Non vi ho mai raccontato come e perché ho messo fine alla mia, ahem, brillante carriera di giornalista (talmente brillante che in sei anni e molti articoli non ho mai ritenuto interessante la possibilità di diventare pubblicista). Non ve lo racconterò ora. Però, ora che mi vergogno un po’ meno della figura di merda, parlerò di un episodio accadutomi quest’estate. Da diversi anni collaboravo con un settimanale locale di approfondimento, e a un certo punto ho deciso di mollare, per alcuni motivi che non vi starò a elencare. Solo il principale: questa cosa che facevo, a livello creativo, stava cominciando a darmi veramente poco. E io c’ho questo difetto o pregio (ma credo difetto) che inseguo solo le cose che mi piacciono e mai quelle che mi portano dei vantaggi. Tipo non so, se vogliamo ampliare il ragionamento, è come quando vedi certe donne e ti dici “c’è qualcuno al mondo che si scopa sempre il tipo giusto”. Ecco, io non sono quel tipo di donna intelligente e fortunata, per farvi
Vita, morte ma soprattutto miracoli di Valentina Santandrea