È stato un po' un deja-vu: io sola su un Frecciarossa una sera d'inverno, mi sento sensibile e ricettiva, come se avessi delle grosse vibrisse sotto al naso, ho un libro forte con me, che sono pronta ad ascoltare, e infatti non leggo di filata, presa, ma mi fermo spesso e penso.
Quella volta il libro era "I have a dream" di Martin Luther King, la fermata era Faenza, il mese era dicembre, e sapevo che avrei cambiato tutto, dal giorno dopo, o forse da quel giorno stesso.
Ieri il libro era "L'ultima tentazione di Cristo" di Kazantzakis, la fermata Rimini, i miei capelli più corti, e quando interrompevo la lettura per pensare, la ragazza di fronte a me chiacchierava. A volte mi capita - mi stupisco sempre - che, quando taccio o non partecipo, le persone si rivolgono a me, e se continuo a nicchiare, domandano esplicitamente. Non sono invisibile neanche quando faccio finta di non esserci: curioso, no? Non è sempre andata così, ma questo è un altro discorso.
Dicevo, leggo di Cristo.
Cristo, l'uomo.
Cristo, il rivoluzionario.
Ma qui è Cristo il mistico.
Sono in treno, piove forte e ho lasciato l'ombrello a Milano, sono disconnessa da tutto il giorno perché ho lasciato il telefono a casa (amo la mia famiglia, che quando non ci sono se la cava senza di me), e sono pronta a ricevere quello che arriva.
Stamattina mi sveglio ancora piena di quel ricevere: di quel libro intenso, di quella ragazza con quella vibrazione positiva attorno, delle persone con cui ho chiacchierato il giorno prima di cose interessanti nella veranda di un bel ristorante, e, davvero, non sembrava si stesse parlando per far vedere quanto si era brillanti, si stavano proprio dicendo cose.
Così, dicevo, mi sveglio e mi accorgo che finalmente è finito il ciclo di distruzione e che posso ricominciare a costruire.
Mi prendo cura della mia casa, ogni tanto faccio un giro, apro le porte chiuse e sbircio le stanze, arredate semplicemente e piene di luce, per vedere se sono ancora lì; mi prendo cura della mia burocrazia, che è brutta quanto necessaria, e anche se per due anni riempi di fogli una scatola, arriva il momento che devi sistemarla, e prendere atto che sì, vivi lì, e non è detto che sia tutto precario come avevi pensato.
Le ragazze tornano da scuola, mi riempiono la testa di parole e di canzoni e di richieste e di notizie e di cori, perdo la concentrazione, perdo le vibrisse, e sono di nuovo in preda agli eventi.
Quella volta il libro era "I have a dream" di Martin Luther King, la fermata era Faenza, il mese era dicembre, e sapevo che avrei cambiato tutto, dal giorno dopo, o forse da quel giorno stesso.
Ieri il libro era "L'ultima tentazione di Cristo" di Kazantzakis, la fermata Rimini, i miei capelli più corti, e quando interrompevo la lettura per pensare, la ragazza di fronte a me chiacchierava. A volte mi capita - mi stupisco sempre - che, quando taccio o non partecipo, le persone si rivolgono a me, e se continuo a nicchiare, domandano esplicitamente. Non sono invisibile neanche quando faccio finta di non esserci: curioso, no? Non è sempre andata così, ma questo è un altro discorso.
Dicevo, leggo di Cristo.
Cristo, l'uomo.
Cristo, il rivoluzionario.
Ma qui è Cristo il mistico.
Sono in treno, piove forte e ho lasciato l'ombrello a Milano, sono disconnessa da tutto il giorno perché ho lasciato il telefono a casa (amo la mia famiglia, che quando non ci sono se la cava senza di me), e sono pronta a ricevere quello che arriva.
Stamattina mi sveglio ancora piena di quel ricevere: di quel libro intenso, di quella ragazza con quella vibrazione positiva attorno, delle persone con cui ho chiacchierato il giorno prima di cose interessanti nella veranda di un bel ristorante, e, davvero, non sembrava si stesse parlando per far vedere quanto si era brillanti, si stavano proprio dicendo cose.
Così, dicevo, mi sveglio e mi accorgo che finalmente è finito il ciclo di distruzione e che posso ricominciare a costruire.
Mi prendo cura della mia casa, ogni tanto faccio un giro, apro le porte chiuse e sbircio le stanze, arredate semplicemente e piene di luce, per vedere se sono ancora lì; mi prendo cura della mia burocrazia, che è brutta quanto necessaria, e anche se per due anni riempi di fogli una scatola, arriva il momento che devi sistemarla, e prendere atto che sì, vivi lì, e non è detto che sia tutto precario come avevi pensato.
Le ragazze tornano da scuola, mi riempiono la testa di parole e di canzoni e di richieste e di notizie e di cori, perdo la concentrazione, perdo le vibrisse, e sono di nuovo in preda agli eventi.
...E quindi hai chiesto alla ragazza seduta di fronte di farti una foto?
RispondiEliminaAvrà pensato che non hai mai letto un libro e volevi fare la figa con qualcuno! XD
Nu, avevo lasciato il telefono a casa e non sono così poser da chiedere una foto :P
EliminaAll'andata non ero sola e mi è stata scattata la foto senza che lo chiedessi, ecco il segreto :D
Hai un'ottimo utilizzo della punteggiatura, rispetta il ritmo del racconto, mi piacerebbe imparare.
RispondiEliminaTu dove hai appreso?
Ciao enrica
Grazie, mi hai fatto un bellissimo complimento. Quando scrivo qui non uso nessuna tecnica di scrittura, solo l'orecchio. Provo a trasferire il ritmo che sento dentro. So di abusare delle virgole, mi pare abbiano un effetto "culla". :)
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