Esclusa l'eccellente compagnia di Lucia e i due o tre incontri piacevoli, andare alla blogfest è stato come andare a letto con uno che non mi piaceva tanto. Sai la voglia di fare la doccia e di negare l'accaduto, ma non proprio la delusione, solo un po' di fastidio.
Tanto per cominciare, mi sono resa meglio conto di quanto è eterogeneo il termine blogger e di quanto è eterogenea la rete, come la vita. Voglio dire, io mi sento molto blogger, come state of mind. E però mica è facile spiegare quello che è per me lo state of mind del blogging.
Penso che per semplificare, come dire, se dovessi spiegare a mia madre cosa significa che sono una blogger direi: mi sento alternativa, ecco. Insolita, dice qualcuno di voi. Un fake, mi hanno detto altri. Una francescana, secondo Barbara.
Quindi no? io pensavo di andare alla festa degli alternativi, e invece leggi sopra, la rete è eterogenea, e va bene così.
Noi blogger siamo così alternativi da gridare allo scandalo se uno mette un link perché ha ricevuto un prodotto in omaggio, ma poi premiamo i blog dei grandi brand, delle grandi testate e delle agenzie.
La cosa più vicina a quello che mi ero prefigurata sono stati comunque i Macchianera Awards. Io ero andata in rappresentanza di Genitori Crescono, che penso sia la migliore community sul web, e un sito dove c'è qualità vera (ci siamo classificate terze). Sono felice tuttavia che la prima classificata sia stata Chiara, che è una mia amica e una persona vera, e non una marchetta. Soprattutto sono felice di non essere dovuta salire sul palco. :)
Tra marchette e autoreferenzialità c'era anche il bel mondo eterogeneo dei blogger e dei "lavoratori del web": quelli che fanno informazione, quelli che fanno roba da smanettoni, che parlano di musica, libri, qualche esaltato, un po' di folklore, un po' di trash.
Intanto che c'ero sono andata anche ai Twitter Awards ed era davvero wannabe in tv. Mi sono imbattuta in gente che non pare avere qualità se non tanti followers su Twitter.
Ma parliamo di cosa significa "di lavoro faccio il blogger". Bè, non significa un cazzo, è come dire, vivo per lavoro.
Sono stata a un panel con, tra gli altri, Peter Gomez. Ha detto qualcosa come:
L'impressione generale è comunque che questi giornalisti old school che, per carità, sanno fare bene il loro lavoro (e sanno fare benissimo anche lobbing), hanno capito che il lavoro sul web richiede professionalità, eppure non riescono ad ammettere che forse a un giornale non servono più venti giornalisti, ma magari dieci+un seo+ un social media+ un grafico+ uno sviluppatore+ due blogger, per dire.
E allora per non uscire dalla loro riserva indiana dicono, ok, al giornale servono ancora trenta giornalisti, tutte le altre figure professionali ce le pigliamo aggratis in cambio di visibilità. Visibilità che a qualcuno interessa, ci mancherebbe, va benissimo. Però cazzo, riconosci che sto facendo qualcosa che tu non sai fare e che guadagno solo visibilità: almeno non pigliarmi per il culo dicendo che forse a fine 2014 mi dai 30 euro, no?
Insomma, è stato tutto piuttosto deludente.
Quanto paga, a me, fare la dura e pura? Bè, voi.
Sono rientrata in macchina che sentivo il bisogno fisico di qualcosa di vero, non artefatto.
Quando a Faenza, ho salutato il casellante che dava i resti, nel cabinotto al neon, gli sono stata molto grata.
Tanto per cominciare, mi sono resa meglio conto di quanto è eterogeneo il termine blogger e di quanto è eterogenea la rete, come la vita. Voglio dire, io mi sento molto blogger, come state of mind. E però mica è facile spiegare quello che è per me lo state of mind del blogging.
Sì, sono una blogger, no, non voglio fare la giornalista. E no, non voglio neanche far marketing, o meglio, lo faccio, ma non nel mio blog personale. Non sono neanche una nerd. Cioé non sono una nerd però so qualcosina di seo tecnico. Al contempo non ho mai imparato a usare il lettore dvd. Ho amici conosciuti sul web ma i social network mi fanno cagare, nessuno escluso. Non dico di me che sono una scrittrice e non sogno neanche di finire in televisione.Un po' complicata come definizione, vero?
Penso che per semplificare, come dire, se dovessi spiegare a mia madre cosa significa che sono una blogger direi: mi sento alternativa, ecco. Insolita, dice qualcuno di voi. Un fake, mi hanno detto altri. Una francescana, secondo Barbara.
Quindi no? io pensavo di andare alla festa degli alternativi, e invece leggi sopra, la rete è eterogenea, e va bene così.
Noi blogger siamo così alternativi da gridare allo scandalo se uno mette un link perché ha ricevuto un prodotto in omaggio, ma poi premiamo i blog dei grandi brand, delle grandi testate e delle agenzie.
La cosa più vicina a quello che mi ero prefigurata sono stati comunque i Macchianera Awards. Io ero andata in rappresentanza di Genitori Crescono, che penso sia la migliore community sul web, e un sito dove c'è qualità vera (ci siamo classificate terze). Sono felice tuttavia che la prima classificata sia stata Chiara, che è una mia amica e una persona vera, e non una marchetta. Soprattutto sono felice di non essere dovuta salire sul palco. :)
Tra marchette e autoreferenzialità c'era anche il bel mondo eterogeneo dei blogger e dei "lavoratori del web": quelli che fanno informazione, quelli che fanno roba da smanettoni, che parlano di musica, libri, qualche esaltato, un po' di folklore, un po' di trash.
Intanto che c'ero sono andata anche ai Twitter Awards ed era davvero wannabe in tv. Mi sono imbattuta in gente che non pare avere qualità se non tanti followers su Twitter.
Ma parliamo di cosa significa "di lavoro faccio il blogger". Bè, non significa un cazzo, è come dire, vivo per lavoro.
Sono stata a un panel con, tra gli altri, Peter Gomez. Ha detto qualcosa come:
il Fatto Quotidiano non può permettersi di pagare i blogger che ci lavorano. Se andiamo a pareggio forse a fine 2014.Siamo sempre all'annosa questione visibilità vs pagamento. La mia personalissima opinione è che preferisco scrivere gratis una, due, tre volte su qualcosa che posso mettere nel curriculum, piuttosto che elemosinare 30 euro cedendo la mia indipendenza di pensiero, ma so che la questione è opinabile. In ogni caso, se tu ritieni che il lavoro si possa pagare con le briciole e le promesse, ex post, se rimane qualcosa, bè, magari facevi meglio a non dirlo, sei poco furbo.
L'impressione generale è comunque che questi giornalisti old school che, per carità, sanno fare bene il loro lavoro (e sanno fare benissimo anche lobbing), hanno capito che il lavoro sul web richiede professionalità, eppure non riescono ad ammettere che forse a un giornale non servono più venti giornalisti, ma magari dieci+un seo+ un social media+ un grafico+ uno sviluppatore+ due blogger, per dire.
E allora per non uscire dalla loro riserva indiana dicono, ok, al giornale servono ancora trenta giornalisti, tutte le altre figure professionali ce le pigliamo aggratis in cambio di visibilità. Visibilità che a qualcuno interessa, ci mancherebbe, va benissimo. Però cazzo, riconosci che sto facendo qualcosa che tu non sai fare e che guadagno solo visibilità: almeno non pigliarmi per il culo dicendo che forse a fine 2014 mi dai 30 euro, no?
Insomma, è stato tutto piuttosto deludente.
Quanto paga, a me, fare la dura e pura? Bè, voi.
Sono rientrata in macchina che sentivo il bisogno fisico di qualcosa di vero, non artefatto.
Quando a Faenza, ho salutato il casellante che dava i resti, nel cabinotto al neon, gli sono stata molto grata.
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RispondiEliminaIo ho un parere molto chiaro in merito al fattore visibilità: ma chi è questo?
RispondiEliminaOra non so se il problema ce l'ho io che non li conosco, loro che (da quello che leggo) pensano di essere veramente famosi o se "famo a mezzi", quindi io sono un po' ignorante e loro non hanno una chiara percezione della realtà.
Boh... si accettano consigli.
la maggior parte dei blogger famosi sono sconosciuti ai più. Ma dài, Peter Gomez è famoso, più o meno.
EliminaAllora mi sa che sono proprio troppo ignorante; il problema è che di Gomez ne conosco già uno e non posso avere doppioni, ché poi comincio a fare confusione e mi immagino Morticia fashion blogger, Mercoledì editorialista e Pugsley pubblicista.
Eliminadiciamo pure, con affetto, che non ci sono più quei tanti soldi di una volta di cui nessuno di NOI radicalchic, poco avvezzi a sporcarci le mani, si domandava la provenienza.
RispondiEliminaIn altri tempi ti avrei consigliato l'iscrizione al mio albo dei commentatori profescional, ma oggi purtroppo anche grandi professionisti battono la fiacca
ahah, grazie, ma io commento poco. Però sono radicalchic, vero.
EliminaBasta che continui a scrivere qua.
RispondiEliminaSulla questione visibilità vs pagamento io sono molto in dubbio. È vero che bisogna fare curriculum, ma è anche vero che sarebbe giusto fare curriculum grazie a lavori che vengono pagati. Ma io sono disoccupato, che voglio capirne?
RispondiEliminaComunque mi rispecchio molto nella tua definizione di blogger.
Dovremmo farci pagare anche le prestazioni sessuali XD
EliminaHo bisogno anch'io di rapporti fisici, ultimamente. Scritto così è ampiamente fraintendibile, ma pazienza.
RispondiEliminasulla questione di lavorare gratis per avere visibilità non sono molto d'accordo: va bene che io avrò visibilità, ma tu sul mio lavoro ci guadagni. E' vero che io ho bisogno di questa visibilità, ma tu hai bisogno di uno che ti faccia il lavoro. Magari poco, ma qualcosa sarebbe giusto pagare. Lavoro gratis in cambio di visibilità mi puzza un po troppo di sfruttamento.
RispondiEliminaNon so, credo che se tu ti fai sfruttare è perché lo vuoi.mi metterei mai di notte, tipo piccolo scrivano fiorentino, a lavorare non pagata, però forse un articolo su un bel sito lo farei. O la volontaria a un progetto che mi piace, dove non guadagna nessuno.
Eliminaecco un commento vero al BF... alcune cose lette erano troppo zucchero e cannella..
RispondiEliminaAlla fine, sia per i datori di lavoro (tutti, mica solo quelli on line) che non vogliono scucire, che per i wannabetwitstars, per me (e sottolineo PER ME) sempre accattonaggio è. Punto.
RispondiEliminaEcco perché mi piace leggerti, e mi piacerebbe pure conoscerti (Lucia, per fortuna, l'ho incontrata quest'estate)!
Resta dura e pura, senza informarci dei tuoi autfits, magnificare i tuoi sponsors, fotografare le bimbe che partecipano agli eventi vip eccetera eccetera: vai benissimo così.
Quando vieni in italia fai un tweet che veniamo a fare una gita turistica in quel del montefeltro :)
EliminaGuarda secondo me hai ragione, alla fine meglio duri e puri
RispondiEliminaPremesso che non conosco gli eventi a cui hai partecipato, non mi stupisce che l'esperienza sia stata deludente: sono sempre molto prevenuta su tutte le situazioni che trasferiscono il virtuale nel reale, sono ad altissimo pericolo delusione!
RispondiEliminaPer quanto mi riguarda i blog (il mio e gli altri) sono solo uno svago e mi spiace sempre quando diventano un lavoro, perchè da quel momento qualcosa cambia irrimediabilmente (anche nel caso di Chiara che tu citi, purtroppo).
Io mi fermo parecchio prima della questione visibilità vs pagamento: a me sta stretta anche la questione libertà-di-scrivere-quello-che-mi-sento-oggi vs visibilità ;)
Non so, sarò troppo purista ma preferisco chi separa nettamente il lavoro dalla passione per i blog, amo leggere chi scrive in modo totalmente spontaneo, per chiacchierare in modo virtuale, non per attirare visitatori. Sarà una coincidenza, ma generalmente i miei blog preferiti hanno pochi visitatori, guarda un po' ;)
aspetta, prima di quest'occasione non ero praticamente mai stata delusa dall'incontrare qualcuno conosciuto sul web.
EliminaAnche a me spiace un po' quando il blog diventa lavoro, però, fidati, ci sono anche tanti blog che sono lavoro ma non sembra.
Sensazioni che mi è capitato di provare all'unica convention di blogger a cui ho partecipato. Anche se, devo, dire, alla fine ci si salva con gli incontri di persona interessanti e vere. Con le quali non parli di visite, di statistiche o di SEO. E se lo fai lo fai per ridertela di gusto.
RispondiEliminaA me il seo piace, però è semi-ridicolo parlare di ottimizzazione sui nostri blog :)
Eliminaé semi-ridicolo, si! Infatti se ne parla per ridere. Io, riferito alle mamme-blogger la chiamo la fissa per l'O-Seo. E l'Oseo non sto qui a specificartelo ma credo che forse ci arrivi da sola. ;)
EliminaIo ero a prendere il sole al 24. Il bagno di fianco per intenderci. Ci si poteva prendere un caffè e una paglia insieme. Sarà per la prossima. xxx
RispondiEliminanice pic Polly!
dài, peccato! Comunque mi s'è spento il telefono nel pomeriggio e non sono riuscita a vedere molte persone...
EliminaIl casellante che ti saluta è impagabile.
RispondiElimina"feels like home".
Se non abiti in una metropoli.
Frequento il mondo dei blog da qualche anno ma non sono mai riuscita a tirare fuori la mia testolina dall'anonimato. Ho fatto male, ho fatto bene...francamente non mi interessa. Il punto è un altro. Sento proprio la necessità di dirti che mi piace moltissimo come scrivi e quello che scrivi. La tua ironia, le tue provocazioni, un certo sarcasmo, l'umoralità difesa a spada tratta.
RispondiEliminaIl mondo dei blog è piacevole ma spesso finto. Alcuni blog, almeno per me, funzionano come una droga buona: li seguo come si legge una favola per consolarmi pensando che da qualche parte nel mondo esistono vite perfette di chi non fa mai fatica, prende tutto con filosofia, va sempre in vacanza e fa un sacco di fotografie stupende. Ma alla fine del visite non so mai se essere felice di riflesso o sentirmi profondamente incazzata. Tu invece mi piaci davvero proprio per il motivo contrario: mi riporti sempre al reale anche per la tua capacità di giocare ad entrare ed uscire da qualsivoglia cliché...anche quello dell'alternativa per forza e per mestiere. Grazie davvero.
Uhm, è un bellissimo commento, però credo che quando ci rifugiamo negli stereotipi, lo facciamo non perché vogliamo prendere in giro gli altri ma perché vogliamo rassicurare noi stessi. Lo faccio anch'io. :)
RispondiEliminauna bella boccata di aria fresca, dopo quella fritta. (non al casello però)
RispondiEliminanu ti prego, se prendi una boccata d'aria al casello di faenza rischi la morte XD
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