La camera da letto di nonna aveva la porta a soffietto e dava sulla cucina. La cucina veniva chiamata “casa”. La porta a soffietto era rivestita di un materiale sintetico, rosso scuro, che pareva pellaccia finta. La pellaccia finta aveva dei tagli e io da piccola vi infilavo dentro le monete, perché sembravano aperture di un salvadanaio.
Quando stavi in camera sentivi l’odore della cucina e arrivava anche un po’ di calore dalla stufa a gas. In camera non c’era il riscaldamento. Sentivi anche la televisione, che non veniva quasi mai spenta e ti addormentava, dopo pranzo con Beautiful, la sera con la Corrida di Corrado, o Mike Bongiorno.
Nel letto di nonna si dormiva benissimo, come si può dormire davvero bene a casa propria, anche se le lenzuola puzzavano di sporco. Sul letto c’era sempre di tutto. Abiti, soprattutto. Riviste di pettegolezzi e Liala, che erano la piccola finestra sul mondo della mia povera nonna, la persona più sola che io abbia mai conosciuto. Sul letto c’era anche la pasta fresca, qualche domenica. Mangiare di nascosto la pasta all'uovo cruda era piacevole quanto peccaminoso.
La camera era piccola, tutte le pareti erano occupate da armadi e cassettiere. In cima agli armadi c’erano cose, come vecchie valigie utilizzate nelle vacanze a Peschiera, paioli di rame e scatole, tra le ragnatele e il muro annerito. Sopra alle cassettiere c’erano cose. Sotto al letto c’erano cose. Gli armadi straripavano di cose, le porte non si chiudevano bene. Una volta nonna mi concesse di attaccare un poster di Leonardo Di Caprio dentro all’armadio. C’era poco spazio per me. Così perdevo tutto, anche i quaderni. A scuola mi sgridavano. Nonna ci vedeva pochissimo, spostava le cose e poi non si trovavano mai più. Credo nel periodo del poster leggesse il mio diario, che riponevo dentro l'armadio. Facevo le medie, forse avrà letto che mi ero messa con un tale e che la relazione non consisteva in nulla di più che salutarsi timidamente. Un giorno lo incontrai in piazza, io con le mie amiche, lui con la bicicletta, e lui venne riconosciuto dalla signora a cui aveva rubato la bici. Lo lasciai. Almeno così mi pare.
La camera da letto di nonna era piena di armadi, e c’era anche una scrivania. Sopra alla scrivania c’era una macchina da scrivere che doveva essere stata abbastanza moderna quando fu acquistata. Era elettronica. La utilizzavo per ricopiare i testi delle canzoni e impiegavo un sacco di tempo. A casa di nonna non c’erano prese elettriche ovunque, come nelle case di oggi, quindi per utilizzare la macchina da scrivere elettronica dovevo spostarla dalla scrivania e metterla sopra a un comodino in casa, tra la poltrona e la televisione. La utilizzavo stando in piedi. Poi finì il rullino con l’inchiostro e non la usai più. Sopra alla scrivania, che nessuno utilizzava mai, nonno piantoò un lungo chiodo, dove appendeva dei salami. Accanto al suo armadio, quello che stava a sinistra del letto (le donne dovevano dormire alla destra dell’uomo), aveva costruito una specie di cassettiera di cartone, dove metteva calzini e mutande.
Ai due lati del letto c’erano due lampade che non funzionavano, inchiodate al muro che doveva essere stato rosa antico, e al posto della spalliera c’era una lunga mensola dove venivano appoggiati piccoli tesori, come un elefantino in legno, souvenir donato da un amico. Nonno era stato un grande lavoratore, prima dell’ictus. Aveva avuto tre camion e due magazzini. Ma era sempre rimasto il bambino povero che faceva a sei anni l’aiuto contadino e che si emozionava per un elefantino di legno. Era sempre rimasto il bambino povero che si costruiva la cassettiera in cartone.
Si era speso tutto in oggetti, multe e vestiti di sartoria per tutta la famiglia, prima che io nascessi.
Il letto aveva i lenzuoli di flanella. Chissà se ci avranno mai fatto l’amore dentro, i miei nonni.
Quando stavi in camera sentivi l’odore della cucina e arrivava anche un po’ di calore dalla stufa a gas. In camera non c’era il riscaldamento. Sentivi anche la televisione, che non veniva quasi mai spenta e ti addormentava, dopo pranzo con Beautiful, la sera con la Corrida di Corrado, o Mike Bongiorno.
Nel letto di nonna si dormiva benissimo, come si può dormire davvero bene a casa propria, anche se le lenzuola puzzavano di sporco. Sul letto c’era sempre di tutto. Abiti, soprattutto. Riviste di pettegolezzi e Liala, che erano la piccola finestra sul mondo della mia povera nonna, la persona più sola che io abbia mai conosciuto. Sul letto c’era anche la pasta fresca, qualche domenica. Mangiare di nascosto la pasta all'uovo cruda era piacevole quanto peccaminoso.
La camera era piccola, tutte le pareti erano occupate da armadi e cassettiere. In cima agli armadi c’erano cose, come vecchie valigie utilizzate nelle vacanze a Peschiera, paioli di rame e scatole, tra le ragnatele e il muro annerito. Sopra alle cassettiere c’erano cose. Sotto al letto c’erano cose. Gli armadi straripavano di cose, le porte non si chiudevano bene. Una volta nonna mi concesse di attaccare un poster di Leonardo Di Caprio dentro all’armadio. C’era poco spazio per me. Così perdevo tutto, anche i quaderni. A scuola mi sgridavano. Nonna ci vedeva pochissimo, spostava le cose e poi non si trovavano mai più. Credo nel periodo del poster leggesse il mio diario, che riponevo dentro l'armadio. Facevo le medie, forse avrà letto che mi ero messa con un tale e che la relazione non consisteva in nulla di più che salutarsi timidamente. Un giorno lo incontrai in piazza, io con le mie amiche, lui con la bicicletta, e lui venne riconosciuto dalla signora a cui aveva rubato la bici. Lo lasciai. Almeno così mi pare.
La camera da letto di nonna era piena di armadi, e c’era anche una scrivania. Sopra alla scrivania c’era una macchina da scrivere che doveva essere stata abbastanza moderna quando fu acquistata. Era elettronica. La utilizzavo per ricopiare i testi delle canzoni e impiegavo un sacco di tempo. A casa di nonna non c’erano prese elettriche ovunque, come nelle case di oggi, quindi per utilizzare la macchina da scrivere elettronica dovevo spostarla dalla scrivania e metterla sopra a un comodino in casa, tra la poltrona e la televisione. La utilizzavo stando in piedi. Poi finì il rullino con l’inchiostro e non la usai più. Sopra alla scrivania, che nessuno utilizzava mai, nonno piantoò un lungo chiodo, dove appendeva dei salami. Accanto al suo armadio, quello che stava a sinistra del letto (le donne dovevano dormire alla destra dell’uomo), aveva costruito una specie di cassettiera di cartone, dove metteva calzini e mutande.
Ai due lati del letto c’erano due lampade che non funzionavano, inchiodate al muro che doveva essere stato rosa antico, e al posto della spalliera c’era una lunga mensola dove venivano appoggiati piccoli tesori, come un elefantino in legno, souvenir donato da un amico. Nonno era stato un grande lavoratore, prima dell’ictus. Aveva avuto tre camion e due magazzini. Ma era sempre rimasto il bambino povero che faceva a sei anni l’aiuto contadino e che si emozionava per un elefantino di legno. Era sempre rimasto il bambino povero che si costruiva la cassettiera in cartone.
Si era speso tutto in oggetti, multe e vestiti di sartoria per tutta la famiglia, prima che io nascessi.
Il letto aveva i lenzuoli di flanella. Chissà se ci avranno mai fatto l’amore dentro, i miei nonni.
Che ricordo stupendo, ho pensato anch'io alla camera dei nei nonni.
RispondiEliminaGrazie per avermi riportato a loro col pensiero.
ecco: quelli che scrivono post sulla casa dei nonni appendevano post di leonardo di caprio. allora sono proprio vecchio.
RispondiEliminaMi hai fatto piangere...grazie perchè l'emozione è sempre una cosa bella!
RispondiEliminaPieno di cose. Bello il modo in cui lo hai raccontato il mondo dentro al mondo. Io non ricordo la camera da letto dei nonni, perché a casa dei nonni si stava nella sala da pranzo/soggiorno o in cucina, ma mai in camera da letto. Della camera da letto ricordo solo il giorno della morte di mio nonno. Che lui era adagiato sul letto col vestito buono tipo in una camera ardente ma nulla più. La cucina invece me la ricordo benissimo. Di formica azzurra. Con la Fanta in bottiglia marrone di vetro sul tavolo addossato al muro. Le patatine in busta, anzi no, non erano patatine erano quelle al formaggio spumose tonde. Mio nonno aveva un bar quindi a casa sua si mangiava del gran junk food anni '80. ;-)
RispondiEliminadella camera di nonna ricordo un portacandele di legno sul comodino ed una candela rossa.....è stata sempre lì fino a che ,pomeriggio dopo pomeriggio, mentre la nonna faceva il sonnellino prima di tornare " in bottega" (aveva il negozio del paese, là nel mio paesino del Montefeltro) io e mia cugina Donatella ce la siamo mangiata tutta!
RispondiEliminaEmanuela