L'introversa siede sola in una caffetteria.
Beve tè al bergamotto e finge di leggere il giornale, perché ha notato, al tavolino accanto, un signore napoletano che ha voglia di chiacchierare.
La caffetteria è poco illuminata, l'ambiente vorrebbe essere un po' chic, e l'uomo dietro al bancone le dà del lei, anche se saranno coetanei ("Credo. Spero", pensa).
La musica è brasiliana: un piano e una bella voce femminile, limpida, nasale, dai toni alti, come fosse il canto di un uccello.
Entra una donna, elemosina qualcosa da mangiare, esce con una brioche del mattino precedente.
All'introversa piace stare sola in una caffetteria, fingendo di leggere il giornale, in quella che non è la sua città. Perché all'introversa non piace incontrare persone che conosce e chiacchierare del più e del meno. Le piace invece intravvedere dalla vetrina gli autobus e le automobili, e vedere che le persone si muovono, e chiedersi dove stanno andando, ed essere sollevata del fatto che di certo nessuno sta per venire a parlare con lei. Le piace anche stare in silenzio perché sente i suoni e gli odori e i pensieri fortissimo. Delle volte fa delle cose banali, come far bancomat, e si vede da fuori, e la luce, nella sua visione è fredda, e i suoni accentuati, e lei immagina di essere in un thriller prima che stia per accadere qualcosa di brutto, e le corre un brivido lungo la schiena. Ma questo, che si immagina i film e i romanzi, le capita solo se c'è silenzio, se nessuno parla con lei.
A scuola, molti anni prima, a volte immaginava di seguire la lezione da dentro all'armadietto.
L'introversa ha imparato con gli anni a essere socialmente accettabile, ad andare in fiera, a salutare le persone, in giro; a parlare del più e del meno pranzando con i colleghi; a bere due o tre bicchieri di vino, quando esce con le amiche, per stare un po' fuori dal suo solito atteggiamento osservante e silenzioso.
Il fatto è che poco prima ha incontrato una signora che chiacchierava con un'altra, per strada, ed è certa che quella signora l'abbia osservata, stringendo le labbra e gli occhi, e lei ha girato lo sguardo, e poi s'è improvvisamente ricordata: La conosco. Per lavoro.
La conosco e non l'ho salutata. Ho girato lo sguardo. Non sono capace di socializzare. Non sono capace neppure di salutare.
In effetti aveva i capelli più lunghi dell'ultima volta che l'ho vista, l'estate scorsa.
E la voce. Ci vedo male, ma sulla voce sbaglio raramente. Non era affatto la sua voce. La sua voce è squillante. Oppure mi confondo. In effetti ci ho parlato solo due volte.
Era certamente lei. Perché mi ha osservato.
Di nuovo.
Di nuovo non ho salutato una persona incontrata per strada. L'ennesima volta. Che figura.
Le invio un'email. Mi scuso per non averla salutata.
Devo proprio farlo. Sono una pessima persona.
"Non ero io, sono a casa malata", risponde la signora all'introversa.
L'introversa, anche questa volta, aveva immaginato troppo.
Beve tè al bergamotto e finge di leggere il giornale, perché ha notato, al tavolino accanto, un signore napoletano che ha voglia di chiacchierare.
La caffetteria è poco illuminata, l'ambiente vorrebbe essere un po' chic, e l'uomo dietro al bancone le dà del lei, anche se saranno coetanei ("Credo. Spero", pensa).
La musica è brasiliana: un piano e una bella voce femminile, limpida, nasale, dai toni alti, come fosse il canto di un uccello.
Entra una donna, elemosina qualcosa da mangiare, esce con una brioche del mattino precedente.
All'introversa piace stare sola in una caffetteria, fingendo di leggere il giornale, in quella che non è la sua città. Perché all'introversa non piace incontrare persone che conosce e chiacchierare del più e del meno. Le piace invece intravvedere dalla vetrina gli autobus e le automobili, e vedere che le persone si muovono, e chiedersi dove stanno andando, ed essere sollevata del fatto che di certo nessuno sta per venire a parlare con lei. Le piace anche stare in silenzio perché sente i suoni e gli odori e i pensieri fortissimo. Delle volte fa delle cose banali, come far bancomat, e si vede da fuori, e la luce, nella sua visione è fredda, e i suoni accentuati, e lei immagina di essere in un thriller prima che stia per accadere qualcosa di brutto, e le corre un brivido lungo la schiena. Ma questo, che si immagina i film e i romanzi, le capita solo se c'è silenzio, se nessuno parla con lei.
A scuola, molti anni prima, a volte immaginava di seguire la lezione da dentro all'armadietto.
Caleb Thal per Unplash |
L'introversa ha imparato con gli anni a essere socialmente accettabile, ad andare in fiera, a salutare le persone, in giro; a parlare del più e del meno pranzando con i colleghi; a bere due o tre bicchieri di vino, quando esce con le amiche, per stare un po' fuori dal suo solito atteggiamento osservante e silenzioso.
Il fatto è che poco prima ha incontrato una signora che chiacchierava con un'altra, per strada, ed è certa che quella signora l'abbia osservata, stringendo le labbra e gli occhi, e lei ha girato lo sguardo, e poi s'è improvvisamente ricordata: La conosco. Per lavoro.
La conosco e non l'ho salutata. Ho girato lo sguardo. Non sono capace di socializzare. Non sono capace neppure di salutare.
In effetti aveva i capelli più lunghi dell'ultima volta che l'ho vista, l'estate scorsa.
E la voce. Ci vedo male, ma sulla voce sbaglio raramente. Non era affatto la sua voce. La sua voce è squillante. Oppure mi confondo. In effetti ci ho parlato solo due volte.
Era certamente lei. Perché mi ha osservato.
Di nuovo.
Di nuovo non ho salutato una persona incontrata per strada. L'ennesima volta. Che figura.
Le invio un'email. Mi scuso per non averla salutata.
Devo proprio farlo. Sono una pessima persona.
"Non ero io, sono a casa malata", risponde la signora all'introversa.
L'introversa, anche questa volta, aveva immaginato troppo.
L'introversa ha anche passato l'adolescenza con gli auricolari e la musica sotto e dentro che come ti scherma la musica non ci sono cazzi. ;-)
RispondiEliminal'introversa beve il suo te al bergamotto. Mi piace un casino, lo berrei volentieri con lei.
RispondiEliminaL'introversa osservante e silenziosa non capisce neppure quante cose belle ha dentro. o se, lo capisce, o lo intuisce, o solo vagamente lo immagina non realizza che sono cose belle.
L'introversa non ha imparato ad essere socialmente accettabile. Ma chi se ne frega.L'introversa ha imparato a darsi, anche se non lo sa, se non ci crede, se magari neppure lo vuole.
L'introversa COMUNICA.
L'introversa spero che capisca che sa comunicare. Sa dire, e non solo parlare.
Sa vedere e poi sa anche guardare .Sa dare. Emanuela
:)
EliminaBello. Troppo, però.
Introversa...ma molto bella!!!
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaGrazie per il coraggio di mostrare la parte di vulnerabilità che è in ognuno di noi. Sei un grande dono e un grande insegnamento x me.Love!
RispondiEliminaGrazie, anche tu per me.
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