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Il Cardellino, Donna Tartt

Il Cardellino me l'ha regalato la Michi un annetto fa ed ero sia curiosa (perché sapete che mi piacciono sempre i Pulitzer) ma anche un po' snob, per via del fatto che pareva l'avessero letto tutti. Sì, lo so lo so che sono antipatica, mi sto sulle scatole da sola quando snobbo gli autori mainstream. Voglio dire. Mina è mainstream, i Queen sono mainstream, il gatto è mainstream, Garcia Marquez è mainstream, eppure.
Insomma, ci ho messo mesi prima di aprirlo. Poi mi ha chiamato, e ho divorato 900 pagine in una ventina di giorni. E, vi assicuro, non era affatto mainstream.



Potrebbe essere riassunto in una sola riga.
Il chiodo su cui il tuo destino tende a impigliarsi e strapparsi. 
Ma anche questa:
Se il tuo io più profondo ti conduce cantando dritto verso il fuoco, devi voltargli le spalle? 
900 pagine sull'auto-distruzione.
Per gli auto-lesionisti ho sempre avuto una sorta di  paura mista ad attrazione colpevole, forse perché mi ricordano mio padre, forse perché dal mio fortissimo senso di auto-conservazione a volte trapela qualche forma di piacere doloroso, come quando mi strappo i capelli. A volte da piccola facevo gesti come tapparmi il naso per vedere se sarei stata così coraggiosa da morire (invece no) oppure rifiutarmi di andare in bagno finché mia madre non mi portava all'ospedale.
Però è sempre stato molto più forte l'istinto a emergere molto prima di annegare, a non cacciarmi troppo nei guai, a non sfidare quella bava sottile a cui siamo appesi, nonostante la malinconia continui a descrivermi e a ispirarmi anche ora che le ferite sono curate.

Il protagonista di questo romanzo, Theo (a proposito, non ho mai capito come una scrittrice possa avere un protagonista maschio e come uno scrittore possa avere una protagonista femmina), è, se vogliamo dirla freddamente, vittima di un post traumatic disorder, in seguito alla morte della madre durante un attentato terroristico.
La verità è che Theo è solo, dall'inizio alla fine del romanzo. Le poche persone amiche, non sono davvero in grado, né tentano, di aiutarlo a controllare i suoi forti impulsi auto-distruttivi, celati da camicie più o meno pulite e occhiali da nerd che nascondono le pupille ridotte alla punta di uno spillo a chi non vuol vederle.
Ma Theo ha con sé, avvolta in un imballaggio precario, tutta la bellezza del mondo: Il Cardellino, che forse è l'unica cosa che dà senso a questa fragile vita. Peccato che sia un capolavoro rubato, ricercato dalla polizia.

La scrittura è facile, narrativa: Donna Tartt è un'autrice statunitense. In tutta la narrativa statunitense che ho letto negli ultimi cinque o sei anni, non ho mai trovato (ma non sono un' esperta) romanzi dove lo stile predominasse sulla narrazione. Un bene, un male, non so. Per i lettori è certamente un bene; per i feticisti della parola, come me, ogni tanto si rende necessaria una pausa-Saramago o Virginia Woolf. Però no, lo stile non lo definisco elegante. No, aspettate, ho notato un particolare elegante. Molti discorsi diretti sono interrotti con una descrizione della scena subito dopo un "ma", specie se a pronunciarli è Boris, personaggio affascinante e amico Vero, quanto tipo da cui io starei alla larga, e di certo mi innamorerei.
Ho letto in giro recensioni non del tutto soddisfatte. Ho letto che il romanzo era lento, ma a me non è parso affatto, per quello che può essere veloce un romanzo di 900 pagine.
Ho letto che la storia non cominciava mai, quando invece comincia dalla prima pagina. Ho letto che le ultime 200 pagine erano troppo thriller rispetto alla delicatezza delle prime 700 pagine. A mio parere false entrambe le cose. Il romanzo è completamente, sottilmente, impercettibilmente violento.
Trovo che la storia sia costruita bene, anche se in modo non scontato. Trovo che la parte più bella sia il finale, bello e triste, malinconico ma senza lasciare l'amaro in bocca.
Mi sono sentita profondamente colpita dall'ammissione che il "sii te stesso" che tutti millantano, vale anche se si è diversi, malvagi, o si è finiti attori di un thriller e non di una tranquilla commedia. E che il male non ha necessariamente conseguenze negative, come il bene non ha necessariamente conseguenze positive.
Questa è la vita, l'unica che abbiamo. E nelle 900 pagine del Cardellino, non c'è un'interlinea di spazio per insinuare biasimo o giudizio.
Questo romanzo è stato pubblicato nel 2013, e l'autrice, nel 2014, ha ottenuto il premio Pulitzer.
L'edizione italiana è Rizzoli, il traduttore Mirko Zilahi de’ Gyurgyokai.

"...mi sento diverso, sono diverso, e c'è un certo torpido piacere nell'entrare e uscire da questa forma di coscienza collettiva, mentre sonnecchio su sedie di plastica o mi aggiro per i corridoi scintillanti del duty free"

Commenti

  1. Non mi piace lasciare i miei link nei post altrui ma visto che questo romanzo l'ho vissuto intensamente ti lascio anche la mi opinione.
    http://www.lacasadialchemilla.com/2015/12/il-cardellino-di-donna-tartt-alcuni.html

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  2. Letto. In effetti avevo notato che Theo era un bambino piuttosto intellettuale, ma non avevo notato che ragionasse come una donna adulta, hai ragione.
    Las Vegas è stata pesante anche per me. :(
    Mentre le descrizioni di lui che si faceva non mi hanno fatto male come in altri romanzi. Non ho potuto non capirlo e non volergli bene. Mi rendo conto in questo momento di quanto Theo fosse quel cardellino. Legato, annaspante, solo, ma sempre con un fondo di dignità.
    Bella recensione!
    Polly

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  3. È vero il cardellino è Theo. Chissà come sta ora... :)

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  4. Donna Tartt è poco mainstream in quanto scrive un libro ogni 10 anni. C'è anche Il piccolo amico e Dio di illusioni, io lo sto rileggendo ora dopo 20 anni (ne ho parecchi più di te!). Il cardellino è un libro forte e/ma bellissimo, vero? Un caro ciao, Paola

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    1. Basta, devo leggere dio di illusioni, mi avete convinta :D

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  5. ahahah anche i miei personaggi sono sempre maschi... ;.)
    Lo leggerò. Perché lei -in foto- è esageratamente intrigante.
    Grazie della dritta.

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    1. Invece lei non m'ispira più di tanto, troppo pallida, troppo dark, la bocca troppo sottile.
      Ma il libro, ah, ti piacerebbe.

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  6. Dio di illusioni bellissimo, anche se mi è sempre sembrato improbabile che studenti americati imparassero il greco antico così bene da usarlo per comunicare tra loro, ma vabbò

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    1. Invece pensa che ho letto un'intervista alla tartt e la giornalista sosteneva che l'autrice è impagliata con dante e che quando tenta di parlare italiano, parla italiano trecentesco.

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  7. Letto l'anno scorso, in convalescenza. Ho letto anche Dio di illusioni e Il piccolo amico, che reputo il migliore dei tre: davvero un gran bel libro.
    Lei mi piace proprio per il suo stile di scrittura così impersonale, così "distaccato"...

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  8. ... e pensare che avevo l'impressione fosse un'autrice poco conosciuta! invece qui il gruppo delle estimatrici è nutrito: vorrà pure dire qualcosa? Paola

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  9. Oh... l'ho letto e a volte penso a Theo con preoccupazione.
    Io l'ho letto velocemente.
    bello, bello!

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  10. Ho letto i suoi tre libri in meno di tre settimane, c'era un solco invisibile sul percorso casa mia-biblioteca e viceversa. Il mio preferito "il piccolo amico", ma io ho un debole per le atmosfere del sud degli Stati Uniti Angela

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