A diciassette anni pensavo che nessuno mi avrebbe più procurato quegli imbarazzanti segni sul collo che vengono chiamati "succhiotti", e invece. Io ho nostalgia delle zanzare. Quelle di una volta. Quelle che arrivavano quando calava la notte, e difatti mia nonna, la sera stava sempre la buio per non attirarle. Ma forse era una strategia per barare quando giocavamo a briscola. C'avevo la mia personale teoria, quando mi insolentivano con quel ronzio intermittente. Accendevo la luce in un'altra stanza e loro uscivano, decretando la mia evidentissima superiorità morale e intellettiva. Che sottolineavo con un esplicito gesto dell'ombrello all'ignaro insetto. Qualche anno fa, bastava non abitare a Ravenna, ovvero nella palude, per non fare la conoscenza della temibile zanzara tigre. E invece sono arrivate anche qui, le troie. Ci sono anche e soprattutto di giorno. In genere a loro basta mia figlia, dalla pelle sottile e delicata. In mancanza d'altro, vad
Vita, morte ma soprattutto miracoli di Valentina Santandrea