Ecco che cosa è successo la scorsa estate alla mia famiglia.
Il tizio da cui avevo affittato casa all’inizio sembrava solo un rompicoglioni.
La casa per noi andava bene: era grandina, molto vicina al mare, e, anche se era vecchia e arredata male, ritenevo di poter accettare questo compromesso a fronte di un costo abbastanza contenuto e soprattutto di una situazione bifamiliare. Insomma, ero spaventata che le bimbe passassero da una casa indipendente e di nostra proprietà a un condominio in città, ma il condominio era tutto ciò che potevo permettermi, dunque quando ho visto una bifamiliare, ho pensato che era quella giusta.
Anche se non sono bambine maleducate, sono comunque tre, e niente, si sentono. In questa nuova casa, saremmo state noi al primo piano, e i proprietari al piano terra.
Tuttavia loro vivono nell’hinterland milanese e saremmo stati vicini di casa solo per tre mesi all’anno.
Quando ho portato le bimbe a vedere la casa, erano molto contente.
Avevo già firmato il contratto e versato la caparra che lui mi è saltato fuori con “una robetta, un pro forma”. Era un regolamento “condominiale” che ci vietava di ballare, cantare, suonare, invitare amici a dormire.
Sono rimasta paralizzata ma che facevo, fermavo tutto alle porte del trasloco? Ho pensato alla cosa più razionale: semplicemente non poteva farlo. Quella era carta straccia.
Ma l’angoscia cominciava a farsi strada dentro di me, quando le mie amiche mi dicevano che sarebbero venute a trovarmi non ci dormivo, mi eclissavo.
Appena ci siamo trasferite, ho cercato di andare incontro alle sue continue chiamate (sempre seguite da sms e messaggi whatsapp) con rimproveri su tutto: l’annaffiamento delle piante troppo copioso, l’obbligo di condurre a mano le biciclette dal cancello al posto che ci aveva riservato per parcheggiarle, il divieto per le bimbe di sostare nell’area comune dove passavamo per entrare in casa. Il comportamento che questa persona teneva nei miei confronti era più o meno quello che teneva con la figlia, stranamente mia coetanea, divorziata con un figlio e mia omonima: quello di padre padrone, nonostante l’aria da impiegato dimesso e cordiale che invece teneva con gli altri vicini, mio fratello, i pochissimi ospiti che mi sono permessa di invitare.
Pretendeva che prendessi subito la residenza, pretendeva di accompagnarmi all’anagrafe, pretendeva fosse presente anche il padre delle mie bimbe. E ho detto di no, contravvenendo per la prima volta a una sua regola.
E fin qui, mi pareva quasi normale.
Poi a un certo punto lui e la moglie hanno esagerato. Dopo aver sgridato le mie figlie perché giocavano in strada con gli altri bambini, mi hanno chiamato dicendo che ciò era incivile, che i bambini disturbano e che mia madre teneva le bambine troppo chiuse in casa, che avrebbe dovuto portarle a sfogarsi in spiaggia, visto che neanche abbiamo la televisione.
A quel punto gli ho spiegato che intendevo andargli incontro per conservare la tranquillità della mia famiglia, e che avrei chiesto alle bambine di non giocare neanche per strada, ma che non avevo intenzione di condividere con lui le mie scelte educative, e che quindi lo pregavo, nei rapporti con me, di attenersi a quanto previsto dalla legge e di smettere di chiamare e appostarsi sotto casa in attesa che passassi per rimproverarmi.
Di lì è cominciata un’escalation di cattiverie alle quali abbiamo cercato di non reagire: istallazione di telecamere e di catene per delimitare il nostro passaggio, una sbarra sull’unica finestra comune che mi ero permessa di tenere aperta.
Alla fine gli ho detto che avremmo cercato una nuova casa, e il Donatore s’è offerto di mediare: d’ora in poi il proprietario di casa non doveva più chiamarmi. Il Donatore pensava che io stessi esagerando, che ho una soglia di sopportazione troppo bassa.
Le cattiverie non sono terminate neanche a questo punto. Il proprietario, forse ferito dalla mia totale chiusura, ci ha chiesto di andarcene al più presto, ha cominciato a massacrare il mio ex di messaggi con annunci di appartamenti in affitto, a tenerlo al telefono ore, chiamando comunque me se lui non rispondeva. Gli ha comunicato che io avevo invitato un altro a casa (che era il marito della mia migliore amica, con la mia migliore amica), e che mia madre teneva le bimbe chiuse in casa.
È finito per andare fisicamente nelle agenzie immobiliari a mio nome. Ha incatenato mezzo cancello, apposto cartelli con scritto di chiuderlo accompagnandolo.
Vivevamo tra telecamere, catene e cartelli minatori. Gli altri vicini guardavano sconvolti, ci manifestavano solidarietà.
Sentivo di dover spiegare a tutti che pagavo l’affitto regolarmente e che le bambine erano persone civili, anche se giocavano.
Quando finalmente ce ne siamo andate, ha cercato di impedirmi di chiudere le utenze, e ha provato a chiedermi la corresponsione dell’affitto relativo ai mesi che mancavano per il preavviso di sei. Mi ha scritto che l’ho ferito, accusandolo ingiustamente di vessazioni nei confronti di tutta la mia famiglia.
Le bambine hanno passato un’estate senza poter avere un’amica, né in cortile, né a casa. Hanno passato alcune settimane dal padre. Mia madre viveva nell’angoscia di dovermi giustificare ogni singola giornata passata a casa. Io mi attaccavo al telefono terrorizzata ogni volta che dovevo attraversare quel pezzetto di cemento comune tra il cancello e la porta di casa.
Ora tutto bene, grazie. Me ne sto quasi dimenticando.
Il tizio da cui avevo affittato casa all’inizio sembrava solo un rompicoglioni.
La casa per noi andava bene: era grandina, molto vicina al mare, e, anche se era vecchia e arredata male, ritenevo di poter accettare questo compromesso a fronte di un costo abbastanza contenuto e soprattutto di una situazione bifamiliare. Insomma, ero spaventata che le bimbe passassero da una casa indipendente e di nostra proprietà a un condominio in città, ma il condominio era tutto ciò che potevo permettermi, dunque quando ho visto una bifamiliare, ho pensato che era quella giusta.
Anche se non sono bambine maleducate, sono comunque tre, e niente, si sentono. In questa nuova casa, saremmo state noi al primo piano, e i proprietari al piano terra.
Tuttavia loro vivono nell’hinterland milanese e saremmo stati vicini di casa solo per tre mesi all’anno.
Quando ho portato le bimbe a vedere la casa, erano molto contente.
Avevo già firmato il contratto e versato la caparra che lui mi è saltato fuori con “una robetta, un pro forma”. Era un regolamento “condominiale” che ci vietava di ballare, cantare, suonare, invitare amici a dormire.
Sono rimasta paralizzata ma che facevo, fermavo tutto alle porte del trasloco? Ho pensato alla cosa più razionale: semplicemente non poteva farlo. Quella era carta straccia.
Ma l’angoscia cominciava a farsi strada dentro di me, quando le mie amiche mi dicevano che sarebbero venute a trovarmi non ci dormivo, mi eclissavo.
Appena ci siamo trasferite, ho cercato di andare incontro alle sue continue chiamate (sempre seguite da sms e messaggi whatsapp) con rimproveri su tutto: l’annaffiamento delle piante troppo copioso, l’obbligo di condurre a mano le biciclette dal cancello al posto che ci aveva riservato per parcheggiarle, il divieto per le bimbe di sostare nell’area comune dove passavamo per entrare in casa. Il comportamento che questa persona teneva nei miei confronti era più o meno quello che teneva con la figlia, stranamente mia coetanea, divorziata con un figlio e mia omonima: quello di padre padrone, nonostante l’aria da impiegato dimesso e cordiale che invece teneva con gli altri vicini, mio fratello, i pochissimi ospiti che mi sono permessa di invitare.
Pretendeva che prendessi subito la residenza, pretendeva di accompagnarmi all’anagrafe, pretendeva fosse presente anche il padre delle mie bimbe. E ho detto di no, contravvenendo per la prima volta a una sua regola.
E fin qui, mi pareva quasi normale.
Poi a un certo punto lui e la moglie hanno esagerato. Dopo aver sgridato le mie figlie perché giocavano in strada con gli altri bambini, mi hanno chiamato dicendo che ciò era incivile, che i bambini disturbano e che mia madre teneva le bambine troppo chiuse in casa, che avrebbe dovuto portarle a sfogarsi in spiaggia, visto che neanche abbiamo la televisione.
A quel punto gli ho spiegato che intendevo andargli incontro per conservare la tranquillità della mia famiglia, e che avrei chiesto alle bambine di non giocare neanche per strada, ma che non avevo intenzione di condividere con lui le mie scelte educative, e che quindi lo pregavo, nei rapporti con me, di attenersi a quanto previsto dalla legge e di smettere di chiamare e appostarsi sotto casa in attesa che passassi per rimproverarmi.
Di lì è cominciata un’escalation di cattiverie alle quali abbiamo cercato di non reagire: istallazione di telecamere e di catene per delimitare il nostro passaggio, una sbarra sull’unica finestra comune che mi ero permessa di tenere aperta.
Alla fine gli ho detto che avremmo cercato una nuova casa, e il Donatore s’è offerto di mediare: d’ora in poi il proprietario di casa non doveva più chiamarmi. Il Donatore pensava che io stessi esagerando, che ho una soglia di sopportazione troppo bassa.
Le cattiverie non sono terminate neanche a questo punto. Il proprietario, forse ferito dalla mia totale chiusura, ci ha chiesto di andarcene al più presto, ha cominciato a massacrare il mio ex di messaggi con annunci di appartamenti in affitto, a tenerlo al telefono ore, chiamando comunque me se lui non rispondeva. Gli ha comunicato che io avevo invitato un altro a casa (che era il marito della mia migliore amica, con la mia migliore amica), e che mia madre teneva le bimbe chiuse in casa.
È finito per andare fisicamente nelle agenzie immobiliari a mio nome. Ha incatenato mezzo cancello, apposto cartelli con scritto di chiuderlo accompagnandolo.
Vivevamo tra telecamere, catene e cartelli minatori. Gli altri vicini guardavano sconvolti, ci manifestavano solidarietà.
Sentivo di dover spiegare a tutti che pagavo l’affitto regolarmente e che le bambine erano persone civili, anche se giocavano.
Quando finalmente ce ne siamo andate, ha cercato di impedirmi di chiudere le utenze, e ha provato a chiedermi la corresponsione dell’affitto relativo ai mesi che mancavano per il preavviso di sei. Mi ha scritto che l’ho ferito, accusandolo ingiustamente di vessazioni nei confronti di tutta la mia famiglia.
Le bambine hanno passato un’estate senza poter avere un’amica, né in cortile, né a casa. Hanno passato alcune settimane dal padre. Mia madre viveva nell’angoscia di dovermi giustificare ogni singola giornata passata a casa. Io mi attaccavo al telefono terrorizzata ogni volta che dovevo attraversare quel pezzetto di cemento comune tra il cancello e la porta di casa.
Ora tutto bene, grazie. Me ne sto quasi dimenticando.
Ma sempre a te capitano certi personaggi? comunque menomale che tutto si è risolto in meglio ;)
RispondiEliminaTutto questo non è normale. Io sono senza parole.
RispondiEliminaÈ successo anche a me di affittare casa da degli stalker o meglio: lo stalker era il compagno della padrona di casa che nulla in teoria aveva a che vedere con noi. Abbiamo denunciato, ne è seguita una battaglia legale. Per me è stato massacrante.
RispondiEliminaContemporaneamente alla battaglia legale (avevamo cmq, a quel punto, casa nostra nuova di zecca), io mi ero dovuta trasferire a Milano per lavoro per un periodo: i padroni di casa entravano e si portavano via di tutto, compresa la mia roba. È stato tremendo. Per evitare l' agonia della battaglia legale, sono semplicemente andata via. Che mondo di merda.
andata via pure io evitando qualunque ritorsione. La gente è matta.
EliminaRagazzi che incubo...!
RispondiEliminaRagazzi che incubo...!
RispondiEliminaMi è venuta un'angoscia pazzesca, mi dispiace tantissimo per quello che hai subito.
RispondiEliminapassata :)
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RispondiEliminaSpiace essere così drastico perchè, si sa, nella vita bisogna trovare la via di mezzo e "cerchiamo di volerci tutti bene" e cose così ma, cristo, c'è gente che se disgraziatamente venisse a mancare, ci sarebbe solo da brindare e ballare fino al mattino.
Spiace ma credo anche io :)
Elimina(anche se a dirti la verità sono incapace di portare rancore)
Ah beh io nemmeno, in un paio ore passo da desiderare fortemente la morte di qualcuno al sentirmi terribilmente in colpa per aver desiderato fortemente la morte di qualcuno.
EliminaNel condominio di solito uno che rompe le palle lo trovi sempre ma almeno sei in buona compagnia per contrastarlo.
RispondiEliminama infatti. Poi il mio condominio è tutto dello stesso proprietario, è come essere in azienda :D
EliminaMi è venuta l'ansia solo a leggere tutto ciò!
RispondiEliminaImmagino cosa possa aver provato tu!
Ho scoperto da poco questo blog 🤔
RispondiEliminaVivo in un condominio a Roma da circa 10 anni, con un bel giardino. Ho due figli. Nel nostro condominio c'è un regolamento, vari cartelli in giardino, no all'uso del pallone, accompagnare le bici,chiudere il cancello con garbo. Nessuno di noi ha mai pensato che il nostro amministratore sia uno stalker, le regole servono per una buona convivenza, i cartelli solitamente x i poco educati . Adesso che vivi in un condominio avrete altre regole.
Sì certo. Siamo una dozzina di famiglie e ci dobbiamo contendere 6 parcheggi. Mai un cartello, mai un dispetto, saluti cortesi, mai un lamento.E del resto i primi 10 anni delle bambine li abbiamo passati certo, in una casa di mia proprietà, ma con cortile e parcheggio condiviso. Mai litigato con nessuno. So distinguere uno spaccacoglioni da un malato di mente e quello era un malato di mente.
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