era una bella persona, come poi il precedente marito, e andammo a vivere tutti assieme - con anche suo figlio per qualche mese all'anno - in una bella casetta, anche se era a dieci chilometri dalla mia città e non conoscevo nessuno ed ero un’adolescente, ma in fondo conobbi gente in fretta, ero una tosta, avevo qualche amico e amica e un paio di fidanzatini bravissimi che trattai malissimo. Il fidanzato di mamma, forse dopo tre o quattro anni, la lasciò per un’altra, così, da un momento all’altro, e fu l’ennesimo abbandono, e dovemmo cercare una nuova casa perché mamma quella non poteva proprio permettersela, neanche quando cominciò a lavorare in un ristorante di giorno e in un forno di notte. Andammo a stare in un borghetto di case sulla via Emilia, solo che l’inquilina aveva dato la disdetta ma non aveva ancora trovato un’altra casa, così mia madre le chiese se potevamo vivere tutti assieme, lei accettò, ma poi litigarono e dopo sei mesi ci lasciò anche lei, in un modo molto brutto che non voglio raccontare. Passò qualche anno, finii le superiori e conobbi il Donatore, a volte vivevo anche a casa sua: quando litigavo con mia madre, riempivo lo zaino dell’Invicta e andavo da lui, ma non parlammo mai di vivere assieme, sarà che a casa sua non si stava certo meglio che a casa mia, se escludiamo il fatto che lo amavo. Cambiammo di nuovo casa quando mia nonna, praticamente il mio unico punto di riferimento, si ammalò di cancrena, le amputarono completamente una gamba e allora mia madre decise di prenderla a casa con noi – in una nuova casa, più grande, più in centro, anche se fu un incubo perché nonna era completamente regredita, nascondeva persino i pannoloni sporchi, e un giorno tra i conati di vomito, le dissi che avrei preferito due bambini, a lei, e dopo forse un mese rimasi incinta delle gemelle. La nona casa fu con il Donatore e le bambine, avevo ventidue anni e non fu né semplice né piacevole, ma riuscimmo comunque a comprare una casa tutta nostra – grande cazzata – e ci trasferimmo in collina. Il resto lo sai. Il Donatore mi ha lasciata, ed ecco l'ennesima composizione familiare, la più bella, quella dove eravamo solo io e le bimbe. Un giorno mi sono stufata della vita di paese, ho cambiato città, il proprietario della nuova casa però era veramente suonato, così ce ne siamo andate dopo tre mesi. Ora pare che stiamo bene, sarà la mia tredicesima casa, ci sentiamo abbastanza a casa, ma ho un po’ paura a dirlo, piuttosto mi sento come se mi fossi appoggiata da qualche parte, non so, un muretto che per il momento mi regge. Questa non sarà la mia ultima casa, comunque.
E quando ti ho detto questo, ad alta voce, forse non l’ho fatto vedere ma dentro di me non è che mi sentissi tanto bene, e non ti ho neanche detto tutto, non ce n'è bisogno e non capiresti.
Bellissimo......soffice e duro...
RispondiEliminaMagari invece c'è bisogno di dire tutto e magari capirebbe.
RispondiEliminaun abbraccio, e grazie per il bel post.
Credo che capire sempre non sia il vero plus dei rapporti umani, piuttosto, credo che il plus sia provare empatia anche quando non capisci.
Eliminaio di case né ho cambiate 5 ma nessuna l'ho sentita realmente mia..vorrei comprarne una un giorno ma credo che morirò prima di riuscire ad ottenere un mutuo.:((( il gelato a forma di pantera rosa..quanti ricordi.la mia infanzia e adolescenza senza un abbraccio..
RispondiEliminaSecondo me non è necessario comprare una casa per sentirsi a casa. Anche perché le persone cambiano idea, mentre la casa è più o meno per sempre...insomma, tornando indietro non la comprerei.
Eliminaio di case né ho cambiate 5 ma nessuna l'ho sentita realmente mia..vorrei comprarne una un giorno ma credo che morirò prima di riuscire ad ottenere un mutuo.:((( il gelato a forma di pantera rosa..quanti ricordi.la mia infanzia e adolescenza senza un abbraccio..
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RispondiEliminaPerché non sarà la tua ultima casa, pensi a quando scadrà il contratto o è una tua sensazione che un giorno vorrai cambiare? Spero comunque che ci rimaniate abbastanza a lungo, se è comoda e vi piace. Io in vita mia ne ho cambiate solo 4, quella che mi manca di più forse è quella di mia madre (andava venduta per vari motivi: troppo grande, troppo fatiscente per ristrutturarla e saldare mia sorella, troppo lontana dal mio lavoro, quartiere dormitorio seppur grazioso) anche se non rimpiango di averla venduta. Da 11 mesi sto nella casa attuale in affitto, zona prestigiosa, comoda e vicina al lavoro, ma - anche se posso restarci praticamente finché campo - non so se la sentirò mai mia. La roulotte in campeggio che ho ereditato, quella sì che è mia e non vedo l'ora di poterci andare :)
RispondiEliminaIo sto bene, nel senso che non ho problemi particolari, ma non mi sento così legata a questo posto e prevedo che quando le bimbe più o meno cominceranno ad essere autonome (l'università è tra circa 6 anni, per farti capire l'ordine di grandezza), potrebbe capitare che io mi levo dai piedi :)
EliminaAccidenti quante case e quante storie! Sei l’esempio vivente del detto “avere le rotelle sotto i piedi”! Io sei case in tutto ma fra la prima e la seconda c’erano 1300 km di distanza che ho attraversato impavida e attrezzata con: ciuccio in bocca, pannolino sul sedere e Cicciobello sotto un braccio
RispondiEliminaSono ben lontana da aver cambiato tutte quelle case, eppure anche io... la prima casa era quella di famiglia, ero piccola, eppure già il terrore cominciava a strisciare fra tutti noi. La seconda, sempre con mio padre, mia madre e mia sorella, è stata il regno del terrore. Mio padre è andato completamente fuori di testa. Scappate, la terza casa è stata per un poco quella di mia zia, la quarta dopo un paio di mesi quella di mia nonna. Quasi peggio che stare con mio padre. Tutte ammucchiate a dormire nella stessa stanza. Mi sentivo soffocare. La quinta, finalmente noi tre da sole. Giorni di battaglie, liceo, gente gente gente gente. Anche troppa. La sesta casa, non ci ho mai abitato. L'ho comprata, però. Era strana e bella, in un quartiere popolarissimo. Mi dovevo sposare. Peccato che il mio fidanzato se la sia fatta nelle mutande. L'ho venduta. E alla fine sono andata via, da sola. Come settima casa ho affittato da mia madre e i suoi fratelli la casa di mia nonna, senza mia nonna dentro. Non male, avevo amici e ancora un fidanzato, anche se moriva di paura che io fossi indipendente e sola. E alla fine l'ho cacciato. E ho comprato una casa, l'ottava, finalmente la mia. E ci sto ancora.
RispondiElimina<3
EliminaQuesto tuo spaccato di vita è molto intenso...alcuni particolari li ricordavo perché ti seguo già da un po' ma, leggerli così tutti di filato, in maniera cronologica, mi ha colpita e commossa molto...sapevo che avevi affrontato delle difficoltà, non lo hai mai nascosto ed è per questo motivo che ti leggo da tanto e con trasporto! Un abbraccio...magari ti incontro nuovamente alla musica nelle aie
RispondiEliminaNon so se andrò a musica nelle aie quest'anno, l'anno scorso sono rimasta un po' delusa. La festa è sempre piacevole, ma l'impressione è sempre stata che molti dei residenti non siano entusiasti della folla presso le loro eleganti residenze di campagna. L'anno scorso cacciavano chi faceva il pic nic, comprese me e le mie amiche, e credimi, siamo tutte persone abituate a stare nella natura, al fiume, eccetera, e non siamo certo quelli che lasciano rifiuti in giro o fanno un casino bestiale. Purtroppo arrivare da rimini dopo pranzo significa non trovare certamente parcheggio, e quindi può darsi che rinuncio e vado in qualche posto più accogliente :D
EliminaHai ragione...è la stessa sensazione che ho avuto io ma alle bimbe piace troppo saltare sulle balle di fieno e a me piace troppo vedere chi balla la pizzica sulle note sfrenate della musica...:-)
RispondiEliminaAnche io da piccola ho cambiato 9 case, in 9 paesi diversi... amici sempre nuovi... per questo motivo ho deciso che non cambierò più casa, per non sradicare mio figlio...
RispondiEliminaMadonna quanto scrivi bene.
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