Alle elementari ero la prima della classe. Prendevo sempre 10, facevo la saputella, e i miei compagni ancora faticano a salutarmi (devono essere un po' dei disagiati eh). Come sapete ero anche una bambina il cui padre stava in comunità e poi nella tomba. Ero una bambina la cui madre spesso faceva due lavori, e la cui nonna era depressa e teneva la casa come se fosse un bagno pubblico. Ero insomma una bambina molto sola, che sognava di essere la figlia della maestra, e faceva di tutto poiché qualcuno le dicesse che era intelligente. Credo che meritassi di essere almeno la più brava della classe.
Le mie insegnanti avrebbero una sessantina d'anni, forse qualcuno in più. Dico avrebbero perché Marta non c'è più. Era una fumatrice accanitissima, fumava anche sulla soglia della classe, tra una moltiplicazione e l'altra. È morta di cancro ai polmoni.
Gli insegnanti di oggi dovrebbero avere una quarantina d'anni o anche meno, insomma, sono un'altra generazione. Ma la logica del bravo contrapposto al somaro mi pare non sia davvero cambiata, nonostante il mondo da parecchio si chieda se con sta storia del successo non siamo stati un po' presi per i fondelli.
Anyway, secondo me gli insegnanti dovrebbero dare meno importanza al concetto di "più bravo della classe": ecco quello che dico alle bimbe quando si arrabbiano con questa ragazzina che le snobba in quanto "più intelligente" e, a detta delle maestre "più grande delle sue figlie che continuano a vivere in questo mondo fantastico e a...giocare".
1) Bravo a scuola non significa intelligente
Essere bravi a scuola non ha nulla a che vedere con l'essere intelligenti o creativi, nè con il "successo", qualunque cosa sia. Il mio elettricista guadagna un paio di volte il mio stipendio. Un art director mi raccontava che da bambino gli era stato fatto capire che disegnare non era una cosa seria: ora è il suo lavoro. Quasi tutti i miei colleghi sono programmatori o tecnici informatici: chissà quante volte sarà stato detto loro di spegnere quel maledetto computer e di andare a studiare. Per me era più facile perché io ho sempre scritto dunque sembrava io mi stessi impegnando nei compiti di italiano, andavo bene. Finché a mia madre, avrò avuto dieci anni, non mi ricordò bruscamente che i miei voti non significavano nulla, che io non sapevo nulla. E che non avevo interessi, oltre allo studio (leggere non era considerato un interesse, e a fare attività come musica o equitazione non mi mandavano perché mancavano i soldi). Questo rifiuto mi fece molto male, ma in fondo aveva ragione. Le mie scelte di lavoro e di studio non le ho mai fatte incoraggiata dalla mia famiglia o dai miei risultati. L'estate dei miei diciassette anni non trovai il solito lavoro da cameriera, e finii per tre mesi in fabbrica: ne soffrii così tanto che mi dissi che dovevo fare un lavoro che mi permettesse di esprimermi, ad ogni costo, e per ottenerlo probabilmente dovevo studiare. Studiare è libertà, essere conformi alle aspettative degli adulti no.
2) Aspettative? No grazie
Un bambino ha diritto di sperimentare le conseguenze delle proprie azioni, le reazioni dei suoi pari a fronte di un certo comportamento, le reazioni degli adulti, che in genere sono i genitori, gli insegnanti o qualcuno che, diciamo, in una scala gerarchica immaginata, gli fa sempre credere di essere sopra di lui (poi vi sgama, attenti). Io credo che ogni persona abbia il diritto anche di sperimentare soluzioni eterodosse, pensiero creativo, strade poco battute. Prendere sempre ad esempio un bambino, in classe, lo carica di aspettative. Gli fa credere che la strada che fortuitamente ha intrapreso, quella di bambino studioso, è l'unica possibile se vuole continuare a meritare la benevolenza degli adulti. Non appena gli capiterà un professore che non lo ha in simpatia (e certo che gli capiterà, probabilmente più di una volta), dovrà gestire la frustrazione senza nessuno strumento di difesa.
3) E i somari?
Non solo gli insegnanti fanno credere ai "bravi" che "riusciranno", ma fanno credere anche ai "meno bravi" che "non riusciranno". Essere bravo a scuola è in realtà solo una delle tante caratteristiche che un bambino può avere. Quando le insegnanti delle mie figlie danno loro i compiti, pare quasi che lo sport e le attività extra-scolastiche potrebbero anche non esistere, o essere tollerate dopo che "si è fatto il proprio dovere". Cioè, attenzione, non dicono queste testuali parole, anzi: in fondo ai compiti scrivono sempre di godersi la famiglia e la natura. Ma i compiti sono sempre così tanti che lasciano poco spazio al resto, e quindi, in pratica, ti mettono di fronte alla scelta compiti/ sport/ tempo libero. Le mamme con i figli che curano poco i compiti vengono periodicamente redarguite, ma nessuna delle maestre delle mie figlie mi ha mai chiesto se Carolina è migliorata nel plié, che linguaggio di programmazione Lucia sta imparando a Coder Dojo, o che cosa legge Camilla. E come non l'hanno chiesto a me, suppongo non l'avranno chiesto loro, facendo implicitamente credere che i libri che legge Camilla alla sera sono meno importanti dei 10 in grammatica della sua compagna di banco. I bambini che hanno l'impressione di non essere abbastanza, ce l'hanno con quelli che vengono sempre citati come esempi, i quali si ritrovano a volte soli. Io alle medie scelsi di avere amiche e non studiai mai più, fino all'università. Con il risultato che sono sempre passata con voti buoni nelle materie umanistiche e mediocri in quelle scientifiche. Delle verifiche di matematica di giugno ricordo soprattutto che prendevo il treno e me ne andavo al mare.
Non so nulla di chimica e fisica, ma il lavoro l'ho, grazie.
Le mie insegnanti avrebbero una sessantina d'anni, forse qualcuno in più. Dico avrebbero perché Marta non c'è più. Era una fumatrice accanitissima, fumava anche sulla soglia della classe, tra una moltiplicazione e l'altra. È morta di cancro ai polmoni.
Gli insegnanti di oggi dovrebbero avere una quarantina d'anni o anche meno, insomma, sono un'altra generazione. Ma la logica del bravo contrapposto al somaro mi pare non sia davvero cambiata, nonostante il mondo da parecchio si chieda se con sta storia del successo non siamo stati un po' presi per i fondelli.
1) Bravo a scuola non significa intelligente
Essere bravi a scuola non ha nulla a che vedere con l'essere intelligenti o creativi, nè con il "successo", qualunque cosa sia. Il mio elettricista guadagna un paio di volte il mio stipendio. Un art director mi raccontava che da bambino gli era stato fatto capire che disegnare non era una cosa seria: ora è il suo lavoro. Quasi tutti i miei colleghi sono programmatori o tecnici informatici: chissà quante volte sarà stato detto loro di spegnere quel maledetto computer e di andare a studiare. Per me era più facile perché io ho sempre scritto dunque sembrava io mi stessi impegnando nei compiti di italiano, andavo bene. Finché a mia madre, avrò avuto dieci anni, non mi ricordò bruscamente che i miei voti non significavano nulla, che io non sapevo nulla. E che non avevo interessi, oltre allo studio (leggere non era considerato un interesse, e a fare attività come musica o equitazione non mi mandavano perché mancavano i soldi). Questo rifiuto mi fece molto male, ma in fondo aveva ragione. Le mie scelte di lavoro e di studio non le ho mai fatte incoraggiata dalla mia famiglia o dai miei risultati. L'estate dei miei diciassette anni non trovai il solito lavoro da cameriera, e finii per tre mesi in fabbrica: ne soffrii così tanto che mi dissi che dovevo fare un lavoro che mi permettesse di esprimermi, ad ogni costo, e per ottenerlo probabilmente dovevo studiare. Studiare è libertà, essere conformi alle aspettative degli adulti no.
2) Aspettative? No grazie
Un bambino ha diritto di sperimentare le conseguenze delle proprie azioni, le reazioni dei suoi pari a fronte di un certo comportamento, le reazioni degli adulti, che in genere sono i genitori, gli insegnanti o qualcuno che, diciamo, in una scala gerarchica immaginata, gli fa sempre credere di essere sopra di lui (poi vi sgama, attenti). Io credo che ogni persona abbia il diritto anche di sperimentare soluzioni eterodosse, pensiero creativo, strade poco battute. Prendere sempre ad esempio un bambino, in classe, lo carica di aspettative. Gli fa credere che la strada che fortuitamente ha intrapreso, quella di bambino studioso, è l'unica possibile se vuole continuare a meritare la benevolenza degli adulti. Non appena gli capiterà un professore che non lo ha in simpatia (e certo che gli capiterà, probabilmente più di una volta), dovrà gestire la frustrazione senza nessuno strumento di difesa.
3) E i somari?
Non solo gli insegnanti fanno credere ai "bravi" che "riusciranno", ma fanno credere anche ai "meno bravi" che "non riusciranno". Essere bravo a scuola è in realtà solo una delle tante caratteristiche che un bambino può avere. Quando le insegnanti delle mie figlie danno loro i compiti, pare quasi che lo sport e le attività extra-scolastiche potrebbero anche non esistere, o essere tollerate dopo che "si è fatto il proprio dovere". Cioè, attenzione, non dicono queste testuali parole, anzi: in fondo ai compiti scrivono sempre di godersi la famiglia e la natura. Ma i compiti sono sempre così tanti che lasciano poco spazio al resto, e quindi, in pratica, ti mettono di fronte alla scelta compiti/ sport/ tempo libero. Le mamme con i figli che curano poco i compiti vengono periodicamente redarguite, ma nessuna delle maestre delle mie figlie mi ha mai chiesto se Carolina è migliorata nel plié, che linguaggio di programmazione Lucia sta imparando a Coder Dojo, o che cosa legge Camilla. E come non l'hanno chiesto a me, suppongo non l'avranno chiesto loro, facendo implicitamente credere che i libri che legge Camilla alla sera sono meno importanti dei 10 in grammatica della sua compagna di banco. I bambini che hanno l'impressione di non essere abbastanza, ce l'hanno con quelli che vengono sempre citati come esempi, i quali si ritrovano a volte soli. Io alle medie scelsi di avere amiche e non studiai mai più, fino all'università. Con il risultato che sono sempre passata con voti buoni nelle materie umanistiche e mediocri in quelle scientifiche. Delle verifiche di matematica di giugno ricordo soprattutto che prendevo il treno e me ne andavo al mare.
Cesenatico o la verifica di matematica |
Non so nulla di chimica e fisica, ma il lavoro l'ho, grazie.
Io non ho mai "brillato". Diplomata con 74, laurea in tempo e con un voto più che dignitoso, ma senza sfoggiare la lode.
RispondiEliminaLavoro e vengo pagata, anche più di altri miei compagni.
Buon anno figona :)
Ecco, se guardiamo solo lo stipendio, temo di vincere su molti dei miei amici che hanno proseguito con gli studi oltre la mia triennale. In questa fase vincono gli anni di esperienza, il titolo di studio non me l'ha mai chiesto nessuno (purtroppo. Perché se non avessi avuto tre bimbe a un anno dalla triennale avrei certamente continuato).
EliminaAh, ecco, quello che vince è quello che ha lo stipendio più alto..chissà perché non sono d'accordo. Chissà perché non voglio che i miei figli sappiano poco pur di guadagnare molto. E che bello vantarsi di non sapere niente di scientifico!
EliminaIo non guadagno tanto, guadagno quello che ci serve per sopravvivere in quattro. E no, non ritengo di sapere poco. Invece ritengo che proseguire gli studi non significa né guadagnare di più, né sapere più cose, né essere più felici, ma ne possiamo parlare, siamo qui per questo.
EliminaNon ho capito bene cosa vuoi tu per i tuoi figli ma mi pare più interessante quello che vogliono loro per se stessi.
io l'intelligenza l'ho lasciata sui banchi del liceo. Peccato. Sembravo promettere bene.
RispondiEliminaEddai :)
EliminaPolly era per rimanere in tema... Sono uscita dal liceo con sessantasessantesimi. E non sono al Moma tanto per dire. Tutto qui. ;-)))
Eliminaio almeno ho sempre fatto schifo, a scuola e nella vita.
RispondiEliminaIn realtà da piccolo ero fortissimo in matematica e derivati e scrivevo delle storie incredibili nei temi in classe, erano racconti fantasy o horror o simili, non prendevo mai voti altissimi ma ero chiaramente avanti anni luce rispetto ai compagni che nei temi descrivevano il loro cane o il loro amico Marco.
Probabilmente non avrei mai dovuto farmi comprare Americana degli Offspring in quinta elementare. Anche se non capivo le parole devo aver in qualche modo appreso l'essenza punk quindi - ah si? Un tema sulle torri gemelle? Fanculo le torri gemelle, io scriverò di mostri e bazooka laser. - Complimenti, hai vinto i giochi di Archimede, puoi andare a gareggiare nelle olimpiadi della matematica con ragazzi di tutta la regione- Chi? Io? Preferisco andare al parco con i miei amici a fumare le emme-esse e sgommare in bicicletta.-
Risultato: sono un rifiuto della società, la scuola non mi ha insegnato niente, ma se avessi fatto quello che "dovevo" fare e non quello che "volevo", sarei un altro.
E io, di essere un altro, proprio non ne ho voglia.
Il titolo di questo post è talmente bello che, se stasera bevo un numero sufficiente di pinte, vado ad aerografarlo sulla parete della mia ex scuola elementare.
Billino scusami ma essere "un rifiuto della società" a me sembra quasi un pregio, vista la gente che c'è in giro. E non sono così certa che uno davvero riesca a fare per sempre quello che deve, senza che la sua personalità esca allo scoperto. E quando riesce a farlo è in genere molto infelice.
EliminaIo non sono mai stata la più brava (forse solo alle elementari e alle media ma sempre a parimerito con qualcun altro) ma sono sempre stata tra i più bravi. Al liceo ero, se vogliamo stilare una classifica, la terza più brava ma ero sicuramente più intelligente delle due persone che stavano prima di me. Credo che la differenza fondamentale fosse che io studiavo per amore (e senso del dovere innato) e loro studiavano solo, be', per studiare, senza chiedersi il perché. Imparavano a memoria. Io mettevo in discussione.
RispondiEliminaHo sempre amato molto studiare ma, mi sono resa conto, ho perso una grossa fetta dell'adolescenza e delle esperienze che si fanno. Era molto più facile passare il sabato sera tra i libri che confrontarmi col mondo.
Sei una brava mamma.
Ma sai cosa? Anche a me certe cose piacevano da matti, infatti all'università studiavo. Non ho mai rimandato, né dato la seconda volta un esame (una volta ho preso 25 e ho trattato con il prof per avere 27 :D).
EliminaDetto questo, i prof dell'università quasi sempre avevano un'idea della materia e sapevano divulgarla. I prof del liceo spesso no. Per esempio avevo una prof di inglese cattivissima dalla quale nessuno ha mai imparato molto. Non ho imparato nulla di tedesco, poco di francese. Un po' di storia della letteratura e qualche base di latino. Ma capisci, spesso studiare era puramente compiacere un prof e molto raramente restava qualcosa.
I post come questi danno ragione al mio quotidiano leggere blog di mamme. Mi fanno riflettere e agire di conseguenza nel mio lavoro: sono un'insegnante di scuola primaria. Grazie e buon anno a voi.
RispondiEliminati ringrazio tantissimo di leggere anche se spesso sono esasperata e giudicante nei confronti della scuola.
EliminaPurtroppo anche alla media che frequenta mio figlio grande valgono solo i voti presi a scuola. Per carità quello e' il riferimento x valutare i ragazzi però non fanno nessuno sforzo per valutare gli alunni nella loro complessa totalità. Peccato. Ci sono bambini e ragazzini intelligenti che ha scuola rendono meno di quello che valgono davvero. Ed e' una pena vederli soffrire per un voto magari buono ma non eccellente come tutti a scuola si aspettano. Anche io ho sofferto di questo (al liceo) e mio figlio già soffre alle medie. Sarà una lunga strada.
RispondiEliminaSo che per molti sarà un'eresia, ma secondo me è proprio assurdo "valutare gli alunni". Al massimo verificare che abbiano capito qualcosa, che abbiano dedicato a casa un po' di tempo allo studio e all'esercizio, che l'insegnante sia stato in grado di trasmettere qualcosa, di spiegarsi, di appassionare almeno una parte della classe. Ma giudicare i bambini è qualcosa che secondo me non trova riscontro nella vita vera, nella normale interazioni tra adulti, tra colleghi, in famiglia.
Eliminadici bene: appassionare, trasmettere. eufemismi da queste parti.
EliminaC'è un ha con un'h di troppo, sorry scrivo da cellulare ��
RispondiEliminaIo alle elementari ed alle medie ero uno dei primi della classe, il che ha contribuito a farmi crescere con l'idea di essere in gamba. Così poi, quando il liceo e l'università mi hanno restituito alla mia mediocrità, ho mantenuto comunque l'idea di non essere proprio da buttare. Le elementari sono importanti, siamo anche quello che gli altri pensano che siamo.
RispondiEliminaGae, non sono molto d'accordo. Se tu fossi stato mediocre anche alle elementari quindi ti saresti sentito una merda per tutta la vita? E ti pare giusto?
EliminaCredo di essermi spiegato male perché stiamo dicendo la stessa cosa. Non è assolutamente giusto e spesso mi chiedo se le maestre si rendano conto dell'enorme responsabilità che hanno. Pare importante insegnare le tabelline, mentre magari non capiscono che stanno formando delle personalità.
EliminaIo ero una di quelle definite "brave", almeno fino alle medie.. Al liceo mi ridimensionai, continuavo a essere brava nelle materie umanistiche e una ciofeca nelle altre..Poi incontrai uno di quei professori a cui stai un po' sulle balle e, come hai giustamente scritto tu, non avevo difese e la presi malissimo. Soprattutto perché era la prof di italiano che criticava i miei temi quando erano sempre stati un mio punto di forza, almeno così credevo. Risultato: mi chiusi a riccio e mi sentii una m...La mia autostima si basava sui voti e al di fuori di quelli quasi non esisteva! Mi sono presa la mia bella laurea a pieni voti e sono entrata spaesata nel mondo del lavoro..sono spaesata ancora oggi e tornassi indietro cercherei di tenermi aperte altre strade oltre i libri e la teoria e i voti..saprei con più precisione quali sono i miei pregi e come sfruttarli!
RispondiEliminaEcco, la mia riflessione era proprio questa: a scuola spesso ti fanno credere che andare bene a scuola è intelligenza e l'intelligenza è IL pregio. Invece a mio avviso il pregio di chi va bene a scuola (ed è indubbiamente un grosso pregio, ma non il solo possibile) è la compliance, il sapersi conformare, sia a livello di pensiero che di disciplina, a quello che il sistema ti richiede. Questo non significa necessariamente essere intelligenti "in generale" o portarsi dietro, nella vita, i concetti che abbiamo dimostrato di aver imparato a scuola. Essere compliant secondo me significa essenzialmente non farsi rompere troppo le palle.
EliminaSì, oggi la penso come te o perlomeno l'intelligenza si accompagna al sapersi conformare. C'era un mio compagno che aveva una memoria paurosa ed era un mostro di bravura ma non sono mai riuscita a considerarlo intelligente..alla ragazza che gli piaceva disse che non capiva come potesse rifiutarlo visto che era l'uomo più intelligente degli ultimi anni...per dire...
EliminaA me non piaceva studiare ma riuscivo comunque a prendere buoni voti, mai sfiorato un 9 o 10 ma me la cavavo, non sono stato il più bravo ma intelligente lo ero e lo sono, diplomato con 85..voto più che giusto perché nonostante tutto mi impegnavo ;)
RispondiEliminaHai completamente ragione, io lo vedo coi miei due figli, uno - ora in seconda liceo - considerato da sempre intelligentissimo (ma poco volenteroso) e l'altro - seconda elementare - un po' meno dotato a scuola, ma con competenze "sociali" che suo fratello alla medesima età non aveva o aveva in misura minore.
RispondiEliminaOgnuno, direi, ha le proprie caratteristiche e la buona riuscita nella vita non dipende essenzialmente dai voti (anche se crescendo hanno la loro importanza), ma da come riusciranno ad utilizzare queste caratteristiche al meglio.
i voti scolastici, per l'esperienza mia, con i miei figli, non hanno davvero importanza: gliene vien attribuita un casino, come se fosse un metro di giudizio assoluto....prendi 8 o 9 ? allora sei bravo/a!
RispondiEliminaho impiegato un sacco di tempo ed energie a cercare di fare capire tutto ciò a mio figlio - che non aveva voglia di fare un tubo, di fronte a due sorelle proprio brave a scuola ( ..specie la sua gemella, davvero bravissima, dal punto di vista VOTI, ma talmente impegnativa che spesso avrei voluto impiccarla!!!). Tommi, a scuola, è stato un " disastro, secondo il giudizio corrente. Ma impara le lingue con una facilità sorprendente, cucina benissimo, ha un'attenzione incredibile verso le persone....
No, la riuscita nella vita non dipende dai voti: credo che ci debba fare un ...c...o così per aiutarli a capire quali sono i loro talenti!
Emanuela
E, aiutarli a capire chi sono e in cosa sono bravi, è assai più difficile che propinare un po' di matamatica e un giudizio in numeri da 1 a 10.
EliminaIl problema è che nel nostro sistema scolastico non si premiano i "talenti" o attitudini. Se un bambino ha un "talento" o un'attitudine o comunque riesce bene anche in qualcosa tipo lo sport o l'arte o l'informatica, che vengono viste dalla scuola come attività marginali o secondarie non gli verrà mai riconosciuta la sua bravura, non mi capacito del perché. Secondo me sarebbe importantissimo (molto più di dare montagne di compiti a casa) che un insegnante riuscisse a capire le attitudini dei bambini, portando ovviamente avanti il programma ma riconoscendo i meriti in modo diverso non solo con il metro del "più bravo della classe". Ci può essere il bambino che legge meglio, quello che sa fare bellissimi disegni, chi scrive bene, chi corre più veloce, sono tutti talenti e discriminare i bambini sulla base di quello che riesce bene solo a due tre è quello che mi fa veramente incavolare della scuola.
RispondiEliminaMah io credo che il problema principale sia che la scuola ha un orizzonte troppo limitato. Il 90% delle attività si basano ancora su un quaderno, la scrittura e le schede da colorare. Usare le mani, il corpo, la voce, pigiare i tasti, impastare il fango, inventare storie, travestirsi, ribaltare i ruoli. Ancora non si da valore a queste cose. O quanto meno non il valore che ci do io.
RispondiEliminaPer questo avevo anche considerato una scuola steineriana. Ma a parte che non me la posso permettere, credo nella scuola per tutti. E quindi pace! mi arrendo al fatto che la mia bambina ora odia colorare... mentre pochi mesi fa era la sua attività preferita.
Per non parlare dell'informatica che è secondo me ad oggi dovrebbe far parte delle materia principali sin dalle elementari e invece.
EliminaMah io credo che il problema principale sia che la scuola ha un orizzonte troppo limitato. Il 90% delle attività si basano ancora su un quaderno, la scrittura e le schede da colorare. Usare le mani, il corpo, la voce, pigiare i tasti, impastare il fango, inventare storie, travestirsi, ribaltare i ruoli. Ancora non si da valore a queste cose. O quanto meno non il valore che ci do io.
RispondiEliminaPer questo avevo anche considerato una scuola steineriana. Ma a parte che non me la posso permettere, credo nella scuola per tutti. E quindi pace! mi arrendo al fatto che la mia bambina ora odia colorare... mentre pochi mesi fa era la sua attività preferita.
A grandi linee ho avuto il tuo stesso iter scolastico. Posso dire però che ho avuto la fortuna di avere un'infanzia felice, sebbene fossi una bambina piuttosto introversa e a tratti selvatica. Alle elementari eccellevo senza sforzo e venivo inoltre lodata smodatamente dalla maestra (che oltretutto mi contrapponeva al resto delle "femminucce "della classe che additiva come oche, creandomi enormi disagi di socializzazione) per meriti che non mi appartenevano, ma che mi derivavano dal mio retroterra familiare, più nutrito della maggior parte dei miei compagni.
RispondiEliminaCosì sono andata avanti credendomi un piccolo genio, cosa che mi venne smentita con l'ingresso al ginnasio.
Lì Dovetti iniziare a farmi un discreto culo, perché in fondo la gratifica del profitto per me era fondamentale, per quanto i miei non mi fomentassero affatto in quel senso.
Credo di aver avuto la sindrome da Lisa Simpson, se capisci cosa intendo.
Comunque anche io ho sempre preferito l'accettazione sociale all'eccellenza dei voti e una volta fattami la posizione smisi di studiare.
Pensa che in terzo, in prossimità della maturità, smarrii addirittura il libro di fisica e ne feci anche meno.
La buona donna della mia insegnante mi dava 9 sulla fiducia alle interrogazioni.
Sì, il sistema scolastico in questa maniera serve davvero a poco.
Posso dire di aver iniziato a capire come si potesse studiare per passione e appassionandosi allo studio solo all'università.
Comunque malgrado le mia brillante laurea ad oggi sono disoccupata.
Cvd
Dunque non è cambiato niente.
RispondiEliminaA me fece male essere "la più brava della classe": non ero il tipo che si pavoneggiava, anzi facevo di tutto per non incoraggiare i professori nelle lodi davanti ai miei compagni, perché la cosa non faceva altro che esasperare il bullismo ai miei danni. Ed era complicato perché ero una ragazzina molto sola che leggeva molto, ed ero anche parecchio ingenua, mi piaceva farli davvero i compiti.
Alle superiori avevo perso ogni voglia, e ora sono fuori corso all'Università.
Il mio è un caso un po' estremo - e le cose che non funzionano nella mia vita non è che sono dovute all'essere stata una secchiona, intendiamoci - però speravo che il sistema fosse un po' cambiato e gli insegnanti avessero cominciato a rendere meno competitivi i ragazzini a scuola. Anche perché, come tu sottolinei giustamente, i ragazzi devono fare altro. Io lo sport l'ho conosciuto a 25 anni, per dire.
(ti leggo spesso ma non commento mai)
Anche io ho subito un atto di "bullismo" alle elementari. Il giorno della gita, TUTTE le mie compagne di classe tranne una, si riunirono per dirmi che loro con me non ci volevano più stare perché ero una secchiona. La quinta era quasi finita, e mia mamma volle che mi iscrivessi in una scuola media fuori dal quartiere. Per botta di culo era una buona scuola, e vi ho conosciuto le amiche storiche: credo che quel gesto idiota delle altre bambine abbia reso la mia vita migliore.
Elimina