AVVERTENZA: post serio (a modo mio).
FONTE DI ISPIRAZIONE: Piattini cinesi, Lucciole e lanterne.
Si sentiva proprio bisogno di un mio post sul velo islamico?
CORO: Anche noooooo!
LETTRICE ACUTA: Al solito pecchi di imprecisione, cara Pollywantsacracker/Polly per le groupies/ Vale per gli amici/Valentina come mi chiama il Donatore quando è incazzato. Perchè un conto è parlare di burqa o niqab, un conto è parlare di hijab o chador (andate a vedere qua).
Vediamo, io non è che sia un'esperta di islamistica: ho solo letto un paio di saggi (tra cui, e ve lo consiglio, Islam e Democrazia di Fatima Mernissi) e affrontato un bell'esame all'università con nientemeno che Valentina Colombo, che mi spingo a definire una luminare.
L'unico musulmano che ho vicino è appunto il mio vicino, che mi porta spesso dei dolci al semolino e lo vedo alla sera che telefona a sua moglie ed è triste. Si chiama Al Sharkawi, e noi lo chiamiamo affettuosamente Shark perchè ci ha affittato il suo garage affinchè potessimo tenere le biciclette e poi le ha vendute, ma questa è un'altra storia.
Sto scrivendo da donna. E sulle mie opinioni posso dirmi piuttosto esperta.
Intanto sulla nostra parità ed emancipazione ci avrei qualche dubbio. Per questo trovo che non abbiamo così tanto da insegnare alle donne musulmane. Certo, non possiamo scrollarci di dosso il nostro atavico eurocentrismo, e le nostre categorie occidentali, ma da qui a proferire che noi siamo libere e loro no, ci passa una bella differenza.
Ma
noi abbiamo ereditato qualcosa da quelle pazze che bruciavano i reggiseni in piazza. Abbiamo ereditato, oltre a qualche diritto sulla carta che viene periodicamente strumentalizzato per fini politico-demagogici (vedi aborto), anche una certa consapevolezza "emotiva", riconosciamo la nostra diversa identità di genere, ci sentiamo libere, rispetto alle nostre nonne, ma anche rispetto agli uomini, di scandagliare le emozioni legate alla sfera della sessualità, della maternità, dei sentimenti.
Ciò non significa che, come donne occidentali, siamo le uniche a riconoscere la nostra identità di genere e a provare le emozioni di cui parliamo.
Non vi è identità tra il femminismo in senso lato e il femminismo come processo storico in Occidente.
Possiamo in un contesto globale di rivendicazione di diritti, guardare il velo e l'identità delle donne islamiche attraverso le nostre categorie e il nostro "vissuto collettivo", la nostra Weltanshauung occidentale?
A mio avviso, no.
Escludendo la questione burqa e sicurezza, trovo che ogni imposizione velo-non velo sia pretestuosa, e celi da parte del potere politico interessi oppressivi. E maschili, statisticamente parlando.
Se noi vi abbocchiamo, lediamo alla nostra causa.
Mi piace vedere il "nostro" e il "loro" percorso, le nostre identità di genere, come strade che si stanno congiungendo, per motivi storici. Ci troviamo a vivere spesso tutte assieme, se non fisicamente, almeno virtualmente o potenzialmente e le nostre strade non possono continuare ad scorrere parallele.
Se fossi capace di disegnare, illustrerei noi su una riva del fiume, donne che fanno bambini, che lavorano e spesso subiscono una sudditanza economica e che non entrano quasi mai nei C.d.A. che contano, se non per parentela; loro sull'altra riva, velate, oppresse, che lavorano, che fanno figli, che subiscono una sudditanza economica. E però i loro uomini urlano a noi "puttane" e i nostri uomini vietano il velo a scuola (sto estremizzando).
Una donna che critica il chador è una donna che critica un'altra donna, un'altro approccio culturale alla femminilità. Mi spingo a dire che in questo momento storico, semmai dovremmo coprirci tutte, come protesta simbolica.
Perchè, lasciatemelo dire, se le poltrone della democrazia, vengono cedute a donne belle in cambio di prestazioni sessuali, e si attaccano le avversarie politiche sulla base della loro scarsa avvenenza, ecco, abbiamo bisogno di nuovo del femminismo, della "sorellanza". Tra donne. Con chador o meno.
L'utilizzo strumentale delle categorie culturali, lasciamolo agli uomini per favore.
A me il velo piace.
FONTE DI ISPIRAZIONE: Piattini cinesi, Lucciole e lanterne.
Si sentiva proprio bisogno di un mio post sul velo islamico?
CORO: Anche noooooo!
LETTRICE ACUTA: Al solito pecchi di imprecisione, cara Pollywantsacracker/Polly per le groupies/ Vale per gli amici/Valentina come mi chiama il Donatore quando è incazzato. Perchè un conto è parlare di burqa o niqab, un conto è parlare di hijab o chador (andate a vedere qua).
Vediamo, io non è che sia un'esperta di islamistica: ho solo letto un paio di saggi (tra cui, e ve lo consiglio, Islam e Democrazia di Fatima Mernissi) e affrontato un bell'esame all'università con nientemeno che Valentina Colombo, che mi spingo a definire una luminare.
L'unico musulmano che ho vicino è appunto il mio vicino, che mi porta spesso dei dolci al semolino e lo vedo alla sera che telefona a sua moglie ed è triste. Si chiama Al Sharkawi, e noi lo chiamiamo affettuosamente Shark perchè ci ha affittato il suo garage affinchè potessimo tenere le biciclette e poi le ha vendute, ma questa è un'altra storia.
Sto scrivendo da donna. E sulle mie opinioni posso dirmi piuttosto esperta.
Intanto sulla nostra parità ed emancipazione ci avrei qualche dubbio. Per questo trovo che non abbiamo così tanto da insegnare alle donne musulmane. Certo, non possiamo scrollarci di dosso il nostro atavico eurocentrismo, e le nostre categorie occidentali, ma da qui a proferire che noi siamo libere e loro no, ci passa una bella differenza.
Ma
noi abbiamo ereditato qualcosa da quelle pazze che bruciavano i reggiseni in piazza. Abbiamo ereditato, oltre a qualche diritto sulla carta che viene periodicamente strumentalizzato per fini politico-demagogici (vedi aborto), anche una certa consapevolezza "emotiva", riconosciamo la nostra diversa identità di genere, ci sentiamo libere, rispetto alle nostre nonne, ma anche rispetto agli uomini, di scandagliare le emozioni legate alla sfera della sessualità, della maternità, dei sentimenti.
Ciò non significa che, come donne occidentali, siamo le uniche a riconoscere la nostra identità di genere e a provare le emozioni di cui parliamo.
Non vi è identità tra il femminismo in senso lato e il femminismo come processo storico in Occidente.
Possiamo in un contesto globale di rivendicazione di diritti, guardare il velo e l'identità delle donne islamiche attraverso le nostre categorie e il nostro "vissuto collettivo", la nostra Weltanshauung occidentale?
A mio avviso, no.
Escludendo la questione burqa e sicurezza, trovo che ogni imposizione velo-non velo sia pretestuosa, e celi da parte del potere politico interessi oppressivi. E maschili, statisticamente parlando.
Se noi vi abbocchiamo, lediamo alla nostra causa.
Mi piace vedere il "nostro" e il "loro" percorso, le nostre identità di genere, come strade che si stanno congiungendo, per motivi storici. Ci troviamo a vivere spesso tutte assieme, se non fisicamente, almeno virtualmente o potenzialmente e le nostre strade non possono continuare ad scorrere parallele.
Se fossi capace di disegnare, illustrerei noi su una riva del fiume, donne che fanno bambini, che lavorano e spesso subiscono una sudditanza economica e che non entrano quasi mai nei C.d.A. che contano, se non per parentela; loro sull'altra riva, velate, oppresse, che lavorano, che fanno figli, che subiscono una sudditanza economica. E però i loro uomini urlano a noi "puttane" e i nostri uomini vietano il velo a scuola (sto estremizzando).
Una donna che critica il chador è una donna che critica un'altra donna, un'altro approccio culturale alla femminilità. Mi spingo a dire che in questo momento storico, semmai dovremmo coprirci tutte, come protesta simbolica.
Perchè, lasciatemelo dire, se le poltrone della democrazia, vengono cedute a donne belle in cambio di prestazioni sessuali, e si attaccano le avversarie politiche sulla base della loro scarsa avvenenza, ecco, abbiamo bisogno di nuovo del femminismo, della "sorellanza". Tra donne. Con chador o meno.
L'utilizzo strumentale delle categorie culturali, lasciamolo agli uomini per favore.
A me il velo piace.
Non posso far altro se non essere d'accordissimo con te.
RispondiEliminaProprio oggi anche io mi son ritrovata a riflettere su una tematica similare (non proprio sul velo, ma attinente al nostro essere donne, etc.)...
Ci sarebbe tanto da dire.
Parto da un altro presupposto: tutto ciò che è prescritto da una religione, qualunque essa sia, mi fa arruffare il pelo (sì, lo so, dovrei farmi la ceretta più spesso, ma essendo bionda naturale si nota che non mi sono depilata solo se sto al sole di sbieco, quindi - furbissima - mi metto sempre all'ombra).
RispondiEliminaDopodiché la questione del velo per me è da porsi come segue: me lo metto solo se lo decido io, non qualcun altro.
Poi, sì vabbe', c'è la questione sicurezza (ma vogliamo parlare del casco integrale? ok, non parliamone che altrimenti poi si devono fare un sacco di distinguo).
Riguardo a ciò che ottengono le donne belle in cambio di favori sessuali, dell'argomento si dibatte da mo' (Teodora imperatrice, tanto per dirne una); secondo me il punto è un altro: oltre che belle, le tizie sono anche intelligenti e valide?
Se sì, posso anche passar sopra a come sono arrivate dove sono arrivate, altrimenti no ché la figaggine e il darla via non costituiscono titoli di merito dichiarabili nei curricula.
Ah, dimenticavo: a me non piace il velo.
Io ho un rapporto molto confuso e incoerente con le religioni,per cui mi astengo dal giudicare..
RispondiEliminadi getto però ti dico che il velo può essere molto molto pericoloso, soprattutto per le donne musulmane che vivono in un paese bigotto e classista come il nostro. Ho una zia strettissima musulmana, a cui voglio molto bene, che da quando ha deciso di portare il velo è stata presa di mira un pò da tutti..abita a Milano, ma ha girato tutto il mondo e ti assicuro che solo da noi, ha incotrato tanta discriminazione..non so se per lei è un bene portarlo o meno..ora vive a Londra, e di certo si troverà molto meglio..in ogni caso Lei non ha mai costretto le sue figlie a indossare il velo, è molto piu' aperta di quello che sembra..ma se lo avesse fatto? booooh?? non so cosa pensare davvero, solo che non è una questione di piacere o non piacere...
@sononera: è ovvio che l'abbinamento che ho fatto qua sopra era puramente provocatorio. tua zia credo che sia stata molto brava a continuare a indossare il velo pur venendo presa di mira, e altrettanto brava a non imporlo alle sue figlie. questo avvalora ancora di più la mia tesi secondo la quale l'identità della donna non è per forza l'identità della donna occidentale.
RispondiElimina@dalle8alle5: proprio per il fatto che anche a me la religione fa drizzare il pelo (e io ce l'ho nero, mannaggia), considero il velo più una questione culturale. e quando parlo di emancipazione del velo parlo del velo non imposto.
L'accenno nei commenti al pelo mi ha fatto venire in mente una cosa da aggiungere al mio/nostro discorso.
RispondiEliminaPenso che il fraintendimento di fondo nasca da un diverso modo di vivere il proprio corpo. Per noi occidentali, spesso ciò che è pubblico conta più di ciò che vediamo solo noi: confessiamolo, non ci depiliamo di più in estate rispetto all'inverno (non parliamo poi dell'inguine)? Non ci mettiamo biancheria intima più bella quando sappiamo di avere un appuntamento, anche solo dal dottore? Chi di noi farebbe shopping selvaggio sapendo di dover poi coprire il tutto con una palandrana quando va in giro?
Loro, invece, si curano e si comprano bei capi per mostrarsi in casa, magari solo al proprio marito. Non è la sottomissione della schiava che deve piacere al padrone, è proprio una forma mentis diversa. Da cui vorrei imparare un po' di più, io che in casa cerco sempre di vestirmi "male" per non rovinare gli abiti "da fuori".
Mi piace tantissimo questo post, lucido ed equilibrato, e lo condivido in tutto. Un abbraccio
RispondiElimina@lanterna: ottimo commento! come dice sempre mio fratello: c'è chi porta le mutande sporche e i pantaloni puliti, e chi porta i pantaloni sporchi e le mutande pulite. in italia poi il bel vestito è una tra le cose che conta di più nella vita. quando studiavo lavoravo da intimissimi e ricordo una ragazza velata e molto coperta che comprò un bellissimo completo sexy.
RispondiElimina@piccolalory: grazie!
ognuno (uomo o donna che sia) deve essere libero di professare e vivere la fede come meglio crede osservando il giusto principio che a casa degli altri si segue e si rispettano le leggi del paese ospitante: devo essere disprezzato per questo o tacciato di razzismo? oppure ho una visione riduttiva in quanto uomo (può essere)? Le donne al potere, nei cda ben vengano, magari ce ne fossero di più (belle o brutte che siano!)
RispondiEliminaSarebbe davvero da fare, andare in giro tutte con il velo per sorellanza! Mi piace molto il disegno che hai illustrato a parole, c'è dentro tanta verità!
RispondiElimina@ruben: mi permetto di dire che "si rispettano le leggi del paese ospitante" è molto diverso da "si annulla la propria identità culturale a favore della cultura ospitante". se sotto il burqa in effetti si potrebbe nascondere qualunque malfattore o latitante, ciò non significa che un velo minacci la nostra identità culturale (sempre posto che un qualche tipo di melting pot non sia auspicabile) stigmatizzare il velo trovo che ci appiattisca molto come esseri umani.
RispondiEliminaQuando sono arrivato alla fine del post avevo intenzione di rispondere più o meno così: "Speravo di poter ricominciare a commentare una volta finita la serie "fashion", ma dato l'argomento credo che me ne asterrò...". E questo perché sono un maschio che di femminismo capisce poco. Però un tuo commento ha attirato la mia attenzione:
RispondiElimina"l'identità della donna non è per forza l'identità della donna occidentale"
Sì, ma l'identità della donna che porta il velo molto spesso non è l'identità della donna orientale! E' l'identità che l'uomo orientale vuole farle indossare. Idem per il contrario, ove "orientale" è sostituito da "occidentale". E una donna che indossa il velo per libera scelta, quella non è una donna liberamente orientale, ma una donna libera e basta. Forse sarò troppo eurocentrico, ma la libertà l'abbiamo conquistata prima noi europei, e dobbiamo difenderla. Se difendiamo il diritto di portare il velo, non difendiamo la cultura orientale ma quella occidentale. My two cents.
Un'analisi socio-politica così lucida non la leggevo da parecchio.
RispondiEliminaScrivo e sottoscrivo.
E condivido (spero tu non ti offenda) su FB.
ciao polly condivido tutto il tuo post!Sto leggendo molti libri a riguardo perchè voglio capire un pò di più la situazione delle donne orientali proprio dal loro punto di vista!
RispondiEliminaLe nostre nonne un tempo quando entravano in chiesa indossavano il fazzoletto in testa, anche le donne musulmane indossano il velo per credo religioso purtroppo però a volte non hanno scelta e sono costrette a portarlo!questa è la cosa che non tollero e non certo vedere in giro una donna con il velo!
Come ben sai ogni precetto che nasca da un concetto di religione è veleno puro per i miei occhi e le mie orecchie.
RispondiEliminaNon credo ci sia bisogno di un velo per dimostrare rispetto a Dio, nè, tantomeno, ci sia necessità di vedere le pudenda di Raffaella Fico alle 19 di sera sbattute in tv.
Non vedo per quale motivo bisogna vivere di estremismi estetici quando si tratta di donne, ma anche quando si tratta di uomini.
I vestiti nascono per scaldare e proteggere, non per dimostrare o svelare.
E comunque sono convinto che se rivoluzione sarà verrà dalle donne. Non so come, ma potrebbe anche darsi che avvenga da donne in chador che se lo tolgono. Scrissi QUI delle quote azzurre nelle università iraniane.
RispondiEliminaEpperò avevi preso 30 e lode all'esame di Islamistica.
Molto interessante questo dibattito, davvero! Personalmente apprezzo ogni forma di manifestazione di sentimento religioso: singolo o di folla, silenzioso o manifesto...mi piace e mi emoziona vedere l'uomo cercare il divino. Perciò lo chador, come il velo delle suore dell'asilo, non mi scandalizzano, anzi. Mi irrita però pensare alle disparità di trattamento delle donne, alla tua bellezza di cui, però, non sei padrona, ma che diventa strumento e privilegio degli uomini. Che sia lo chador, che limita la bellezza e la vanità della donna, accessibile solo al suo uomo, o che siano le nostre schedine, letterine, veline, il cui corpo è strumento di share e vendita spazi pubblicitari, in entrambi i casi il corpo della donna è in mano al volere dell'uomo. Ma non credo che sia una questione di cultura occidentale contro quella orientale: se accendiamo la tv in un paese nordico non troveremo donnine poco più che maggiorenni che sculettano mezze nude (così, almeno,mi dicono). E' il nostro bel paese che non è riuscito o non ha voluto rendere giustizia al cervello delle donne. Ma sto andando fuori tema? non mi becco la suffi neanche stavolta...
RispondiEliminaallora. arrivo da diletta, dove ho scritto piu' o meno cosi':
RispondiEliminaquando si parla di velo si parla di religione. e non voglio di certo essere io a dire ad una donna musulmana in cosa credere e quali simboli religiosi portare.
quando si parla di burqa, non si parla di religione. bensi' di tradizione popolare, praticamente. la religione islamica impone il velo, non il burqa.
qui non si parla di una donna credente che mette il velo per una questione religiosa. qui si parla di uomini che impongono alle donne di non farsi vedere completamente.
da quel che so io ( ho tante amiche musulmane con cui mi capita di parlare ), il corano dice che i capelli sono un simbolo erotico ( non so la parola esatta con cui sono definiti, ma credo abbiate capito il concetto ), non che la donna si debba nascondere completamente.
p.s. ma tu non segui chiara ( yeni belqis )? vai a vedere il suo blog ...
Di sicuro dal tuo post (non sarà l'espressione più giusta, ma é questa che mi viene in mente) ho imparato molte cose.
RispondiEliminaSi potesse battere le mani nei commenti lo farei. GRande post Polly, e lasciamelo dire ho visto islamiche più seducenti con uno sguardo che europee con l'ombelico in vista.
RispondiEliminami piace come hai esposto il concetto.brava,Polly..come sempre!
RispondiElimina@alberto: bello il tuo post...e ti ricordi che ho preso 30elode all'esame di islamistica! ;)
RispondiElimina@paola, julez, paolo: io parlavo di velo non come simbolo religioso (sennò non dovreste tollerare neanche Madonna...), ma come accessorio simbolo di una cultura, QUANDO NON E' IMPOSTO. vi ricordo che molte femministe iraniane o musulmane il velo lo pretendono, come le femministe occidentali rivendicavano la "differenza" di genere.
i talebani che impongono il burqa li lapiderei ( a proposito! quando un regime è illiberale per le donne lo è anche per gli uomini, ma non mi pare che i maschi occidentali protestino in piazza perchè i loro fratelli afgani sono costretti a portare la barba lunga...), le donne che amano indossare il velo, non vedo cosa ci sia di male.
@cocchina: molto lucido il concetto di "bellezza come strumento ad uso degli uomini" che si parli di donne velate o di veline.
@adriano: e cosa ne pensi, tu?
Un bel post che fa riflettere. Sono d'accordo con te al 90%, eppure c'è un 10% - le conclusioni - che proprio non riesco a sposare. Lo so che sono poco democratica ma il velo non mi piace nè a Teheran nè in chiesa da noi.
RispondiEliminaOk per le scosciate però non usiamolo come alibi per avallare certe "diversità culturali" a cui la cultura di sinistra ci ha abituati (e lo dico senza intenti polemici nè con te nè con la sinistra).
@veronica: come dicevo di là da piattini, a mio avviso il velo minaccia la tua identità solo nella misura in cui la tua identità si basa sul suo contenitore: il tuo aspetto. credo che se, allo scopo di CAPIRE perchè una donna dovrebbe voler portare ilvelo, ci liberiamo un attimo delle nostre categorie, possiamo vedere come per noi l'aspetto fisico, lo stile, la scelta tra il logo e il non logo, il vestire, l'accessorio, sia parte integrante della nostra personalità, anzi, sconfini addirittyìura nell'ambito del "politico". quando il vestito diventa "uniforme" (per gli uomini, ma anche per le donne, ma anche per gli scolari, ma anche per le vallette televisive, ma anche per l'operaio, ma anche per la bidella) non è più un mezzo per esprimersi, ma diventa il simbolo di un'appartenenza: a una cultura, a un genere, a un'azienda, a una scuola. non vuol dire che sotto non ci sia una precisa identità. io, che forse sono una paracula, credo che non svelarsi troppo nella vita pubblica sia producente.
RispondiEliminae ribadisco che parlo solo di quelle donne che NON vengono obbligate a portare il velo, ma di quelle che lo scelgono (e ce ne sono tante), posto che la socializzazione culturale stessa non sia un obbligo ben incamerato, ma questo del resto vale anche per noi.
Ciao, mi é capitato di leggere questo post che ha attirato la mia attenzione perché sono musulmana ma italiana e per un periodo portavo il hijab (il foulard che copre solo i capelli). A Milano, dove sono cresciuta, quell'anno di scuola in cui portai il foulard fu un inferno, cosí lo tolsi, perché onestamente aver paura di andare a scuola perché magari ti prendi un altro giorno di botte da un gruppo di altri 10 studenti non é divertente. Adesso vivo in Olanda,ho una figlia di due mesi; ogni tanto vedo le bambine con un hijab in giro e mi dico: "ma io da bambina non glielo farei mettere mai!". Infatti dalla mia esperienza personale mi sono ripromessa una cosa: se mai mia figlia porterá una foulard sará solo di sua scelta, e ma vorrei poi sapere perché lo vorrebbe fare, visto che adesso che anche io ho approfondito l'Islam, all'alba dei trent'anni (quasi) mi rendo conto che un foulard non c'entra niente. E'bellissimo quello che hai scritto riguardo il fatto che tutte le donne dovrebbero sentirsi unite all'insegna di una crescita comune, di un miglioramento delle prospettive per ogni donna, anche con modi diversi.
RispondiEliminagrazie per l'intervento anonima. non voglio dire che in italia una ragazza con il velo non subisca dei condizionamenti. di fronte a casa mia c'è una fermata dell'autobus, e vedo sempre una ragazzina velata, avrà 12 o 13 anni, ed è quasi sempre sola, mentre i suoi coetanei ridono e scherzano a un passo da lei. immagino che lei il velo non lo vorrebbe. credo che la libera scelta di mantenere il velo riguardi donne immigrate che sentono ancora forte il contatto con il paese d'origine, con le loro tradizioni, con l'islam che conoscono. dico semplicemente che vietare il velo a queste donne è creare delle tensioni inutili, ma anche appiattire il concetto di femminilità.
RispondiEliminaciao polly! sono sempre io l'anonima del messaggio di prima (vabé mi chiamo Sarah- mi ero dimenticata di firmarmi), e volevo dirti che hai ragione, non ha senso impedire l'uso del hijab. Insomma é una capo di abbigliamento femminile come un'altro,perché bisogna sentirsi minacciati da ció?
RispondiEliminaAnche se in ritardo voglio anche io esprimere la mia opinione. A dire il vero è più una provocazione. Mi chiedo e vi chiedo: se invece del chador a del burqa, una religione, un popolo, una cultura imponesse alle donne di andare in giro a seno nudo, staremmo qui a disquisire se sia giusto o meno accettare tale tradizone?
RispondiEliminaTemo tanto che spesso, proprio chi si definisce femminista e laica, tenda a mettere un po' troppo romanticismo dove non ci vorrebbe.
La costrizione avviene anche attraverso il lavaggio del cervello. Mi spiego: se sin da piccola ad una bambina si inculca che, in età adulta, se non porterà il velo, sarà considerata una poco di buono, quando quella bambina diverrà adulta è considererà naturale indossare il velo, la sua si potrà considerare una libera scelta?
Per quando riguarda le nostre nonne e il velo in chiesa, è un'esempio perfetto di sottomissione: le nostre nonne,infatti, non è che se la passassero proprio bene dal punto di vista dei diritti.
Detto questo vi abbraccio.
Marika.
sono d'accordo che l'imposizione avviene anche in modo "non violento", attraverso quello che tu chiami lavaggio del cervello. verissimo. ma la cultura se vogliamo è sempre lavaggio del cervello! sei così certa che noi ci scopriamo per scelta e le musulmane si coprono per lavaggio del cervello?
RispondiEliminaa me non piace mostrarmi. mia cognata, che è morta nel 2009 e avrebbe una cinquantina d'anni, aveva vissuto alcuni anni in marocco, e quando è morta viveva da anni a londra. lei metteva spessissimo qualcosa in testa, diceva che si proteggeva dagli influssi negativi. e nessuno le aveva lavato il cervello, o per lo meno non aveva "subito" una socializzazione di tipo musulmano.
è vero che la cultura è un'imposizione, la subiamo, ma è parte di noi, e credo che non accettare una donna con il velo (il burqa è diverso e infatti, sopra, ho specificato che si parlava di chador) sia non accettare una donna tout court. questo non mi sembra un ragionamento romantico, ma inclusivo.
e non mi convince chi esclude, per il presunto bene degli altri, ovvero impone alle musulmane di togliere il velo perchè considera il velo un lavaggio del cervello.