I palazzoni contengono un sacco di storie e di personaggi. Chi ambisce a scrivere dovrebbe passare almeno dieci anni dentro a un palazzone, sennò rischia di parlare solo di robe noiose, palle mortali, surrogati di vita.
Voglio dire.
Certi borghesi.
Che palle.
Al massimo si fanno due corna, due righe di coca. Stanno lì a cena al ristorante, a parlare di cose vuote, si divertono ad andare a sciare, ti martellano i coglioni con le loro storie di viaggio, e tu te li figuri all'estero, ridicoli, che già farfugliano male l'italiano, figurati l'inglese.
Ma nei palazzi popolari c'è la vita. La vicina che litiga di notte con il senegalese di turno. L'odore di minestra nella tromba delle scale. I vecchi che sputano dalla finestra i nòccioli delle ciliegie. La vita urlata che passa le pareti. Le cicche di sigarette per terra. E le siringhe in cortile, vent'anni fa.
Quando ero piccola, noi si viveva in un palazzone, in un paesone di provincia più o meno endogamico, dove tutti erano contadini, chi più, chi meno. Pochissimi immigrati, guardati come strani, quasi tutti italiani del sud, tutti catalogati nella definizione onnicomprensiva di "marocchino". Solo poi, è arrivato Bossi e ci ha detto che eravamo marocchini anche noi romagnoli, e allora ci siamo un po' ridimensionati.
Uno tra i ricordi più vividi della mia infanzia è l'episodio dei topi.
C'era questo vicino che di lavoro raccoglieva il cartone. Non so dove lo raccogliesse, perché all'epoca nessuno faceva la raccolta differenziata. Comunque. Lui ci aveva questo carretto a pedali e al mattino usciva e alla sera tornava con il carretto pieno pieno di cartone, che accumulava in una specie di rimessa, dietro al palazzone, dove la gente andava anche a pisciare. Diedero la colpa a lui quando il cortile si riempì di ratti lunghi così. Si rivoltarono, le vecchie. Dicevano che i topi hanno il morso dolce, che sarebbero capaci di divorarti mentre tu nemmeno te ne accorgi, chessò, mentre dormi. Io mi ricordo che era primavera e me ne stavo seduta in cortile. E vedevo il papà di Marco, il mio amichetto ritardato che tentava sempre di farmi vedere il pisello, che era uscito con la pala e dava la caccia a questi ratti enormi, mentre le vecchie se ne stavano sedute a cianciare. Io stavo con i piedi sulla sedia, e abbracciavo le mie gambe lunghe da stambecco, e un po' avevo paura, un po' ero indignata per osmosi, e un po' ero emozionata.
Nonna poi, mi ha detto che a scuola non lo dovevo raccontare.
Voglio dire.
Certi borghesi.
Che palle.
Al massimo si fanno due corna, due righe di coca. Stanno lì a cena al ristorante, a parlare di cose vuote, si divertono ad andare a sciare, ti martellano i coglioni con le loro storie di viaggio, e tu te li figuri all'estero, ridicoli, che già farfugliano male l'italiano, figurati l'inglese.
Ma nei palazzi popolari c'è la vita. La vicina che litiga di notte con il senegalese di turno. L'odore di minestra nella tromba delle scale. I vecchi che sputano dalla finestra i nòccioli delle ciliegie. La vita urlata che passa le pareti. Le cicche di sigarette per terra. E le siringhe in cortile, vent'anni fa.
Quando ero piccola, noi si viveva in un palazzone, in un paesone di provincia più o meno endogamico, dove tutti erano contadini, chi più, chi meno. Pochissimi immigrati, guardati come strani, quasi tutti italiani del sud, tutti catalogati nella definizione onnicomprensiva di "marocchino". Solo poi, è arrivato Bossi e ci ha detto che eravamo marocchini anche noi romagnoli, e allora ci siamo un po' ridimensionati.
Uno tra i ricordi più vividi della mia infanzia è l'episodio dei topi.
C'era questo vicino che di lavoro raccoglieva il cartone. Non so dove lo raccogliesse, perché all'epoca nessuno faceva la raccolta differenziata. Comunque. Lui ci aveva questo carretto a pedali e al mattino usciva e alla sera tornava con il carretto pieno pieno di cartone, che accumulava in una specie di rimessa, dietro al palazzone, dove la gente andava anche a pisciare. Diedero la colpa a lui quando il cortile si riempì di ratti lunghi così. Si rivoltarono, le vecchie. Dicevano che i topi hanno il morso dolce, che sarebbero capaci di divorarti mentre tu nemmeno te ne accorgi, chessò, mentre dormi. Io mi ricordo che era primavera e me ne stavo seduta in cortile. E vedevo il papà di Marco, il mio amichetto ritardato che tentava sempre di farmi vedere il pisello, che era uscito con la pala e dava la caccia a questi ratti enormi, mentre le vecchie se ne stavano sedute a cianciare. Io stavo con i piedi sulla sedia, e abbracciavo le mie gambe lunghe da stambecco, e un po' avevo paura, un po' ero indignata per osmosi, e un po' ero emozionata.
Nonna poi, mi ha detto che a scuola non lo dovevo raccontare.
Hai ragione
RispondiEliminanei palazzi si trovano personaggi meravigliosi dal consigliere super impegnato che ti chiama cento volte per ricordarti di chiudere il portone, a quello che puntualmente fa cadere la stessa cosa alla stessa ora... insomma materiale per attori e scrittori.
Posso?
RispondiEliminaUn abbraccio.
io ricordo ancora quando mio zio aveva trovato nella stalla una nidiata di topini. erano così piccini, ancora rosa, con la mamma che li proteggeva, saranno stato 10 o 15, vai a ricordarti. li ha uccisi a badilate.
RispondiEliminaOccazzo!! Anche io avevo il vicino raccogli cartone!!!
RispondiEliminaanche da noi c'era un personaggio simile. Con l'Ape sempre pieno di cartone. Tutti lo chiamavano "Cartoni Animati" perchè era sempre là a strapparli e a pigarli in tutti i modi per farceli stare sul cassoncino. Ancora oggi a 20 anni di distanza non so ancora come si chiamasse davvero.
RispondiEliminaLa prima parte di questo post è poetica, ma devo smettere di farti i complimenti.
RispondiEliminaRicordo anche io i palazzoni di quando ero piccola, uno in costruzione di fianco casa nostra; giocavamo con le stecche piene di chiodi, con le tegole rotte, salivamo sugli scalini di cemento: nessuno che ci obbligasse a fare nulla, nessuno che ci cacciasse. E' uno dei ricordi più dolci che ho.
Io sono fortunata, vivo in un palazzo di borghesi, sono tutti dottori e avvocati e commercialisti epperò di fronte ho il palazzone popolare, con i senegalesi che tengono le scarpe sul balcone e le vecchie che si chiamano in dialetto da un balcone all'altro. E' bellissimo, le vite tutt'intorno.
RispondiEliminatanto ritardato allora non era, la sapeva lunga....
RispondiEliminaEcco, vedi, quando scrivi così, io ti trovo assolutamente sublime.
RispondiEliminaIo niente palazzo, stavo in un cortile. E in vece del cartono c'era "il Ricci" che veniva con l'Ape e prendere il ferro. I miei ci stanno ancora, con la vecchia che ogni giorno chiede ai miei "dumon l'è venerdè?", e il rumeno che ha portato all'ospedale d'inverno la moglie con le doglie sulla vespa.. Però un topo con la pala mio papà l'ha ammazzato anche quest'anno..
RispondiElimina@anna: mio nonno mi racconta sempre che ha portato la nonna a partorire in bicicletta, che bello :)
RispondiElimina@bianca: ehhhh, ma và! :D
@emy: era un ritardato maniaco sessuale, per la precisione.
@claudiappì: "le vite tutt'intorno". Bello.
@lu: nuuu, ti prego, fammeli i complimenti sennò non capisco mai se scrivo robe patetiche e pretenziose o meno. Che a volte leggo cose che mi dico "Ma sto qui non si sente scemo a pubblicare sta roba, ma che è!"
@gae: ehhh, l'ape, tu sei moderno!
@miah: per me siamo vecchie. Detta così, fa proprio vecchie.
@elena: marò :(
@dalle: anche dueeeee!
@ernest: ho sempre desiderato scrivere un libro sul palazzone :)
Non posso esimermi dal citare:
RispondiElimina"Topi topi, tu e il tuo stupido incubo dei topi"
Willow
Baci e pensieri, che ci sono sempre, tra uno sbarabaus e l'altro.
Il folklore dei palazzoni è indubbiamente sublime.
RispondiEliminaMa so per certo che i topi te li trovi pure nei palazzi dei ricchi. Tiè.
E io, invece che stare rannicchiata, sarei morta. Ah...
RispondiEliminaChe i topi c'abbiano il morso dolce non ci credo mica, secondo me te ne accorgie come!!! Sempre per restare in tema, dovresti vedere le allegre nutrie del trasimeno (il famoso rat musqué degli anni ottanta) che giravano per la piazza del paesello!
RispondiEliminaPS. bellissimo post.
sembra l'incipit di un romanzo..mi viene voglia di leggere il resto..
RispondiEliminaCiao poetessa, buon weekend :)
RispondiEliminaSarà da borghesotta ma io in un palazzone di oggi con le siringone e il vecchio schizofrenico che butta la mondezza dalla finestra del 14°piano non c'abiterei. Da grande voglio fare la scrittice fantasy, non neo-realista.
RispondiEliminaAnyway, kisses
Pat
@pat: la mia era chiaramente una provocazione: ti pare che io ci vorrei ritornare? l'altro giorno ho visto una siringa per terra e ho cominciato a piangere, per poco non vomitavo e un'amica mi ha dovuta portar via. Ho una casetta borghesotta, dei vicini borghesotti che non fanno casino, non si menano, e soprattutto non si fanno. Però non mi vergogno di dove sono nata.
RispondiEliminavenire da quei posti densi di vita nelle sue forme più svariate ed intense trovo apra la mente e acuisca la sensibilità. Poi è chiaro che mica sei contenta da bambina di essere lì ma, una volta cresciuta ed in un certo senso affrancata dagli squarci peggiori di cotanto brulicare di vita, forse c'è modo di sentirsi fortunata. Non solo di esserne uscita, anche di esserci stata.
RispondiEliminaA scuola no...ma nessuno ha parlato di blog vero??? :-p
RispondiEliminaMa vediamone il lato positivo, non era necessario andare allo zoo per vedere le bestie feroci!!
Quanti ricordi che mi hai acceso. Il palazzone dove abitava mia nonna, a Bologna, e dove poi da adulta ho abitato io. L'odore perenne di cavolfiore giù per le scale; quello del quinto piano che non pagava il condomino e si teneva 2 alani in casa nonostante fosse vietato; d'estate, con le finestre aperte, sentire cosa stava guardando qualcun altro alla tele e dire "oh cambia che ci dev'essere un bel film su un qualche canale"; i mastrodontici orgasmi delle tipa del piano di sopra ...
RispondiEliminaAh, le siringhe per terra, che ricordo d'infanzia...
RispondiEliminaAdesso ci si fa di coca, non ci sono più i drogati di una volta!
Il palazzone, ovverosia Il Fabbricone.
RispondiEliminaio vivevo in un condominio con 12 appartamenti e cantina interrata, quindi non un palazzone, nessun vicino maleducato (a parte il ragazzino che tirava pallonate ovunque...io), nessun drogato che si fermasse in cortile, però i topi si, quelli c'erano..... e non mi mancano!
RispondiEliminaI telefilm americani parlano dei borghesi, i bloggher dei palazzoni. Chi vince? :)
RispondiEliminaE io che ho sempre abitato in una villetta non potete avere idea di quanto invidiavo le mie due migliori amiche che abitavano alle Gescal. Passavo le giornate a casa loro e tornavo solo per cena.
RispondiEliminaAnche oggi penso che ai miei figli farebbe un gran bene abitare in un palazzo: passerebbero più tempo fuori e meno tempo attaccati al computer e alla Play Station.
P.S. Complimenti per il tuo blog. Scrivi veramente bene, con una fantastica autoironia!!
Io credo che sia bello ricordarsi sempre da dove si viene.
RispondiEliminaIn fin dei conti se siamo così è per le nostre esperienza di vita.
Nascere in un posto dove non hai il culo al caldo secondo me ti da uno stimolo in più.
La generazione dei miei nonni è quella che ha patito la fame, ma anche la più cazzuta e tosta.
Noi eravamo 4 figli in una famiglia dove i soldi erano contati.
E per pagarmi l'università lavoravo da maggio a ottobre in fabbrica come operaia stagionale.
Addetta al confezionamento panettoni:)
E' stato un periodo bellissimo che mi ha insegnato tanto.
Tempo fa ho incontrato una ragazza con cui per 3 stagioni abbiamo lavorato insieme.
Mi ha detto di non aver mai raccontato "questi trascorsi" al marito, non vuole che sappia che si è pagata gli studi lavorando in fabbrica.
Pura follia, era meglio ballare il bunga bunga?
quoto Lavinia in toto. é importantissimo ricordarsi da dove si viene, le nostre origini sono la parte più importante di noi.
RispondiEliminaE sono d'accordo anche con chi dice che partire svantaggiati dà una marcia in più per il futuro... o per lo meno, uno sguardo più ampio e la famosa empatia, che, mi scusino tanti i ricchi con tante buone intenzioni, non viene "di regalo", ma la prova veramente solo chi certe cose le ha vissute. È curioso come proprio oggi stavo pensando e scrivendo cose simili... la famosa telepatia 2.0!
Polly, da un paio di mesi ti leggo sempre, e visto che li vuoi
(e chi no?) ti faccio tanti tanti complimenti, scrivi molto bene, mi piace un sacco leggerti. A parte che mi sei simpaticissima e avrei una voglia matta di partecipare a una cena da "sit-com", come dici tu, con la tua famiglia...
Quando il mio blog sarà qualcosa di più che un work in progress, ti inviterò volentieri...
"Il bambino dei topi" di Angelo Branduardi
RispondiEliminaParliamo ancora di lui
sottovoce quando viene sera,
seduti vicini, con un po' di paura.
Di quando ci rincorreva
ridendo in quel modo strano
e poi si nascondeva
a spiarci da lontano.
Viveva là sulla collina.
Passava le sue giornate
a guardare i passeri volare,
giocava con i topi, ma con noi non parlava.
Noi lo tormentavamo
cercando di farlo piangere
ma lui non ci badava e se ne andava.
Suo padre non lo amava,
ogni giorno lo picchiava:
non poteva sopportare quei suoi occhi strani.
Sua madre lo consolava,
lui se ne andava sotto la pioggia
a piedi nudi, camminava adagio.
Sono così lontane
le cose accadute allora
ma qualche volta di lui noi parliamo ancora.
Nelle sere d'estate
quando qui ci si annoia,
seduti vicini lasciando che il tempo passi.
Paolino Paperino
Io sono cresciuta in campagna e sono felice di questo.
RispondiElimina"portare dei fiori sulla tomba di un topo...
RispondiEliminaroba da matti, roba da bambini... , roba da poeti"
Non ricordo dove ma l'ho letto sentito sognato. Non so.
Io purtroppo ho sempre abitato e continuo ad abitare in questi fuckinpalazzipalazzonipalazzine. E sinceramente ho perso un po' la poesia della "vita tutt'intorno". Mi piacerebbe ritrovarla.
off topic: Vale ho visto 'La sposa turca' perché l'avevo letto qui da te... e mi pento di averlo fatto, argh :(
RispondiEliminabeh ci sarà pure una via di mezzo tra le siringhe nel cortile e la villetta a schiera!
RispondiEliminaio ho sempre abitato in qualche appartamento.
nei cortili ci ho giocato da bimba e ci ho fatto qualche bel festone da grande. e avanti/indietro con la pupa in braccio per farla addormentare.
nel cortile c'era il ciclista il panettiere o i il ristorante cinese, in un caso c'era pure la puttana.
che era però una signora per bene, gentile con noi bimbe. però era sempre in camicia da notte.
Comunque, niente batte la bellezza di sedersi sul ballatoio a bere una birra col vicino di casa.
La villetta, almeno come si declina qui in brianza, è davvero un posto triste. serrato da siepi: qui ci stiamo noi, gli altri fuori. Isolato da strade non pedonabili e buie: che tu non possa muoverti se non hai un motore sotto al culo.
Inoltre, il ragionamento più semplice lo si fa sul consumo del territorio: per avere tutti la villetta a schiera dobbiamo rinunciare tutti ad avere il bosco. Vedete un po' cosa conviene...
Qui purtroppo han già scelto senza interpellarmi e non è rimasto quasi niente. Entri nel bosco e dopo 2-3 km sei fuori di nuovo dietro ad un centro commerciale.
uff
Bello, bellissimo post. Un po' Moravia, un po' Pratolini, un po' tutto un genere che mi piace un sacco. E che mi fa dimenticare per un attimo il fatto di vivere in una casa del 1916, con le cassette della posta in legno d'epoca, che i vicini borghesi usano per infilare post-it minacciosi su come hai lasciato il passeggino nell'atrio del portone e su come dovresti limitare l'odore di soffritto che esce da casa tua. Nessuno di loro si droga, in compenso la foglia di farti viene a te :)
RispondiElimina@benedetta: ehhhhh, moravia e pratolini :D
RispondiEliminase ti consola anche i miei vicini (nella vecchia casa) mi mettevano i post it perché sostenevano che il mio passeggino lasciato nell'atrio puzzava.
@frantola: la mia casa è dentro a un borghetto composto da una decina di case di sasso, a strapiombo sul fiume. ognuno ha la sua casa suasuasua, però il cancello non ce l'ha nessuno, e il basilico e il rosmarino sono collettivi, e se uno avanza delle pesche o delle uova, le distribuisce ai vicini. E dalla finestra si vede il bosco di ulivi :)
@pellon's: marò, non abbiamo neanche più i vecchi, cari eroinomani :)
@emy: perché? triste vero? l'avevo detto che era triste!
@lady: ma guarda che, detto tra noi, se abitassi ancora con la vicina che origlia ogni tuoi movimento/il tossico/il vecchio che piscia in cortile, la poesia sarebbe passata anche a me!
acc la famigliola di case di sasso mi fa molta invidia! con l'orto collettivo poi!
RispondiElimina