Ho 33 anni e le persone, alla mia età, normalmente acquisiscono alcune consapevolezze sulla vita, per esempio che non è eterna e che forse, se non si è ancora fatta carriera, bisogna sbrigarsi, e che forse, se non si sa ancora cosa si vuole fare da grandi, bisogna pensarci, e che forse si è passato troppo tempo a soffrire per cose inutili, ad avere paura di cose che non erano davvero spaventose, e che forse si sono passate troppe domeniche mattine in hangover anziché sulla spiaggia a correre, d'inverno, o a nuotare, d'estate. Spesso i miei coetanei, cominciano a cercare i figli. Spesso hanno un lavoro, magari stanno comprando casa con qualcuno con cui pensano staranno per sempre, magari lo hanno sposato, quel qualcuno. A volte, dopo aver creduto per qualche anno di essere liberi, riscoprono un confortevole conformismo.
Io a 33 anni ho convissuto, mi sono lasciata, ho stracciato almeno un paio di contratti a tempo indeterminato, ho comprato una casa che spero di vendere, e dopo essere andata a vivere da sola a 22 anni ho invitato mia madre a vivere con me 5 giorni su 7, né per motivi di salute - sua, né per mancanza di soldi - mia. Non mi sono mai convertita al conformismo, anzi, sono diventata sempre più fedele a me stessa, anche se questo a volte sfocia nell'essere un po' punk; e infine, ho tre figlie quasi adolescenti.
Avere a che fare con degli adolescenti, in questo momento della mia vita, è una sfida.
Da un lato ho un po' mollato la presa, da quando le bimbe - le ragazze - stanno diventando autonome. Mollare la presa non significa che le lascio a casa da sole: significa che se c'è per esempio una serata a teatro che penso non gradirebbero, ventilo l'ipotesi di andare senza di loro (poi non lo faccio, ma cercate di capire il senso di libertà). Oppure significa che mi sono ripresa degli spazi tutti miei, che non coincidono con i loro desideri e le loro esigenze, e che oltre a una vacanza adatta a loro a settembre, sto progettando una vacanza senza di loro.
Però il mollare la presa è quasi un atteggiamento di facciata; è solo uno spiraglio concesso a me e a loro, che ci amiamo ma che riconosciamo di far parte di una famiglia grossa e ingombrante, in una casa che tutti sentono come casa loro, e ogni tanto torno dal lavoro e trovo mio fratello che attacca un quadro, il Donatore che ha cucinato il pesce, mia madre che accumula soprammobili che fanno sembrare la mia cucina la fiera dell'est.
E dunque dicevo, no, non posso e non devo mollare. Perché loro vanno per la loro strada ma si voltano spesso a vedere se ci sono. E io non posso permettermi di essere altrove, a fare quello che a vent'anni non facevo perché cambiavo pannolini. Io devo e voglio essere lì.
Però sono confusa, delle volte.
Tipo ad esempio quando vado a prendere Carolina da danza, sempre in ritardo, e corro per le scale a spirale, con i muri dipinti di rosa, e ascolto i miei tacchi sul pavimento, e penso che mi verrà incontro con la cipolla in testa, lei, che è la copia di me ma bionda e più bella, con la stessa forma del viso e lo stesso naso, e le stesse braccia esili e lo stesso culo rotondo; e mi dico, forse avrei potuto ballare anche io, così esile, ma nessuno mi ha mai consigliato di farlo, nessuno mi ha mai detto che avevo talento per qualcosa, nessuno mi ha mai spinto a coltivare qualche passione, perché era già un impegno grosso, per mia madre, quello di darmi da mangiare ogni giorno, però in effetti ricordo che erano tutti convinti - mia madre, i miei nonni, i miei zii - che, anche senza il loro sostegno, sarei andata avanti, nella vita, perché ero e sono davvero stronza.
Oppure prego paziente che l'insegnante di coro scopra quanto cantano bene Camilla e Lucia, e quando poi finalmente lo scopre, e le porta in giro per le classi a cantare Volare, io impazzisco di orgoglio, anche se poi quando cantiamo in macchina mi accorgo che sono io, la voce stonata, nel nostro piccolo coro domestico, io, che solo fino a ieri davo il la e Volare, a casa nostra, si cantava in francese, la versione di Dalida.
Oppure a volte le vedo che piangono, come delle piccole Giacomo Leopardi, per cose per cui io non piangerei più come "sono brutta", oppure "non riesco a fare i compiti di matematica", oppure "non esco con Lucia e le sue amiche perché anche se mi hanno invitato sono certa che non mi vogliono". E io, che ho smesso l'altro giorno - o forse non ancora - di farmi le menate, vorrei minimizzare, vorrei che mi credessero quando dico che il parere altrui non è poi così importante, e vorrei dire che io invece le trovo belle e sono così orgogliosa di loro, ma so che non serve a niente, so che sembrerei mia madre, so che l'adolescenza non si supera per interposta persona, e che gli errori si fanno e si rifanno, nei secoli dei secoli, ottusamente e ripetutamente, come il nastro graffiato di una musicassetta.
Così mi siedo, aspetto che passi e faccio finta di non aver imparato niente.
Io a 33 anni ho convissuto, mi sono lasciata, ho stracciato almeno un paio di contratti a tempo indeterminato, ho comprato una casa che spero di vendere, e dopo essere andata a vivere da sola a 22 anni ho invitato mia madre a vivere con me 5 giorni su 7, né per motivi di salute - sua, né per mancanza di soldi - mia. Non mi sono mai convertita al conformismo, anzi, sono diventata sempre più fedele a me stessa, anche se questo a volte sfocia nell'essere un po' punk; e infine, ho tre figlie quasi adolescenti.
Avere a che fare con degli adolescenti, in questo momento della mia vita, è una sfida.
Da un lato ho un po' mollato la presa, da quando le bimbe - le ragazze - stanno diventando autonome. Mollare la presa non significa che le lascio a casa da sole: significa che se c'è per esempio una serata a teatro che penso non gradirebbero, ventilo l'ipotesi di andare senza di loro (poi non lo faccio, ma cercate di capire il senso di libertà). Oppure significa che mi sono ripresa degli spazi tutti miei, che non coincidono con i loro desideri e le loro esigenze, e che oltre a una vacanza adatta a loro a settembre, sto progettando una vacanza senza di loro.
Però il mollare la presa è quasi un atteggiamento di facciata; è solo uno spiraglio concesso a me e a loro, che ci amiamo ma che riconosciamo di far parte di una famiglia grossa e ingombrante, in una casa che tutti sentono come casa loro, e ogni tanto torno dal lavoro e trovo mio fratello che attacca un quadro, il Donatore che ha cucinato il pesce, mia madre che accumula soprammobili che fanno sembrare la mia cucina la fiera dell'est.
E dunque dicevo, no, non posso e non devo mollare. Perché loro vanno per la loro strada ma si voltano spesso a vedere se ci sono. E io non posso permettermi di essere altrove, a fare quello che a vent'anni non facevo perché cambiavo pannolini. Io devo e voglio essere lì.
Però sono confusa, delle volte.
Tipo ad esempio quando vado a prendere Carolina da danza, sempre in ritardo, e corro per le scale a spirale, con i muri dipinti di rosa, e ascolto i miei tacchi sul pavimento, e penso che mi verrà incontro con la cipolla in testa, lei, che è la copia di me ma bionda e più bella, con la stessa forma del viso e lo stesso naso, e le stesse braccia esili e lo stesso culo rotondo; e mi dico, forse avrei potuto ballare anche io, così esile, ma nessuno mi ha mai consigliato di farlo, nessuno mi ha mai detto che avevo talento per qualcosa, nessuno mi ha mai spinto a coltivare qualche passione, perché era già un impegno grosso, per mia madre, quello di darmi da mangiare ogni giorno, però in effetti ricordo che erano tutti convinti - mia madre, i miei nonni, i miei zii - che, anche senza il loro sostegno, sarei andata avanti, nella vita, perché ero e sono davvero stronza.
Oppure prego paziente che l'insegnante di coro scopra quanto cantano bene Camilla e Lucia, e quando poi finalmente lo scopre, e le porta in giro per le classi a cantare Volare, io impazzisco di orgoglio, anche se poi quando cantiamo in macchina mi accorgo che sono io, la voce stonata, nel nostro piccolo coro domestico, io, che solo fino a ieri davo il la e Volare, a casa nostra, si cantava in francese, la versione di Dalida.
Oppure a volte le vedo che piangono, come delle piccole Giacomo Leopardi, per cose per cui io non piangerei più come "sono brutta", oppure "non riesco a fare i compiti di matematica", oppure "non esco con Lucia e le sue amiche perché anche se mi hanno invitato sono certa che non mi vogliono". E io, che ho smesso l'altro giorno - o forse non ancora - di farmi le menate, vorrei minimizzare, vorrei che mi credessero quando dico che il parere altrui non è poi così importante, e vorrei dire che io invece le trovo belle e sono così orgogliosa di loro, ma so che non serve a niente, so che sembrerei mia madre, so che l'adolescenza non si supera per interposta persona, e che gli errori si fanno e si rifanno, nei secoli dei secoli, ottusamente e ripetutamente, come il nastro graffiato di una musicassetta.
Così mi siedo, aspetto che passi e faccio finta di non aver imparato niente.
si e no. Non ti arrendere in anticipo, continua a dir loro che sono bellissime, che ce la faranno e che è un periodo. Certo sembri tua madre. certo, non ti danno retta. Ma quel basso continuo assolutamente convinto ha un suo perché.
RispondiEliminaIn effetti ora che mi ricordo, avevo questa amica la cui mamma le diceva spesso che era bella, e lei aveva una sicurezza in sé che mi colpiva, a me non lo dicevano quasi mai.
EliminaSai che c'è un detto in spagnolo che fa così: "no tienes abuela". (Non hai la nonna).
EliminaE si dice di una persona che è solita farsi complimenti da sola ("come sono brava, come sono bella etc"). L'ho sempre trovato molto tenero pensare che la funzione delle nonne sia quella di dirci quanto siamo belle e brave. E anche se sappiamo che ce lo dicono solo perché siamo le nipotine, ci fa sentire bene. E magari ci fa anche crescere meglio. Chissà!
Tu sei una persona fantastica. Le tue figlie sono fortunate ad avere una mamma che ancora si ricorda com'è avere undici, dodici, tredici anni.
RispondiEliminaLi avevo tipo ieri :D
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RispondiEliminaIn viaggio
Fiorella Mannoia
Domani partirai
Non ti posso accompagnare
Sarai sola nel viaggio
Io non posso venire
Il tempo sarà lungo
E la tua strada incerta
Il calore del mio amore
Sarà la tua coperta
Ho temuto questo giorno
È arrivato così in fretta
E adesso devi andare
E la vita non aspetta
Guardo le mie mani
Ora che siamo sole
Non ho altro da offrirti
Solo le mie parole
Rivendica il diritto ad essere felice
Non dar retta alla gente
Non sa quello che dice
E non aver paura
Ma non ti fidare
Se il gioco è troppo facile
Avrai qualcosa da pagare
Ed io ti penserò in silenzio
Nelle notti d'estate
Nell'ora del tramonto
Quando si oscura il mondo
L'ora muta delle fate
E parlerò al mio cuore, più forte
Perchè tu lo possa sentire
È questo il nostro accordo
Prima di partire
Prima di partire
Domani non ti voltare
Ama la tua terra
Non la tradire
Non badare alle offese
Lasciali dire
Ricorda che l'umiltà
Apre tutte le porte
E che la conoscenza
Ti renderà più forte
Lo sai che l'onestà
Non è un concetto vecchio
Non vergognarti mai
Quando ti guardi nello specchio
Non invocare aiuto nelle notti di tempesta
E non ti sottomettere, tieni alta la testa
Ama la tua terra
Ama, non la tradire
Non frenare l'allegria
Non tenerla tra le dita
Ricorda che l'ironia ti salverà la vita
Ti salverà
Ed io ti penserò in silenzio
Nelle notti d'estate
Nell'ora del tramonto
Quella muta delle fate
E parlerò al mio cuore
Perchè, domani partirai
In silenzio
Ma in una notte d'estate
Io ti verrò a cercare
Io ti verrò a parlare
E griderò al mio cuore
Perché tu lo possa sentire
Sì, lo possa sentire
Tu lo possa sentirte
Ehi, grazie, bellissime parole. Ma le canta solo la Mannoia o posso trovare un'altra interpretazione? Scherzo, grazie mille
EliminaChe ragazzine fortunate ;)
RispondiEliminaAhah, loro non lo direbbero. Stanno cominciando a parlare di questi fantomatici genitori "normali" che hanno gli altri.
Eliminaeh lo impareranno anche loro che da vicino nessuno è normale...
EliminaNon servirà a niente dir loro che sono bellissime, ma tu diglielo, perché non è una pietosa bugia e male non fa.
RispondiEliminaMi sa che entra da un orecchio e esce dall'altro, ma ci provo :)
EliminaIo a 33 anni ho partorito il mio primo figlio e non avevo la tua maturitá e consapevolezza.
RispondiEliminaComplimenti e goditi il calore della casa che tutti sentono propria, non é cosa da poco......
Bè, se le avessi fatte a 33 anni sarei diversa anche io :)
EliminaNon so...io sono diventata madre alla veneranda età di anni 42...la maternità ha riportato a galla tutta la mia infanzia,ricordi che credevo sopiti,una depressione ed un senso di inadeguatezza infiniti...ora va meglio,eppure amo infinitamente la mia bimba e non tornerei mai alla vita di prima. Forse sono andata fuori tema,scusatemi.
EliminaMa quello è successo anche a me e a molti altri genitori :)
EliminaScusa non commento mai ma stavolta non posso non farlo: dì loro che sono bellissime, forse sembra non ti ascoltino ma in realtà sentono benissimo. Anche a me nessuno lo diceva e mi è mancato moltissimo, non solo qualcuno che mi facesse i complimenti, mi sono proprio mancati gli incoraggiamenti.....
RispondiEliminaAnna
Grazie <3
EliminaContinua va dire loro che sono belle che poi è vero, tu lo sai quindi non è una balla.anchecse loro non ci credono.
RispondiEliminaContinua ad essere la mamma che sei. Io ho vissuto tre adolescenze in quattro anni.. pesante, tanto pesante! Ma poi tutto torna! Torna ciò che hai dato loro torna quello che sei, torna ciò che ti diranno di orribile...E poi si trasformerà in parole stupende. Tempo al tempo... L'adolescenza è una vera rottura di palle! Poi passa...
Io ancora sono all'inizio del tunnel e sono già molto provata.
Elimina"Perché loro vanno per la loro strada ma si voltano spesso a vedere se ci sono" Bellissima frase, metafora perfetta di cosa voglia dire essere genitori. E diglielo sempre che sono belle, anche se non ti ascoltano. Non lo si dice mai abbastanza.
RispondiEliminaL'altro giorno Luci mi ha cazziato (e non per scherzare, ci sono anche rimasta male) perché le dico troppo spesso che le voglio bene.
EliminaMia mamma mi diceva sempre che ero bella, troppo spesso però, così io non ci ho mai creduto e mi sono sempre sentita bruttissima
RispondiEliminaE pensare a questa cosa mi sento in colpa perché adesso capisco e so che lei ci credeva e che forse era vero, però non so, forse perché ancora adesso che ha quasi 60anni la più bella è lei, ho sempre pensato che lo dicesse solo perché mi voleva bene.
Una volta ho detto a mia figlia all'epoca di 4 anni che era la più bella del mondo e lei è tornata a casa dalla materna sgridandomi perché a scuola i suoi compagni le avevano detto che non era vero che era la più bella del mondo. Allora adesso aggiungo sempre che per me lo è.
Anche i miei figli mi cazziano quando gli dico che gli voglio bene, perché glielo dico troppo spesso.
A far la mamma come fai, sbagli
Ecco, come fai sbagli :D
EliminaMah! non capisco tutta questa discussione sul dire che sono belle. Io alle mie figlie dicevo e dico che sono brave e che ce la possono fare in quello che decidono di intraprendere, basta che abbiano abbastanza "tigna" e questo è effettivamente successo (adolescenza passata, meno male!). La bellezza può esserci e può non esserci, invece la determinazione personale e l'uso del proprio talento, qualunque esso sia e grande o piccolo non importa (come la parabola evangelica), devono esserci. Buona giornata!
RispondiEliminaCiao!
EliminaSono abbastanza d'accordo con te. Però delle volte, se tu non dici che sono belle perché pensi che essere belle non è importante, loro la prendono come una conferma di essere brutte. E non puoi negare che il resto del mondo considera importante anche essere carini/ carine.
Non voglio essere sarcastico o acido, ma in tutto questo non capisco dove stia il tuo essere anticonformista un po' punk.
RispondiEliminaNon voglio essere sarcastico o acido, ma in tutto questo, dove sarebbe il tuo essere anticonformista e un po punk?
RispondiEliminaIo mi vedo così e ho l'impressione che anche chi mi sta attorno mi veda così (io dico punk, gli altri dicono "un po' autistica"). Tu hai tutto il diritto di immaginarmi diversamente :)
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