Attenzione: in questo post vi spoilero "Il Ventre di Parigi" di Emile Zola, e non mi sento neanche tanto in colpa perché, se vi procuraste l'edizione Garzanti che ho ora in mano, ci penserebbe la nota bibliografica a spoilerarvelo.
"Il Ventre di Parigi" di Emile Zola, inizia lento. Minuziosissimo nelle descrizioni, decisamente cinematografico: voi leggete, ma vedete anche, capite?
Una curiosità: uno tra i primi personaggi a entrare in scena è Claude Lantier, vi dice niente? Ricordate L'ammazzatoio? Ricordate Gervaise e Lantier, i protagonisti? La sfortunata prole dei due, Nanà, Etienne e Claude, dà vita, rispettivamente, ai romanzi Nanà, Germinale e Il Ventre di Parigi (nel quale però Claude ha un ruolo secondario, a differenza degli altri due. Non credo se la sia presa, vista com'è stata trattata la sorella dal padre del naturalismo francese).
Non voglio addentrami in descrizioni tecnicistiche, primo perché non sono un critico, secondo perché la critica letteraria mi annoia, come forse vi ho già detto. Cioè, tu leggi un romanzo bellissimo, che ti fa piangere e venire la pelle d'oca e loro, capito, te la riducono a una questione di figure retoriche (che poi io queste prefazioni e note e blablabla, finisce sempre che le leggo avidamente, quindi insomma, dài, non dovrei sputare sul piatto dove mangio).
Vi racconto solo l'illuminazione che ho avuto, leggendolo.
Questo è un romanzo che parla di cibo e di comunismo.
I mercati, che sono molto più dell'unica ambientazione del romanzo, strabordano di cibo: le persone sono quello che vendono, che sia pesce, salumi, verdura, pollame.
Florent, deportato anni prima alla Caienna per "cospirazione" contro l'Impero, tornando clandestinamente a Parigi, si stabilisce a casa del fratello, grasso salumiere, sposato con Lisa. Florent è un puro di cuore, e questo lo mette al centro della curiosità e degli odi dell'umanità che sta attorno ai mercati: soprattutto di chi, scambiando pettegolezzi con avanzi di cibo, ne è parassita.
Florent conduce a casa del fratello una vita morigerata, frugale e per questo sospetta, con un'unica fiamma che lo accende: l'impegno politico. Ma Florent non è il sanguinario che le pettegole raccontano: è uno che si sente svenire se vede strangolare un pollo.
Il protagonista si vede infine tradito dall'intero quartiere, a partire dalla cognata, e viene condannato, nuovamente, alla deportazione.
Quello che appare chiarissimo, in questo come in tutti gli altri romanzi di Zola che ho letto, è che la gente è povera, piccola, ignorante, condannata a una vita moralmente misera e senza senso, molto simile a quella degli animali.
Quello che ho visto io, in questo romanzo è la mancanza della fame. Il cibo abbonda ovunque. E dove abbonda il cibo, nessuno sente il bisogno di fare la rivoluzione. In Germinale, i minatori avevano fame. Una fame fisica, che il lavoro, che era rischio continuo e sfruttamento, non poteva colmare, perché non venivano pagati abbastanza. Questo ha spinto i minatori a ribellarsi, sebbene senza successo, innalzando il livello morale.
Ne "Il Ventre di Parigi" nessuno ha fame. Tutti tradiscono il più puro, non tanto o non solo perché hanno davvero paura del comunismo, quanto per cattiveria gratuita.
Il romanzo finisce con Claude Lantier, uno tra i pochi personaggi "magri", ovvero che non ricercano l'abbondanza e l'abbuffata (anche in senso metaforico), che sentenzia, furioso:
"Che canaglia, la gente onesta!"
L'arresto del "rivoluzionario", che, docilissimo, non oppone la minima resistenza, ha qualcosa di kafkiano.
Del resto, è la vita stessa a insegnare che se prendi uno che si definisce "compagno" e gli fai credere che può avere due bistecche anziché una, ti tradirà e basta, senza chiedersi se ha bisogno davvero di due bistecche o se quella in più finirà per marcire.
Casualità, il libro che ho comprato il giorno stesso e che ho iniziato a leggere dopo poche ore, è un romanzo che ho iniziato alle superiori e che non ho mai finito: quel poco che ho letto mi ha comunque fatto precisamente capire il significato di kafkiano.
Il romanzo comincia con un arresto:
"Qualcuno doveva aver calunniato Josef K. perché senza che avesse fatto niente di male, una mattina fu arrestato"
"Il Ventre di Parigi" di Emile Zola, inizia lento. Minuziosissimo nelle descrizioni, decisamente cinematografico: voi leggete, ma vedete anche, capite?
Una curiosità: uno tra i primi personaggi a entrare in scena è Claude Lantier, vi dice niente? Ricordate L'ammazzatoio? Ricordate Gervaise e Lantier, i protagonisti? La sfortunata prole dei due, Nanà, Etienne e Claude, dà vita, rispettivamente, ai romanzi Nanà, Germinale e Il Ventre di Parigi (nel quale però Claude ha un ruolo secondario, a differenza degli altri due. Non credo se la sia presa, vista com'è stata trattata la sorella dal padre del naturalismo francese).
Non voglio addentrami in descrizioni tecnicistiche, primo perché non sono un critico, secondo perché la critica letteraria mi annoia, come forse vi ho già detto. Cioè, tu leggi un romanzo bellissimo, che ti fa piangere e venire la pelle d'oca e loro, capito, te la riducono a una questione di figure retoriche (che poi io queste prefazioni e note e blablabla, finisce sempre che le leggo avidamente, quindi insomma, dài, non dovrei sputare sul piatto dove mangio).
Vi racconto solo l'illuminazione che ho avuto, leggendolo.
Questo è un romanzo che parla di cibo e di comunismo.
I mercati, che sono molto più dell'unica ambientazione del romanzo, strabordano di cibo: le persone sono quello che vendono, che sia pesce, salumi, verdura, pollame.
Florent, deportato anni prima alla Caienna per "cospirazione" contro l'Impero, tornando clandestinamente a Parigi, si stabilisce a casa del fratello, grasso salumiere, sposato con Lisa. Florent è un puro di cuore, e questo lo mette al centro della curiosità e degli odi dell'umanità che sta attorno ai mercati: soprattutto di chi, scambiando pettegolezzi con avanzi di cibo, ne è parassita.
Florent conduce a casa del fratello una vita morigerata, frugale e per questo sospetta, con un'unica fiamma che lo accende: l'impegno politico. Ma Florent non è il sanguinario che le pettegole raccontano: è uno che si sente svenire se vede strangolare un pollo.
Il protagonista si vede infine tradito dall'intero quartiere, a partire dalla cognata, e viene condannato, nuovamente, alla deportazione.
Quello che appare chiarissimo, in questo come in tutti gli altri romanzi di Zola che ho letto, è che la gente è povera, piccola, ignorante, condannata a una vita moralmente misera e senza senso, molto simile a quella degli animali.
Quello che ho visto io, in questo romanzo è la mancanza della fame. Il cibo abbonda ovunque. E dove abbonda il cibo, nessuno sente il bisogno di fare la rivoluzione. In Germinale, i minatori avevano fame. Una fame fisica, che il lavoro, che era rischio continuo e sfruttamento, non poteva colmare, perché non venivano pagati abbastanza. Questo ha spinto i minatori a ribellarsi, sebbene senza successo, innalzando il livello morale.
Ne "Il Ventre di Parigi" nessuno ha fame. Tutti tradiscono il più puro, non tanto o non solo perché hanno davvero paura del comunismo, quanto per cattiveria gratuita.
Il romanzo finisce con Claude Lantier, uno tra i pochi personaggi "magri", ovvero che non ricercano l'abbondanza e l'abbuffata (anche in senso metaforico), che sentenzia, furioso:
"Che canaglia, la gente onesta!"
L'arresto del "rivoluzionario", che, docilissimo, non oppone la minima resistenza, ha qualcosa di kafkiano.
Del resto, è la vita stessa a insegnare che se prendi uno che si definisce "compagno" e gli fai credere che può avere due bistecche anziché una, ti tradirà e basta, senza chiedersi se ha bisogno davvero di due bistecche o se quella in più finirà per marcire.
Casualità, il libro che ho comprato il giorno stesso e che ho iniziato a leggere dopo poche ore, è un romanzo che ho iniziato alle superiori e che non ho mai finito: quel poco che ho letto mi ha comunque fatto precisamente capire il significato di kafkiano.
Il romanzo comincia con un arresto:
"Qualcuno doveva aver calunniato Josef K. perché senza che avesse fatto niente di male, una mattina fu arrestato"
"Del resto, è la vita stessa a insegnare che se prendi uno che si definisce "compagno" e gli fai credere che può avere due bistecche anziché una, ti tradirà e basta, senza chiedersi se ha bisogno davvero di due bistecche o se quella in più finirà per marcire."
RispondiEliminaApplausi!
giulia
Parole sante! Bella idea il Comunismo, così come l'Anarchia... Peccato che il genere umano statisticamente sia fatto di persone che fanno abbastanza schifo...
EliminaBoccadirose
Io ho letto l'ammazzatoio alle medie, in francese. Impresa titanica ma ne vale la pena
RispondiEliminacomplimenti. In francese dev'essere stato tosto...alle medie poi!
Eliminanon ho mai amato Zola...jane
RispondiEliminaCome li descrivi tu i libri, nessuno! Nana l'avevo letto al liceo, eh si, brutta fine pure lei.
RispondiEliminaSono d'accordo con te, finche i bisogni primari sono soddisfatti, difficilmente si farà la rivoluzione. Aggiungerei anche che se stanno tutti tutti più o meno nella stessa m... e non ci sono grosse differenze di classe, nemmeno.
Per di più, il sospetto di comunità omogenee verso il diverso e il tradire per il proprio tornaconto, mi sembrano ancora temi attualissimi. Ho paura che certi atteggiamenti non cambieranno mai.
Il determinismo come concetto è un po' inquietante ma quant'è vero. :(
EliminaNon hai mai letto il processo?? Oh ragazza mia che delusione!! Secondo me è uno dei libri più belli della storia!!
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