L'altro giorno ho riaperto Evernote che non usavo dal 2012. E un'applicazione mobile e desktop che serve per prendere appunti in maniera dignitosamente strutturata, anche se la parola "strutturato" a contatto con me si destruttura. Avevo smesso di usarlo perché mi occupava troppo spazio nella memoria del telefono e non mi era mai venuta l'idea di usarlo dal pc.
Poi mi è venuta in mente sta cosa, che ci avevo un account Evernote.
Sapete che a volte ti vengono le cose così, improvvise. Tipo come mi è venuto in mente improvvisamente anche che il mio primo morosino lo chiamavo sempre Bimbo. I suoi amici lo chiamavano tutti Cinciollino, perché ci aveva questi occhioni allungati che loro dicevano essere da cinesino e invece erano occhioni verdi orientali ma non da cinese, ecco, piuttosto da principessa indiana. Io invece lo chiamavo sempre Bimbo e più sto sola, più mi fa strano pensare di aver avuto tanta intimità con qualcuno per molti anni (con lui cinque). Ma tipo che a volte ci scambiavamo lo spazzolino da denti. Ma com'è possibile? Dicevo ma come cazzo è possibile che ci siamo scambiati le magliette, e che abbiamo incrociato le gambe l'uno con l'altra, e che nessuno prima di lui mi aveva mai visto nuda, e che io lo chiamavo Bimbo, senza che sia rimasto nulla ma proprio nulla?
Dunque nel mio Evernote, nel 2012, avevo scritto una cosa che avrei voluto dire a tale Antonio (nome di fantasia), ma che poi non gli ho detto: semplicemente, in seguito, ci siamo sentiti così di rado che non valeva la pena intavolare questo ragionamento.
Poi avevo scritto una cosa che avrei voluto dire a tale Giovanni (nome di fantasia ), ma poi non gliel'ho detta perché mi piaceva così tanto che non gli parlavo mai. Che poi quando scrivo qualcosa, dentro di me perde così tanto di spontaneità che muore lì. La scrittura è il contrario della spontaneità.
Ho scritto di una volta che fissavo un muro bianco di una sala d'aspetto, e che non volevo essere lì, e allora ho trascritto annunci che passavano per radio, per distrarmi: Cuccia per cane prezzo interessante; attrezzo agricolo spargi-concime; signora polacca cerca lavoro come badante. Chiamare ore pasti. Scambio-vendo-compro. Persone o cose, non ha importanza.
Poi questo
"Al mattino: alla fermata del pulmino. Passa il prete, poi il fornitore dell'ospizio; alle 8.05 passa Fiore con i bambini, a volte mi suona il clacson; poi arrivano uno ad uno quelli della corriera. Prima due ragazzine velate, qualche vecchia e un paio di persone di mezz'età, chiamano l'autista per nome. Estate, inverno, primavera. Il pulmino giallo se ne va e io rimango con il braccio alzato a salutare finché non ho girato l'angolo."
Poi una piccola casa editrice mi inviò un libro da leggere, così, perché sono una blogger, e io siccome mi rompevo le palle a leggerlo, almeno appuntai i refusi, ma poi non li inviai, non risposi.
Poi ho scritto di questo tizio bellissimo con cui mi baciai, e questo mi ringraziò. Lui, capite.
E poi "Annaspo quindi sono", da Erica Jong, Paracadute e baci.
Insomma, io ho pensato che a quindici anni, quando stavo con Bimbo, io ci avevo alle spalle solo vita che volevo silenziare, affossare, ingoiare. Era la vita che a volte avete letto qui, che non vi ho raccontato io ma la mia voce del silenzio, quella che soffoco soffoco allora la stronza apre un blog e vomita quasi tutto, la casa sporca, le umiliazioni, gli abbandoni, le privazioni. Io invece a Bimbo lo chiamavo ogni sera e gli dicevo tutto ma proprio tutto quello che gli volevo dire. Di noi sapevamo: i pensieri, i nei, la forma delle ginocchia, l'odore, il sapore, tutti gli eventi delle nostre giornate.
Ma io adesso se incontrassi qualcuno, metti caso, come farei a dirgli tutto di me e a sapere tutto di lui? Io gli dovrei dare il mio Evernote, le mie foto, le mie email ma soprattutto le mie bozze, il mio blog. Dovrei farlo stare con le bimbe, dovrei presentargli amiche e amici, mamma, Mattia, per cominciare venti persone. Dovrei portarlo al cimitero di Marradi, al cimitero di Faenza e al cimitero di Castelbolognese. Dovrei mostrargli tutta la Romagna, ma proprio tutta. Dovrei fargli leggere la prima versione della serie che ho scritto e l'ultima che c'è in giro. Dovrei fargli ascoltare tutti i miei cd e i dischi del mio juke box e poi dovrei raccontargli vent'anni di libri divorati a letto, in treno, al mare.
E rimarrebbero fuori tutti i sogni. Le paranoie, le idiosincrasie, gli atteggiamenti, il tono di voce.
E mi dovrei fare baciare dappertutto, e dovrei mostrargli questo neo nel palmo della mano, questo capello bianco, l'ombelico a forma di serratura e la voglia di fragole proprio sopra alla curva del sedere.
Quanto ci metterei, quanto ci metterebbe a dirmi proprio tutto?
Non potremmo, semplicemente.
Sono certa del fatto che non direi assolutamente niente.
Poi mi è venuta in mente sta cosa, che ci avevo un account Evernote.
Sapete che a volte ti vengono le cose così, improvvise. Tipo come mi è venuto in mente improvvisamente anche che il mio primo morosino lo chiamavo sempre Bimbo. I suoi amici lo chiamavano tutti Cinciollino, perché ci aveva questi occhioni allungati che loro dicevano essere da cinesino e invece erano occhioni verdi orientali ma non da cinese, ecco, piuttosto da principessa indiana. Io invece lo chiamavo sempre Bimbo e più sto sola, più mi fa strano pensare di aver avuto tanta intimità con qualcuno per molti anni (con lui cinque). Ma tipo che a volte ci scambiavamo lo spazzolino da denti. Ma com'è possibile? Dicevo ma come cazzo è possibile che ci siamo scambiati le magliette, e che abbiamo incrociato le gambe l'uno con l'altra, e che nessuno prima di lui mi aveva mai visto nuda, e che io lo chiamavo Bimbo, senza che sia rimasto nulla ma proprio nulla?
Dunque nel mio Evernote, nel 2012, avevo scritto una cosa che avrei voluto dire a tale Antonio (nome di fantasia), ma che poi non gli ho detto: semplicemente, in seguito, ci siamo sentiti così di rado che non valeva la pena intavolare questo ragionamento.
Poi avevo scritto una cosa che avrei voluto dire a tale Giovanni (nome di fantasia ), ma poi non gliel'ho detta perché mi piaceva così tanto che non gli parlavo mai. Che poi quando scrivo qualcosa, dentro di me perde così tanto di spontaneità che muore lì. La scrittura è il contrario della spontaneità.
Ho scritto di una volta che fissavo un muro bianco di una sala d'aspetto, e che non volevo essere lì, e allora ho trascritto annunci che passavano per radio, per distrarmi: Cuccia per cane prezzo interessante; attrezzo agricolo spargi-concime; signora polacca cerca lavoro come badante. Chiamare ore pasti. Scambio-vendo-compro. Persone o cose, non ha importanza.
Poi questo
"Al mattino: alla fermata del pulmino. Passa il prete, poi il fornitore dell'ospizio; alle 8.05 passa Fiore con i bambini, a volte mi suona il clacson; poi arrivano uno ad uno quelli della corriera. Prima due ragazzine velate, qualche vecchia e un paio di persone di mezz'età, chiamano l'autista per nome. Estate, inverno, primavera. Il pulmino giallo se ne va e io rimango con il braccio alzato a salutare finché non ho girato l'angolo."
Poi una piccola casa editrice mi inviò un libro da leggere, così, perché sono una blogger, e io siccome mi rompevo le palle a leggerlo, almeno appuntai i refusi, ma poi non li inviai, non risposi.
Poi ho scritto di questo tizio bellissimo con cui mi baciai, e questo mi ringraziò. Lui, capite.
E poi "Annaspo quindi sono", da Erica Jong, Paracadute e baci.
Diamo a questo post un altro tocco di autoreferenzialità |
Insomma, io ho pensato che a quindici anni, quando stavo con Bimbo, io ci avevo alle spalle solo vita che volevo silenziare, affossare, ingoiare. Era la vita che a volte avete letto qui, che non vi ho raccontato io ma la mia voce del silenzio, quella che soffoco soffoco allora la stronza apre un blog e vomita quasi tutto, la casa sporca, le umiliazioni, gli abbandoni, le privazioni. Io invece a Bimbo lo chiamavo ogni sera e gli dicevo tutto ma proprio tutto quello che gli volevo dire. Di noi sapevamo: i pensieri, i nei, la forma delle ginocchia, l'odore, il sapore, tutti gli eventi delle nostre giornate.
Ma io adesso se incontrassi qualcuno, metti caso, come farei a dirgli tutto di me e a sapere tutto di lui? Io gli dovrei dare il mio Evernote, le mie foto, le mie email ma soprattutto le mie bozze, il mio blog. Dovrei farlo stare con le bimbe, dovrei presentargli amiche e amici, mamma, Mattia, per cominciare venti persone. Dovrei portarlo al cimitero di Marradi, al cimitero di Faenza e al cimitero di Castelbolognese. Dovrei mostrargli tutta la Romagna, ma proprio tutta. Dovrei fargli leggere la prima versione della serie che ho scritto e l'ultima che c'è in giro. Dovrei fargli ascoltare tutti i miei cd e i dischi del mio juke box e poi dovrei raccontargli vent'anni di libri divorati a letto, in treno, al mare.
E rimarrebbero fuori tutti i sogni. Le paranoie, le idiosincrasie, gli atteggiamenti, il tono di voce.
E mi dovrei fare baciare dappertutto, e dovrei mostrargli questo neo nel palmo della mano, questo capello bianco, l'ombelico a forma di serratura e la voglia di fragole proprio sopra alla curva del sedere.
Quanto ci metterei, quanto ci metterebbe a dirmi proprio tutto?
Non potremmo, semplicemente.
Sono certa del fatto che non direi assolutamente niente.
a volte sei di una tenerezza disumana, roba da mettere su una ballata e auto-limonarsi.
RispondiEliminaPerò "la scrittura è il contrario della spontaneità" no. Cioè, sia chiaro, il tuo discorso mi pare molto sensato ma è una frase che non riesco proprio a leggere.
Ah, sai che ora orde di blogger sbaveranno (e faranno anche molto peggio) pensando al tuo ombelico e a quella voglia sul culo? Si, immagino di si.
Chiaramente non io, che sono dolce e delicato come un pulcino in fiore.
EliminaLa scrittura per me è un processo di razionalizzazione.
EliminaE non capisco come fai ad autolimonarti, sinceramente. <3
Eh dovrei mostrartelo, spiegarlo è dura. Sono tanto solo.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaMolto bello questo post. Nel corso della vita ho tenuto dei diari, per periodi brevi intervallati da tempi molto lunghi. Quando mi è capitato di rileggerli, tutte le volte sono rimasta disorientata nello scoprire quanto fossi rimasta simile alla persona che li aveva scritti, sebbene le circostanze e il tempo avessero fatto di me qualcuno di diverso. Non so se tu abbia avuto questa impressione, rileggendoti, ma in tal caso, anche se fosse possibile, dire tutto non aggiungerebbe quasi niente.
RispondiEliminaSulla scrittura la penso come te (ahimè).
Silvia
Vero, è proprio così.
EliminaNon so se può aiutare ma... anch'io ero una che pensava che appena conosciuto qualcuno avrei dovuto dargli il mio personale "survival-kit" con istruzioni-persone-libri-film-accadimenti che (reputavo) mi fanno essere quella che sono. E quante volte l'ho fatto. Ormai avevo il mio personalissimo test di ingresso. Poi alla fine è successo che mentre lui stava lontano mille miglia, e c'era stato solo un bacio e qualche tenerezza insieme alla fornitura base del mio survival-kit, io gli chiesi "hai letto il libro, ti piace? Perché sai, è uno dei miei preferiti di sempre." Lui mi ha detto: "non ho bisogno di amare le stesse cose che ami tu, per capire chi sei." Allora ciao.
RispondiEliminaLaura, belle parole lui. No, io non volevo dire che davvero come sono lo posso spiegare. Volevo dire il contrario, cioè che ci sarebbe così tanto da spiegare che non spiegherei nulla. Così come non mi aspetterei autobiografie dettagliate dall'altra parte. Credo che mettersi con qualcuno passati i trent'anni contempli il fatto che non si saprà proprio tutto. :)
EliminaLe uniche categorie che blocco all'ingresso e a cui non do speranza sono omofobi e razzisti.
Allora ok. :) :)
EliminaPenso che ci siano infiniti modo modi di conoscersi, e che mai conosceremo qualcuno fino in fondo, e che mai qualcuno potrà conoscerti fino in fondo. Ma a volte penso che ogni persona che per me conta conosce qualcosa di me, a volte qualcosa di intimo e di profondo, e molto altro no, a volte conosce qualcosa di me meglio di quanto non lo faccia io, a volte qualcuno capisce alcuni aspetti di me senza conoscermi affatto bene, nel senso comunemente inteso, più di quanto io stessa non mi sia capita fino a quel momento.
RispondiEliminaE penso che questo insieme di punti di vista, questo puzzle di conoscenze parziali sia in definitiva quel che fa di un individuo quel che è.
Delegare tutto ad un'unica persona mi spaventa un po ', ed è giusto forse che rimangano alcune zone di buio, anche dopo 10 anni di convivenza e due figlie insieme.
Del resto chi legge quel che scrivo sul blog conosce alcune cose di me che non conoscono né lui né la maggior parte delle persone che mi frequentano di persone. E viceversa.
E immagino sia lo stesso per tutti.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaTi prego non appuntare i miei refusi!!
EliminaPer me lo è :)
EliminaE no, non sono una rompipalle dei refusi, in quel caso sono stata spinta dalla noia (io poi refusi a manetta)
ed è così che infatti non si racconta nulla. nemmeno quello che si fa durante il giorno che tutto sembra superfluo, pero' piano piano ci si stringe con le gambe, ci si lascia vedere nudi, si contano i nei.
RispondiEliminaNo, lo spazzolino non si scambia piu' :D
Decisamente no. :)
EliminaA volte ci penso anch'io, sto con mio marito da quando avevo 15 anni, mi conosce pure troppo bene. Non so se sarei capace di ricominciare, di raccontarmi, di scegliere cosa dire e cosa omettere. E allora penso che sceglierei un gatto, semplicemente.
RispondiEliminaanche io ho optato per il gatto <3
EliminaNon credo che si debba necessariamente sapere tutto dell'altro. Sono dodici anni che divido la mia vita con un'altra persona e ancora oggi ci stupiamo nello scoprire qualcosa che non c'eravamo ancora detti, che è uscito all'improvviso dal cassetto dei ricordi e, chissà come, sentiamo proprio in quel momento la necessità di esternarlo.
RispondiEliminaSecondo me tu comincia a farti baciare, per bene, dappertutto.
RispondiEliminaPoi il resto vien da sé.
Viaggiatore
È vero che sembri improbabile dopo avere vissuto 1450 giorni insieme avere limonato scopato mangiato cagato lavorato guardato stretti la mano abbracciato le spalle intrecciato le gambe sbavato sulla camicia avere condiviso spazzolino pettine cartadicredito incontrarsi per strada e dirsi Hei Ciao come va? Mi ha fatto piacere averti incontrato. Sì tutto bene. Grazie. Dai sentiamoci. Alla prossima.
RispondiEliminaSenza menzionare nè io nè lui i 1450 giorni insieme sotto le stesse lenzuola piumone tetto nello stesso studio alla stessa scrivania nella stessa auto durante le stesse vacanze sullo stesso telo da mare.
1450 giorni insieme. Che si perdono.
Perché lui è 1825 giorni che vive con un'altra. E io sono 2555 che vivo con un altro. Così è. Numeri. Tempo che passa. Memoria che si sovrascrive. Cluster che si danneggiano. Folder che si cestinano. Ci vorrebbe un evernote di tutta la vita. Così da rileggere ogni tanto e scoprire che siamo sempre gli stessi. E che nessuno ci conoscerà mai bene come la nostra moleskine.